CAPITOLO 1

132 31 4
                                    

Quattro mesi dopo...

7:58. Martedì 15 agosto. Aeroporto di Brindisi-Papola Casale. Eccomi qui seduta su una di quelle scomode sedie verdi in plastica in attesa che chiamino il mio volo. è un'attesa straziante e alquanto imbarazzante, poiché i miei genitori sono seduti al mio fianco e cercano in modo patetico di fare conversazione. Sembrano quasi due estranei, nessuno penserebbe che sono stati sposati per ben 25 anni, eppure è la triste realtà. Seccata da quella situazione annuncio: «vado a prendere un caffè» e mi allontano sotto i loro sguardi attenti e protettivi. Mi scruto intorno e lo scenario non è dei migliori: gente che dorme a terra e sulle sedie, bambini che scorazzano ed urlano come se si trovassero in un parcogiochi. Raggiungo la caffetteria e la cameriera si dimostra piuttosto cortese e paziente, per nulla colpita dalla situazione circostante. Ordino il mio caffè espresso e ci svuoto dentro l'intera bustina di zucchero. Pago la ragazza e le lascio una mancia piuttosto generosa. Mentre sto ritornando lentamente dai miei genitori sento chiamare il mio volo e mi precipito a salutarli. Mi stringono in un forte abbraccio, mi dicono che li mancherò e mi augurano di fare buon viaggio. Allontanandomi noto che mia madre singhiozza sommessamente e mi commuovo leggermente. Supero i controlli e mi avvio all'aereo sperando con tutta me stessa che questo sia un buon nuovo inizio.

Arrivo all'aeroporto di Fort Lauderdale nel tardo pomeriggio. Sono incantata ed ho visto ancora soltanto l'aeroporto. In tutta onestà non ha niente a che vedere con gli aeroporti italiani, è davvero enorme e temo quasi di perdermi. È colmo di negozi, bar, ristoranti e chi più ne ha più ne metta, non so dove guardare. Gente che va e che viene da ogni parte, di ogni nazionalità, tutti presi dalle loro faccende. Esco intontita dall'aeroporto e raggiungo a piedi la fermata del bus che mi porterà al campus. Sistemo le mie valigie nel bagagliaio del pullman e salgo a bordo. Prima che il mezzo parta una signora di mezza età, esile e con i capelli corvini, mi chiede se si può sedere accanto a me ed io acconsento. Si chiama Ashley ed è piuttosto simpatica e alla mano. Mi racconta che anche lei è diretta a Boca Raton e sta andando a trovare i suoi due figli che studiano al college lì. Lei è di Galveston, una città sul mare, del Texas.Sentendomi in debito con lei, le dico che anche io andrò a studiare lì ed Ashley mi rassicura sostenendo che è un'ottima università e che farò amicizia molto facilmente, poiché sono una persona molto solare. Durante il viaggio non faccio altro che guardarmi intorno, sempre più meravigliata della differenza tra i paesaggi americani e quelli italiani. Gli americani sono così megalomani, hanno questa tendenza di costruire degli edifici maestosi e a volte anche troppo appariscenti, ma già adoro questi nuovi scenari, nonostante sappia che ci metterò un po' ad abituarmi. Da quel che ho potuto osservare dal finestrino del pullman, Boca Raton non è una città molto grande, ma piena di zone verdi e di universitari, decisamente l'opposto di Taranto.

Un'ora dopo sto attraversando i corridoi del dormitorio femminile della Florida Atlantic University e quasi non mi sembra vero, a tal punto che più di qualche volta mi sono tirata dei pizzicotti sulla guancia. Trovo la stanza numero 25 e mi fermo. Prendo un profondo respiro, tiro fuori dalla tasca le chiavi e le infilo nella toppa della porta. A quanto pare la mia compagna di stanza al momento è fuori, così ne approfitto per farmi una doccia. Esco soltanto quando mi accorgo che la mia pelle ha assunto un colorito rossastro per via dell'acqua bollente, indosso il mio pigiama dei puffi che quel postino odiava tanto e chiamo mia madre. Risponde al primo squillo. «Pronto?» ha la voce roca, devo averla svegliata nel cuore della notte a causa del fuso orario. «Mamma, sono Bea. Scusami se ti ho svegliata, ho dimenticato il fuso orario» mi giustifico. «Non preoccuparti. Sei arrivata? Hai fatto buon viaggio?» mi chiede con il suo solito fare protettivo ed apprensivo. «Si, tutto bene. Il viaggio è filato liscio e quasi mi sembra un sogno.Ti ho chiamata per avvisarti del mio arrivo, domani ti mando una mail per raccontarti tutto nel minimo dettaglio.» Entusiasta ribatte: «Va bene, a domani. Sogni d'oro piccola mia.» Esausta crollo poco più tardi.













L'oceano per dimenticareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora