Come stride quel cancello in ferro e pietra,
tra quel rumore e le urla del mio cuore,
inquieto e pazzo, disperato e malato,
ormai i miei timpani sono condannati al frastuono.
Grande città di luce, di memorie e di arte,
perché in codesto luogo mi diventi ostile ?
Mai la mia anima ti recò danno o affronto,
in ginocchio ti chiedo pietà e umilmente imploro aiuto.
Le lacrime dei miei occhi sono il mio pegno,
ascoltami Parigi, ascolta questo cuore devastato dal fuoco,
tu custode di quel che il mio animo brama,
svelami ove giace colui che cerco invano!
E’ calato il buio sipario del cielo sulla città,
questo camposanto è ormai deserto,
ci sono solo io a recar fastidio alle tombe,
Parigi t’imploro, mostrami la strada o ne morirò.
Ormai sono in preda alla pura follia, oh luminosa,
a nessuno posso rivelare questo oscuro segreto,
ma quale dolore è più insopportabile di questo,
un cuore che chiama un amore che ormai non v’é più.
Cammino in questo luogo singolare, tremo,
lapidi, tombe, fosse, gelo e pietre, ovunque,
nomi, gente che fu e gente che poi sarà, penso,
lui è qui, lo sento, il mio cuore batte e lo chiama, spero.
Crescono queste lastre di marmo intagliate,
s’ergono come mura giganti sopra la mia testa,
mi stringono, mi bloccano, mi soffocano,
sembra un labirinto che inghiotte e confonde.
Corro fino allo sfinimento, corro senza sosta,
ad ogni curva o incrocio mi pare di scrutarlo,
se chiudo gli occhi un istante ancora lo vedo,
così vicino, grande città, eppure irraggiungibile!
Parigi tu sai dov’è, puoi sentire i suoi passi su di te,
digli di aspettarmi, digli che lo cerco, digli che sono qui,
digli che un pezzo della mia anima è suo,
digli che so che mi avrebbe amata, e che io lo so!
Quale atroce tortura il fato m’ha serbato,
quale strana mania mi solletica la mente,
quale strana frenesia ha colto il cuor mio,
per un poeta ormai morto l’anima mia si dispera!
Il vento mi ghiaccia il viso e i polmoni,
non respiro, non parlo, e nel cuore urlo il suo nome;
semmai dovessi perire prima d’incontrarlo,
ti prego Lutetia, digli che lo amo.
Dove sono adesso non lo riconosco più,
il cimitero è diventato una foresta di marmo e terra,
stremo a terra incapace di rialzarmi,
chiudo gli occhi aspettando che tutto finisca.
L’odore del muschio mi pervade i sensi,
la mia mano sfiora qualcosa di umido,
volto lentamente la testa e noto una statua,
il mio cuore sprofondò quando la riconobbi.
Così me l’hai reso, crudele mondo!
Come pietra fredda e polvere, immagine e niente più,
questo ho di lui: simulacri, carta e inchiostro,
questo mi resta e con questo la mia anima é impazzita!
Eccolo il suo volto dormiente, eccolo il mio dolore,
tra tanti castighi che l’uomo conosce questo è il mio,
un’anima maledetta e incatenata ad un fantasma,
legata a lui, mio solo simile, anima fraterna!
Questo simulacro mi dice che sono vicino,
con sforzo sovrumano mi alzo,
in ginocchio sfioro quel volto di pietra,
con lentezza bacio quelle labbra fredde.
Giungo ad una lapide in oro e bianco,
coperta da foglietti e da fiori scarlatti,
quanti doni che il mondo gli porta,
io non ho che da offrire un umile straccio d’anima.
Eccoti in fine, non voglio violare il tuo riposo,
che darei per lasciarti almeno una carezza,
perdonami se con le lacrime bagno il tuo sepolcro,
che cruccio pensare che tu mi vedi e io non vedo te.
Lascia che ti dica che un pezzo della mia anima è tuo,
te lo lascio, fanne quel che vuoi, ti appartiene,
rispetto al mondo che ti loda io non sono nessuno,
ma ti giuro che mi chiedessi la vita te la darei tutta.
Probabilmente riderai di questo mio gesto,
conosco del tuo carattere sia pregi che difetti,
ma persino io non so spiegare che cosa mi succede,
nemmeno io capisco che cosa è accaduto in quelle parole.
Di ogni tua sofferenza, di ogni tuo male,
ho sempre sperato di essere la cura,
di ogni tuo dissidio, di ogni tuo dubbio,
ho sempre voluto essere la risposta.
Solo una preghiera lascio su questo tuo letto gelido:
non lasciarmi in balia dell’eternità, dell’infinito abisso,
quando sarà il momento aspetterò solo te;
vienimi a prendere, allora cercherò soltanto te.
Con la testa sulla tomba, le mie lacrime dissetano quel muschio,
coi baci spero di arrivare alla sua guancia,
con le carezze desidero sfiorare il suo cuore,
ivi lascio quel pezzo d’anima e per sempre con lui giace.
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Lettere a un fantasma
PoesíaRicordi, forse vissuti, forse sognati. Pensieri lontani e ancora molto vicini. L'inizio di una storia che non vedrà la fine. La memoria di due cuori lontani nel tempo ma legati da corde d'inchiostro. Due anime separate dalle epoche e unite dal pot...