Verso le 9:00 accendo il computer e do un'occhiata a Facebook ed Instagram. Trovo qualche foto dei miei amici di Taranto e mi piange il cuore, nonostante nutra ancora un po' di rabbia nei loro confronti per come hanno voluto chiudere le cose tra noi prima della mia partenza. Mi rendo conto che da mercoledì non ho più notizie dei miei, così scrivo una mail ad entrambi ed allego qualche foto per renderli un po' più partecipi della mia vita. So che non risponderanno subito perché a Taranto è ancora notte. Inizio a camminare su e giù per la stanza, facendo attenzione a non svegliare la mia compagna di stanza. Prendo un libro di quelli che mi sono portata dietro e mi incammino verso lo Starbucks all'interno del campus. Ordino un caffè espresso ed un muffin al cioccolato e mi siedo al tavolino infondo alla sala. Tento di concentrarmi sulla lettura, ma non riesco a seguire il filo, ho troppi pensieri per la testa. L'episodio di ieri sera mi ossessiona, come se l'incubo non fosse stato abbastanza. Continuo a rivedere la scena un sacco di volte, non so cosa fare. Forse avrei bisogno di parlarne con qualcuno. A mamma non l'ho detto, altrimenti avrebbe preso il primo volo e sarebbe corsa a controllare le mie condizioni. Considerato che Abigail dorme, i miei problemi rimarranno per me. Qualcuno interrompe il mio flusso di pensieri: Brennan.
«Ciao.» mi saluta timidamente. È vestito in modo molto sciatto, i capelli sono spettinati ed ha delle occhiaie abbastanza evidenti, segno che nemmeno lui ha chiuso occhio stanotte. Indossa una felpa nera dell'università, un pantalone di tuta grigio e delle scarpe da corsa consunte. Ha un aspetto piuttosto sfinito, non l'ho mai visto così in questi pochi giorni. Decido di sorvolare sulla stupida lite di qualche ora prima e accenno un sorriso.
«Ehi.» gli rispondo con voce sonnolenta.
«Posso sedermi qui?» domanda indicando la sedia vuota difronte a me.
«Fa' pure.» acconsento.
«A quanto pare non sono l'unico ad essermi svegliato presto.» ironizza osservandomi meglio. Nemmeno io ho una grande cera stamattina. Ho i capelli legati in uno chignon disordinato e gli occhiali da riposo, che solitamente utilizzo per leggere o studiare. Indosso un maglioncino nero di cotone, un jeans attillato e le mie vecchie all-stars bianche.
«In effetti...» tralascio la motivazione che mi ha tenuta sveglia perché improvvisamente non ho voglia di parlarne e ho bisogno di distrarmi.
«Che leggevi?» chiede interessato facendo un cenno con la testa in direzione del libro abbandonato sul tavolo.
«Un libro sulla fotografia, ma non riuscivo a concentrarmi e ci ho rinunciato. Tu sei andato a correre?» indago a mia volta.
Si raddrizza sulla sedia e ravvia i capelli con la mano destra. Solo adesso noto che le nocche sono un po' arrossate, sicuramente a causa del pugno tirato allo sconosciuto. Ecco che ritorna come un boomerang, lo lanci lontano e torna indietro. «Era quella l'intenzione, però poi la fame ha avuto la meglio ed eccomi qui.» replica. «A proposito, lo mangi quel muffin?»
«No, puoi prenderlo.» dico in tono accondiscendente e sovrappensiero. Mio malgrado non è un ragazzo stupido ed intuisce che qualcosa mi preoccupa.
«C'è qualcosa che non va?» ora è decisamente inquieto.
Logorata da quei pensieri che mi tormentano da ieri notte li condivido con lui e gli racconto anche del sogno. Intanto lui si è cacciato in bocca il muffin e si sta pulendo le mani con il tovagliolo. Ingoia l'ultimo boccone ed esprime il suo parere: «secondo me non è solo questa vicenda a tormentarti, c'è qualcosa di più profondo e vecchio dietro tutto ciò. È un po' come la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Non conosco il resto, però dammi retta se non vieni a patti con questa roba, non ne esci più.» Non è tanto la verità delle sue parole a colpirmi, bensì il suo essere coinvolto. Perché ne sono sicura, anche lui ha qualcosa che l'ha tormentato per molto tempo alle spalle. Anzi lo tormenta ancora, nonostante voglia far credere di esserne uscito.
«Parli per esperienza personale?» sono curiosa.
«Forse» mi fa un cenno con la mano e sparisce dietro le librerie, lasciandomi nel dubbio e sola, facendomi riflettere sulle sue parole. Stanca di rimanere unicamente con i miei pensieri torno al dormitorio. Arrivata in stanza constato, con mia grande sorpresa, che Abigail è sveglia e scherza allegramente con il fratello. Quando si rendono conto della mia presenza mi dedicano ogni attenzione. «Abbiamo pensato di andare in spiaggia visto che la giornata è molto calda. Ci saranno anche alcuni amici di Brennan. Prendiamo un po' di sole, giochiamo a palla. Sai, le solite cose che si fanno a mare. Che dici, ti va?» chiede la ragazza.
«Per me va bene.» annuisco distrattamente. «Datemi dieci minuti per cambiarmi e ci vediamo giù.»
«A dopo, allora.» mi salutano entrambi. Brennan mi fa l'occhiolino ed istintivamente gli sorrido. Il nostro rapporto non è granché, un po' come stare sulle montagne russe, ma quando riusciamo a trovare un punto d'incontro, stare insieme è più tollerabile. Gli sono grata per la chiacchierata di questa mattina e per il salvataggio di ieri sera, quindi perché negargli la possibilità di essere amici?
Appena esco dal dormitorio la calda aria di fine estate mi travolge. L'auto di Brennan è parcheggiata qualche metro più in là dell'entrata principale. È una Jeep Wrangler Unlimited a cinque porte nera. La riconosco perché mio padre ce l'ha identica però bianca. La scegliemmo insieme, ricordo perfettamente quel giorno. Si precipitò a casa di mamma e mi svegliò frettolosamente dicendomi che l'avevano chiamato dalla concessionaria per l'arrivo di questa nuova macchina. Essendo un patito di auto, ma soprattutto di fuoristrada, si fece nominare socio. Così ogni volta che arrivavano nuovi fuoristrada, lo chiamavano. Quella domenica però voleva che ci andassimo per forza anche io e Gianluca, mio fratello. Nonostante la lite per la scelta del colore, ci divertimmo per tutto il tempo. Alla fine mio padre lasciò a Gianluca l'onore di prendere quella decisione, perché l'anno dopo sarebbe dovuta diventare la sua macchina. Sarebbe...
Fu una delle giornate più belle che trascorremmo insieme.
«Eccomi!» esclamo rallegrata dal piacevole ricordo. «Sbaglio o è un'auto diversa da quella di ieri?» indago interessata.
«Finalmente.» sbuffa Brennan contrariato. «Non sbagli, prima della partita si è forata una ruota e il mio amico Trent, che conoscerai tra poco, mi ha prestato la sua macchina. Solo stamattina ho potuto aggiustarla.» mi spiega mettendo in moto.
«Capisco. E comunque non è colpa mia se ho avuto problemi ad allacciare il costume.» scatto sulla difensiva.
«Ad allacciare i costumi non sono molto pratico, però, se più tardi hai difficoltà a slacciarlo posso darti una mano io.» sul suo volto si disegna il suo solito ghigno. Sono sbiancata mentre lui se la ride di gusto. «Brennan!» lo rimprovera Abigail colpendolo sul braccio destro. Brennan si ricompone e con tono severo dice: «Ehi, così finisco fuori strada!»
«É la tua punizione per aver detto una cosa del genere alla mia amica.» risponde lei pretendendo di avere ragione.
«Guarda che se ci finisco io fuori strada voi ci finite appresso a me, quindi non dire cose senza senso. E poi, da quando è solo tua amica?» si informa fingendosi offeso. Ora sono io a sbellicarmi dalle risate stesa sul sedile posteriore. Entrambi mi osservano supplicandomi di prendere le parti di ciascuno. «Sono amica di entrambi.» evito di mettermi in mezzo.
Mentre scendiamo dalla macchina sento Abby ribattere minacciosa: «questa non l'avrai vinta Brennan Cooper.» e sfoggia una linguaccia degna di un bambino di 5 anni.
«Vorrei proprio sapere perché ti ostini a sfidarmi nonostante sappia che con me puoi solo perdere!» esclama saccente lui.
«Perché non puoi sempre vincere.» liquida la faccenda con un gesto della mano seccata. Recupero il mio zaino dal sedile posteriore e tallono i due fratelli. Da quanto mi dicono siamo sulla spiaggia in prossimità dello Spanish River Park. Ci viene incontro un ragazzo alto più o meno come Brennan, muscoloso, tatuato, con capelli ed occhi castani. Indossa un costume a metà coscia azzurro. Saluta Brennan abbracciandolo calorosamente e dandogli qualche pacca sulla spalla, dà un buffetto sulla guancia ad Abigail e mi porge la mano presentandosi:«sono Trenton, ma tutti mi chiamano Trent. Piacere di conoscerti.» Ricambio la sua stretta e a mia volta mi presento: «Beatrice o Bea, chiamami come preferisci. Piacere mio.» Mi sorride e ritorna dai suoi amici. Poggiamo le nostre cose sulla sabbia e stendiamo i teli. Mentre Brennan è intento a togliersi la maglietta, i suoi muscoli si tendono e Abby mi becca a guardarlo. Dopo che il ragazzo si è tuffato in acqua, lei mi sussurra all'orecchio: «non ti interesserà mica mio fratello?» sembra allarmata.
«Ma se tu stessa hai detto che siamo come gatto e cane.» le rinfresco la memoria recitando le sue parole.
«Chiedevo per curiosità, nient'altro.» si giustifica.
Due ragazze, amiche di Brennan e Trenton, si avvicinano e ci invitano a bere un frullato con loro ad un bar non troppo lontano dalla nostra posizione. Accogliamo con piacere la loro proposta e ci incamminiamo insieme. La struttura è tutta in legno ed ha una terrazzina con qualche tavolo. I clienti sono ragazzi e famiglie che cercano di godersi al meglio gli ultimi giorni d'estate, prima che la routine incomba su di loro. Ci sistemiamo ad un tavolo per quattro e poco dopo il cameriere passa a prendere le nostre ordinazioni. Chiacchieriamo in modo generico a partire dallo shopping fino all'università che riprenderà tra due giorni. Inizio a percepire già lo stress in lontananza. Entrambe frequentano il secondo anno alla FAU. Bailee la ragazza esile, bionda e con gli occhi azzurri è la più timida delle due, ma è comunque affabile. Camryn, invece, ha occhi e capelli scuri ed è decisamente più spigliata e determinata della prima. Però non mi convince, forse sarà il suo sguardo seducente e la sua continua ricerca di attenzioni maschili ad impensierirmi. Lo scoprirò solo con il tempo. Nel frattempo che noi consumavamo i nostri frullati ma anche gli argomenti di cui discutere, i ragazzi sono accorsi in nostro aiuto.
«Io, Trent e Brennan pensavamo di andare a fare un bagno, venite con noi?» propone Luke, un ragazzo basso e magro che non ho mai visto prima. So che si chiama così soltanto perché poco fa ho sentito Brennan parlarci.
«Certo!» esclama raggiante Camryn e con un sorriso malizioso corre ad abbracciare Brennan, che le scocca un bacio sulla fronte. Quest'ultimo mi osserva ed io distolgo lo sguardo.
«Sento che sto per vomitare.» annuncio ad Abigail mentre Bailee raggiunge il resto del gruppo. «A chi lo dici. L'ho capito fin da subito che era una gatta morta. Ho sentito dire che si è girata tutta la squadra di calcio, compreso mio fratello.» ribatte «il solo pensiero mi disgusta.» conclude con una smorfia di disappunto. Mi unisco a lei.
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L'oceano per dimenticare
RomanceBeatrice Manti è una ragazza di diciannove anni in fuga dal suo passato, pronta a lasciarsi tutto alle spalle. Per questo ha scelto di frequentare l'università in Florida, per costruirsi un futuro che nella sua città non avrebbe potuto avere. L'ulti...