Ecco l'alba, il sole è sorto più tardi di quello che mi aspettavo.
Il cielo si è tinto di chiari colori pastello e gli uccellini hanno canticchiato allegri sopra i tetti delle case.
Deglutisco e ho dolore alla gola per il pianto, la bocca ha un sapore amaro e mi duole la schiena. Entra fresco dalla finestra socchiusa, che si posa sulle mie gambe semi nude e fredde. Man mano che i giorni passano il caldo va via gradualmente.Dovrei lavarmi la faccia impastata di lacrime e mascara, di cui ho sporcato anche la federa del cuscino. Lo specchio mi mostra l'aspetto smorto del mio viso, gli occhi iniettati di sangue, la carnagione pallida e lo sguardo vuoto.
Potrei aver sognato i miei occhi, ma quelli del sogno li ricordo bene, non mi hanno lasciata un secondo. È stato un attimo e sono rimasti impressi a fuoco nella mia mente, mi spaventano.
C'è qualcosa che non riesco ad inquadrare, cose strane che non combaciano tra loro.
La porta si apre. Macchia mi raggiunge sul letto, io non distolgo lo sguardo dal mio sullo specchio. Sento dei passi, è entrata mia madre. Tiene un vassoio tra le mani che appoggia sul comodino e si siede di fianco a me. La seguo con lo sguardo, non dico niente. Sembra che anche lei abbia passato una nottata difficile. Il suo sguardo è stanco, gli occhi castani spenti, però il sorriso è dolce e sincero mentre mi accarezza la testa. La sua mano è calda, mi dà conforto.
«Ti ho portato latte e biscotti. Mangia qualcosa, eh?»
Cerco di parlare, la voce esce tirata. «Antonio mi porterà in chiesa per confessarmi, vero? Poi mi terrà chiusa in casa e mi farà uscire dalla stanza solo per andare in bagno» la mia voce è fievole ma atona.
Ho chiamato mio padre per nome, stavolta non mi rimprovera.
«Si, ti porterà in chiesa»
«Portamici tu, mamma. Non lui, per favore»
Scuote la testa. «Non posso, lo sai che non vuole. Non è colpa tua e ieri sera ha esagerato. Ti ho passato io il telefono. Sai, ho pensato che ti avrebbe fatto piacere sentire un amico dopo tanto... Io non condivido il suo modo di punirti, Alexa»
«Ma non fai niente per impedirglielo»
Lei sospira, mi guarda canzonatoria. Sappiamo entrambe la motivazione. Non si può e basta.
«Che faccio? Non lo voglio vedere più. Non voglio, mi ha fatto troppo male»
«È troppo severo, ma è pur sempre tuo padre, ricordatelo. Cercherò di venire anche io oggi, va bene?»
La guardo. So che è inutile chiedere, ma voglio farlo lo stesso.
Lei capisce, scuote la testa. «Non si può. Non posso coprirti, sarebbe come mentire. Mangia adesso, per l'amor del cielo, guarda come sei sciupata.»
«Mi cambierà di scuola?»
«Non lo so. Lo farebbe, ma la tua scuola è vicina a dove lavora. Ti ci accompagnerà lui.»
Non starò più da sola neanche un attimo. Non avrò un secondo per respirare ed essere me stessa per chissà quanto tempo.
Mia madre sospira di nuovo, si china e mi bacia la fonte. Fa odore di pulito e burrocacao.
Quando esce chiude la porta alle sue spalle. Macchia è stravaccata sul tappeto con gli occhi socchiusi e sta per addormentarsi.
Alzo la testa dal cuscino e una fitta di dolore mi trapassa come un coltello. Sul vassoio c'è una tazza di latte e un miracoloso bicchiere d'acqua, insieme a cinque biscotti. Bevo l'acqua e in assenza di altra fonte per dissetarmi, anche il latte.
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Essence
FantasyLui fissa i miei occhi serio come la morte. «Alexandra» dice, le pupille basse su di me «Animus possidendi et corpus possessionis». Lo guardo confusa. «Di nuovo, non mi hai risposto» Lui si allontana. «L'ho fatto.» «Io non voglio vederti più. Neanc...