Capitolo: 12

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Nonostante il rapporto con i miei si fosse consolidato molto nell'ultimo periodo, e nonostante apprezzassi la nostra famiglia più di quanto non avessi mai fatto prima, a volte mi capitava di osservarli e sentirmi stranamente solo.
Non era una vera è propria forma di solitudine quella che provavo, era più un qualcosa che aveva a che fare con l'appartenenza.
Era come se tutti appartenessero a qualcosa, anche tra di loro c'era quel senso di appartenenza reciproca, un qualcosa che a me invece faceva risultare ancora estraneo in mezzo agli altri.
Quando li osservavo, pensavo che io e loro eravamo diversi, che il mio modo di vedere il mondo era diverso, e forse, anche quello di amare. E quando capitava di pensarci, io mi sentivo solo.
L'unica persona alla quale mi sentivo di appartenere, era anche l'unico posto e luogo con le sembianze umane che mi faceva sentire parte di un qualcosa nella vita, e quel qualcosa era Christian.
Ormai le cose tra di noi erano più che evidenti, e a notarlo erano anche le persone a scuola.
Eravamo quasi alla fine di ottobre e pure io e lui, sembravamo conoscerci da molto tempo.
Anche se i nostri incontri erano quasi sempre clandestini, e i nostri momenti li rubavamo come due ladri, a nessuno dei due sembrava importare molto.
Tutto ciò che facevamo era conoscerci, esplorarci, cercarci senza bruciare le tappe. Ogni momento con lui era prezioso, ogni singolo minuto che passavo con lui mi sentivo trascinato in un vortice che mi faceva andare oltre lo spazio e i sensi, come una giostra bellissima che speri che non smetta mai di girare.
Non avevo mai capito fino in fondo cosa fosse l'amore.
Potevo vederlo attraverso i miei genitori, nei film o leggerlo nei libri.
Non avevo mai pensato che un giorno sarebbe successo anche a me.
Perché si, ormai era ovvio, per Christian provavo qualcosa di più forte di una semplice attrazione.
La sua presenza nelle mie giornate l'aveva resa qualcosa di cui non poterne fare a meno.
Era un continuo pensarlo, desiderarlo, e non avevo più controllo di ciò che stavo facendo.
In sua assenza rileggevo i nostri messaggi, guardavo le nostre foto e sorridevo come un ebete.
Mi ritrovavo ad abbracciare improvvisamente mio fratello, mentre lui mi guardava con un'espressione confusa di chi non sapeva cosa stesse succedendo.
Sara aveva predetto tutto ciò, e quando finalmente riuscii ad ammetterlo, lei non faceva altro che dirmi che era probabile che ciò accadesse.
Mi esortava a dichiararmi a Christian, mi diceva che le cose si sarebbero evoluto tra di noi, che avremmo portato la cosa a un nuovo livello.
In quanto a me, non avevo ancora il coraggio di espormi così tanto con lui, temevo che quella cosa lo avrebbe messo pressione, e non volevo forzargli niente.
Ma d'altro canto, le cose tra di noi prima o poi si sarebbero evolute, e che mi piacesse o meno, almeno dovevo esprimere cosa provavo. Mi serviva solo il momento giusto, ed ero sicuro che appena sarebbe arrivato, io sarei stato pronto a coglierlo e a rivelargli i miei sentimenti.



Era giovedì mattina, quando la professoressa di storia annunciò a grande voce un compito a sorpresa.
Nonostante le continue lamentele di Bella, e il suo modo di minacciare una rivolta, la professoressa fu irremovibile. Il compito ci sarebbe stato senza se e senza ma.
Nessuno di noi era abbastanza preparato da poter affrontare un compito, e io ormai in quel periodo ero così preso da Christian da aver trascurato sia le lezioni che i compiti a casa.
Anche se lui mi esortava sempre nello studiare, io non facevo altro che dire che prima o poi avrei ripeso a farlo, ma ciò non avveniva quasi mai.
Il compito si presentò difficile, ma non come mi aspettavo, eccetto per Antonio che non la finiva di imprecare sottovoce contro la professoressa e il foglio che aveva davanti.
Come la volta scorsa, avevo finito prima dei ragazzi, tanto che irritai Bella che non la smetteva di bisbigliare a denti stretti "secchione!".
Effettivamente neanche io me lo spiegavo, ma era da un po' di tempo che il mio rendimento scolastico era di tutto rispetto, tanto che i miei non facevano altro che riempirmi di complimenti, anche se a causa di Christian, avevo un po' trascurato la scuola, giusto nelle ultime settimane.
Gli mandai il solito messaggio, sapevo che era in palestra per l'ora di educazione fisica. Era diventato una nostra consuetudine incontrarci nell'ore scolastiche sulla scala antincendio, era sempre un rischio, sia per la nostra "relazione", sia perché non avevamo il permesso di uscire fuori dall'edificio, a meno che non avessimo un piccolo permesso da qualche professore.
Dato che avevo la benedizione della professoressa per aver finito prima degli altri, uscii per incontrarmi con lui. Mi presi un tè alla pesca al distributore e mi diressi sulle scale antincendio.
Dato che la palestra si trovava al piano inferiore, alcuni compagni di classe di Christian ne approfittavano per andare a fumare di nascosto, o per saltare qualche esercizio.
Orami conoscevo bene i loro visi, ma non avevo mai avuto modo di poterci parlare, e a dirla tutta neanche pensavo di essergli simpatico.
Avevo l'impressione di nutrire una certa antipatia nei loro confronti, mi osservavano con sguardi indignati come se gli desse fastidio il fatto che io e Christian avevamo stretto un rapporto.
Christian mi diceva che dovevano solo conoscermi meglio, erano solo incuriositi. Ma a me davano tutt'altra l'impressione.
Mi disse che qualche amico sapeva di lui, che c'era anche qualcuno della sua classe che sapeva del fatto che stesse frequentando un ragazzo, ma non mi aveva mai presentato ai suoi amici, e neanche aveva presentato loro a me.
Ovviamente non era un problema per me, tanto mi bastavano i loro sguardi a farmi perdere ogni interessa della loro conoscenza.
Osservandoli, avevano tutti quanti l'aria di essere dei figli di papà, erano  i ragazzi più popolari a scuola, ma fortunatamente c'era Bella che sapeva tenergli testa lei da sola.
Mi appoggiai al muro sorseggiando il mio tè in santa pace, e nonostante non ero il tipo da ascoltare le conversazioni altrui, quella volta origliai involontariamente ciò che dicevano, perché avevo sentito il nome Christian sbucare in una loro conversazione.

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