Raccontami di un sogno

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Tra i vecchi vicoli di Montmartre,

i pochi rimasti dicevi,

camminavamo a passo lento alle due e un quarto circa

nascosti nel buio e intenti a parlare della febbricitante passione.

Cingevi nella mano destra una bottiglia di Bordeaux,

sorseggiavi ogni tanto il nettare vermiglio,

io camminavo al tuo fianco tremante,

stretta nelle mie braccia per placare il freddo pungente.

-Passione è una droga- dicesti,

-Passione è un desidero inappagabile- risposi io,

-Ti leva la forza di combattere- aggiungesti,

-Ti strappa alla ragione e ti priva del respiro- asserii.

Convenivamo sulla passione, sui suoi pregi ed i suoi effetti,

sul piacere ed i suoi eccessi,

sulla voluttà e sulla fatalità,

su quello che tu vivevi e che io invece sognavo.

-Voluttà, sorella del delirio e confidante dell’adulterio,

ti conficchi nel cervello dell’uomo come un verme nella carcassa,

diffondi il tuo morbo con lentezza, pari ad una carezza,

divampi come un fuoco nell’anima e rechi sia piacere sia agonia- vagheggiai.

Ti fermasti, mi guardasti come sconcertato, stupito,

io feci lo stesso, solo che non seppi che fare,

guardarti negli occhi mi era impossibile,

avevo paura che la citata voluttà mi prendesse irrefrenabile.

Sorseggiasti altro vino, poi gettasti la bottiglia con non curanza,

-Voluttà è follia, follia è sogno,

io sogno ininterrottamente, ammattito e stanco,

vago senza tregua ossessionato dall’atroce voluttà- sussurrasti.

Avevi uno sguardo folle, il tuo vero sguardo,

-Ci siamo persi, credo- feci vaga guardandomi intorno,

ti avvicinasti a me guardandomi fisso,

e io nell’indietreggiare fui presto con le spalle al muro.

Nessuno passava di là, eravamo soli,

l’unica luce era la fioca lanterna di una locanda,

mi guardasti con quegli occhi grandi e scuri,

poi la tua mano coperta da un guanto mi sfiorò la guancia.

-Raccontami di un sogno- quasi m’implorasti,

mi sfioravi il viso con entrambe le mani adesso,

io socchiusi gli occhi per un momento

poi li riaprii quando le tue dita mi sfiorarono le labbra.

-C’era il sole, c’era il mare, era una dolce mattina d’estate,

eravamo stesi s’un caldo letto di sabbia,

la brezza soffiava mischiandosi alla mia voce

che ti sussurrava dolcemente delle parole amorevoli-.

Mi afferrasti delicatamente alla nuca,

-Cosa sussurravi?- sentii il tuo respiro sulle mie labbra,

il mio cuore si destò improvviso da un lungo sonno,

-Ti amo a sazietà, ti amo da morire- tremante ti raccontai.

-Amarmi?- domandasti come in lacrime,

-E’ una follia- replicasti tenendomi il volto tra le mani,

-Follia è sogno, sogno è amare,

amare è una follia- conclusi sorridendo.

Con la delicatezza di una libellula sull’acqua

mi bacasti con ardente voluttà,

ma tanto passionale quasi da morsicarmi le labbra,

ed il freddo sparì di colpo mentre uno strano foco parve circondarci.

Le mie mani si poggiarono sulle tue guance gelide,

crebbe il desiderio quando mi stringesti tra le braccia,

il tuo profumo mi annebbiava la testa come un afrodisiaco

e nessun suono riuscivo a sentire tranne il battito e il respiro.

Ad un tratto mi fermai, quasi a malincuore,

-Raccontami di un sogno- ti chiesi,

tu mi avvicinasti di nuovo, sussurrandomi

-Chiudi gli occhi, sogna e fammi impazzire-. 

Lettere a un fantasmaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora