Capitolo 2

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Oskar si svegliò di colpo quando l’autista disse “Prossima fermata: Mayflower” all’interfono. Erano passate tre ore da quando aveva lasciato il suo amico alla stazione dei bus di Boston. Avevano trovato del traffico sull’autostrada per colpa di un incidente ed era rimasti lì fermi per più di un’ora, e lui si era addormentato al suono della voce della vecchietta davanti a lui.

Gli erano sempre sembrate simpatiche le nonnine che sferragliavano, ma quella stava facendo dei calzini e mai fidarsi di qualche vecchietta raggrinzita che sferraglia dei calzini su un bus.

Basta Oskar, smettila!

Prese lo zaino e se lo mise in spalla, scendendo dall’autobus, aspettò che l’autista aprisse lo sportello e prese le sue due valigie.

“Ahh aria di casa.” sospirò annusando l’odore di fiori nel venticello. La stazione era un po’ fuori dalla città, in periferia e avrebbe dovuto prendere un altro bus per andare in centro.

Annusò di nuovo l’aria e iniziò a camminare quando perse le sue valigie le quale caddero a terra insieme a lui, che fermó la caduta grazie alle mani. Qualcuno si era lanciato contro la sua schiena facendolo atterrare su quella strada sporca.

“Che schifo! SCHIFO SCHIFO SCHIF-”

“Non si dice ‘Che schifo’, Osky!”

Spalancò gli occhi e ringraziò di non portare più i suoi occhiali o li avrebbe sicuramente rotti facendoli distruggere in mille pezzi per strada.

“Primula?” si voltò di schiena e quando il sole lo finì di accecare poté incontrare dopo un anno il viso di sua sorella Merida.

Era cresciuta tantissimo. I capelli erano lunghissimi e racchiusi in un treccia, il sorriso luminoso e gli occhi azzurri come quelli del padre. “Merida?”

“E chi se no? Non riconosci neanche quella caspissima di tua sorella?” lo abbracciò, affondò il viso nell’incavo tra la spalla e il collo e rimasero lì stretti, su quel marciapiede non tanto pulito.

“Quanto mi sei mancata, primula.” la baciò sulla fronte e accarezzò i ricci con fare amorevole.

Quando cresci non fai che sognare l’università, ma capisci solo all’ultimo di quello che lasci dietro di te.

“Dove sono gli altri?”

Si alzarono e Oskar la mise sulle sue spalle anche se sua sorella iniziava a pesare, aveva anche undici anni!

“Sono lì, ancora non ti hanno visto.”

Si avvicinarono tutti e due sorridenti, parlando di quello che era successo in quei giorni in cui non si erano sentiti.

“Merida?” si preoccupó quando vide suo padre, Delilah, ma non “Dov’è Athena?” la seconda gemella.

La bambina bionda smise di sorridere e corse dal padre, appena messo i piedi a terra.

Cosa sta succedendo?

“Hey.” li salutò con fare incerto. Venne tirato in un abbraccio di gruppo che trasmise tutto il calore che aveva bisogno.

Suo padre portava ancora la sua giacca e cravatta blu con dei jeans, mentre il vestito floreale di Delilah profumava di buon biscotti appena sfornati. Quello era il profumo di casa.

“Hey tesoro! Come è andato il viaggio?” si interessò subito Delilah non smettendo mai di studiarlo con gli occhi centimetro dopo centimetro.

“Ma ti sei alzato? Amore, Oskar è più alto!”

“Ah ah ah prendimi pure in giro, ma questo ragazzo qui è veramente cresciuto.” raddrizzò le spalle con fare saccente e andò a rimettere a loro posto gli occhiali come d’abitudine, e come sempre non li trovo.

Win Me Back All Over AgainDove le storie prendono vita. Scoprilo ora