Capitolo: 11

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Il giorno dopo mi svegliai con un gran mal di testa, non ero riuscito a dormire a causa dello stesso pensiero: "Christian penserà che sono uno sfigato perché mi sono bloccato?"
Riuscire a dormire era stata un'impresa ardua, ma finalmente ero arrivato alla conclusione che: ne avrei parlato direttamente con lui il giorno dopo.
Dopo essermi preparato, andai in cucina per fare colazione e trovai mio fratello con quella sua uniforme scolastica ridicola mentre messaggiava ininterrottamente con il suo telefono.

«Chi è la sfortunata adesso, la ragazza che mi hai fatto vedere l'altra volta ?»

«No, questa è un'altra ragazza.»

«Mhm... siamo così limitati questa volta? Fammela vedere.»

«Fatti gli affari tuoi e non impicciarti.»
Si alzò dal tavolo e andò via lasciandomi lì a crogiolare su quella sua inaspettata reazione.
Mi sorprendeva come questa volta non aveva usato nessun commento misogino o da maschio alfa arrapato.
La cosa mi lasciò sconcertato e confuso. Provai a mandare giù qualche cucchiaiata di cereali, ma stranamente avevo lo stomaco chiuso.
Era arrivato il momento di risolvere la cosa, altrimenti sarei finito per farne una questione di stato e una crisi esistenziale.
Ciò che avevo imparato nell'ultimo periodo, era quello di dover affrontare i miei problemi anche se questo non era praticamente un problema.  Ma in ogni caso, mi sentivo di affrontare la cosa.
Dopo tutto era quasi un mese che io e Christian ci frequentavamo, avevamo parlato sempre di tutto liberamente anche se non gli avevo ancora detto molto di me e del mio passato.
Solo lo stretto necessario per non farlo scappare via a gambe levate.
Quella mattina declinai l'invito di mia madre ad accompagnarmi, volevo stare un po' da solo per riflettere e prepararmi un discorso sensato cercando di esprimere al meglio il mio disagio.
Ma più riflettevo e più non sapevo cosa dirgli.
Neanche io sapevo effettivamente cosa mi disturbasse, desideravo lui e questo ormai lo avevo compreso e accettato, ma la vera domanda che mi ponevo era "in che modo lo desidero adesso?".
La sera prima mi ero deliberatamente lasciato andare, volevo un contatto fisico e questo mi spaventava.
Quello che più mi preoccupava era come iniziare, come continuare e come finire.
Sicuramente lui aveva già avuto qualche esperienza, glielo leggevo in faccia.
Forse era proprio questa la mia paura, il fare una brutta figura con lui.
E chissà perché, nella mia testa immaginavo lui che rideva insieme ad altri ragazzi, forse ex, dove gli raccontava di come fossi stato buffo e inadeguato mentre cercavo di farlo con lui.
Scacciai via quell'immagine ridicola e insensata.
Appena imboccai la strada per andare a scuola m, trovai Sara che usciva dal bar con quella sua aura di gentilezza, sorrisi e cose belle.
Appena mi vide, corse subito da me abbracciandomi sembrava particolarmente felice.

«Perché sembri un incrocio tra un Teletubbies e una Winx

«Solo perché ho abbracciato il mio migliore amico?»

«Mi riferisco più al tuo essere felice... forse troppo. È successo qualcosa di cui non sono ancora all'occorrente?»

«Nulla di particolare, questa mattina mi sono svegliata così. Tu piuttosto... perché hai la faccia di uno che è appena tornato da un funerale?»

Con un po' di riluttanza e vergogna raccontai tutto a Sara.
Lei ascoltò tutto senza interrompermi neanche una volta, anzi il suo sguardo mi dava l'impressione che stesse riflettendo per bene prima di potermi rispondere adeguatamente.

«Penso che sia normale, voglio dire, è la tua prima volta.»

«Perché tu hai già... cioè, hai avuto esperienze?»

«Qualcuna, ma non è questo il punto, non c'entra quante volte tu l'abbia fatto. Conta con chi. Per te è normale, insomma per voi è una cosa più seria.»

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