Non sento nessuno dietro di me, ma corro lo stesso, nonostante non ho quasi più fiato e le ginocchia sono doloranti. Sto seguendo il mio istinto. Fuggo perché la sua presenza mi ha fatto tremare le mani, perché non c'è nulla di naturale nella scena a cui ho assistito.
Rallento il passo, mi volto per la prima volta da quando sono fuggita. Non c'è nessuno.
Sento una voce che mi chiama.
«Sono qui!»
«Alexa!»
La voce si fa sempre più vicina, è Lidia. Mi si avvicina a passo veloce e mi guarda preoccupata, sollevata.
«Dov'eri? Sei sparita! Ci hai fatto prendere un colpo»
«Scusa...mi ero persa, se avessi avuto il cellulare vi avrei chiamato»
Mentre ritorniamo all'ingresso chiama mia madre, che si affretta e mi abbraccia quando mi vede. Dietro di lei c'è Francesco.
«Vedrò di darti un cellulare, anche che chiama soltanto...ma tu sei stata via più di un'ora!» sospira, è stanca e non le va di farmi la ramanzina.
Mentre mia madre parla con Lidia, io mi avvicino a Francesco.
«Che ci fai qui?»
«Molto contenta di vedermi»
«Non è questo... dai, hai capito»
«Tua madre era in pensiero per te. A quanto pare preferisce chiamare me che tuo padre, è un po' preoccupante»
«Ultimamente la vedo diversa. In meglio, però. È come se vedesse me pensare con la mia testa e quindi lei lo fa di conseguenza...è un po' complicato»
Francesco mi guarda preoccupato, pensa ad altro. Non ha ascoltato quello che gli ho detto, sta cercando di dirmi qualcosa. Aggrotta la fronte e incrocia le braccia al petto. Si accarezza la ricrescita della barba sul mento, poi parla. «Sei sparita per più di un'ora in mezzo a quattro alberelli in un'area grande quanto un supermercato. Mi stai dicendo che ti sei persa?»
«Non farti sentire da mia madre»
«Alexa, parla. Non mi dire stronzate, cosa è successo?»
Respiro profondamente, passo una mano tra i capelli. Sento di potergli dire qualcosa, so che mi crederà, ma so anche che non potrà fare niente. Parlare di questo mi rende nervosa, umetto ripetutamente le labbra. Lui scioglie le braccia e le infila in tasca, gli occhi azzurri si addolciscono. Cioè, non mi guardano minacciosi, che è il massimo della dolcezza per lui.
«Stavo camminando per i fatti miei, ma mi sentivo seguita.»
Lo vedo già alterarsi in viso ma procedo tranquilla, senza dar peso a quello che dico. «Infatti avevo ragione... Un cane all'improvviso è sbucato dal nulla e ha cominciato a ringhiarmi, abbaiava come un pazzo. Lo so che l'ultima cosa da fare in questi casi è correre, ma io mi sono spaventata e sono scappata. Gli alberi sono tutti uguali, non mi sono più resa conto di dove mi trovassi o che direzione dovevo prendere, così ho vagato per un po' e poi ho sentito le vostre voci. Fine.»
Mi guarda accigliato, non è convinto che gli abbia detto tutto. Eppure sarebbe facile credermi, è una versione molto realistica dei fatti. Mi squadra dalla testa ai piedi, poi mi afferra le mani, guarda i palmi. Sono sfregiati, rossi e con la pellicina in rilievo.
«Hai i jeans sdruciti sulle ginocchia, e scommetto che se ti guardo camminare si vede che ti fanno male. Quindi sei anche caduta, però lo ometti»
Strappo i polsi dalla sua presa, lo fulmino con lo sguardo. «Sono inciampata mentre correvo, non è una cosa che avevo intenzione di nascondere»
«Stai nascondendo altro.»
«Sei paranoico. Cosa dovrei nascondere? Che un pazzo omicida mi perseguita?» rido nervosamente. Lui però rimane serio.
«Non lo so. Dimmelo tu.»
«Smettila»
«Ti stai innervosendo. Lo vedi che menti?»
«Mi sto innervosendo perché mi dai della bugiarda. Non ho motivo di mentire, smettila.»
Non mi guarda più, le pupille azzurre vagano ovunque tranne che su di me. Stringe le labbra a una linea sottile.
«Tu non mi convinci per niente» mi dice.
«Neanche tu hai mai convinto me, te ne ho fatto una colpa? Andiamo va'»
Mentre camminiamo nessuno dei due dice una parola.
Accompagno Francesco dove ha posteggiato il motore, mentre Lidia e mia madre mi aspettano in macchina. Non riesco a stare arrabbiata più di venti minuti, quindi lo saluto come se niente fosse. Lui mi chiama, mi fa riavvicinare.
«Mettitelo il casco» gli dico, vedendo che lo posa. Ha già i riccioli disordinati di suo, ma non è per non rovinarli che non lo mette.
Lui mi ignora, accende il motore.
«Sei spaventata, Alexa, devi dirmi da cosa. Se non a me a tua madre, a chiunque.»
«Io non sono spaventata»
«Sei inquieta. Tesa. Come preferisci, ma c'è qualcosa che non vuoi dire.»
Lo guardo, faccio un passo indietro. Una ventata fredda mi fa rabbrividire, alzo il cappuccio della giacca.
«Ci credi nell'esoterismo?» dico tutto d'un fiato.
Lui aggrotta la fronte, elabora la mia domanda. C'è un secondo in cui non parla e io mi pento mille volte di averglielo chiesto. Fremo, aspetto la sua risposta.
«Credo alle cose che riesco a vedere»
Mia madre mi chiama, ha accostato dietro di me. Francesco è fermo con la moto accesa, è pensieroso.
Ho sbagliato, ma mi sento più leggera. Come se il peso sul petto mi schiacciasse di meno.
Mi allontano, salgo velocemente in macchina. Quando gli passo accanto per andar via, mi lascia un'occhiata che mi rimane impressa per tutto il tragitto verso casa.
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Essence
FantasyLui fissa i miei occhi serio come la morte. «Alexandra» dice, le pupille basse su di me «Animus possidendi et corpus possessionis». Lo guardo confusa. «Di nuovo, non mi hai risposto» Lui si allontana. «L'ho fatto.» «Io non voglio vederti più. Neanc...