«Se mi dici perchè dobbiamo andare a casa di Brennan con tutta questa urgenza mi cambio.» Abigail non è ingenua, sa che ho qualcosa in mente e sta cercando in ogni modo di farmi sputare il rospo. Ma io non demordo. «Te l'ho detto almeno dieci volte che devo parlare con tuo fratello? Ora ti vesti o no? Poi se preferisci attraversare il campus in intimo, fa' pure.» accompagno le mie parole con un gesto plateale della mano. Sbuffa contrariata e inizia a vestirsi. «Puoi anche andarci da sola, insomma mi pare che le tue gambe funzionino bene.» saltella per la stanza cercando di infilarsi i jeans aderenti.
«Sai cosa è successo l'ultima volta con il ragazzo ubriaco.» le rispondo offesa poiché non ricorda la traumatica disavventura.
«Oddio! Hai proprio ragione, sono un'incosciente!» si mette una mano davanti alla bocca, spiazzata. Colpita e affondata. E brava Bea.
Quindici minuti dopo Abigail è finalmente pronta ed è vestita in modo semplice. Per lei è facile essere bella. Le bastano un paio di jeans attillati a vita alta, un top bianco senza spalline, delle logore stan smith ed un filo di trucco. Eccola lì, impeccabile come sempre. Anche se per lei non è mai abbastanza, mi ammazzerà quando scoprirà la sorpresa perchè so che le piacerebbe apparire meglio di così. Senza che lei se ne accorga mando un messaggio a Brennan dicendogli che a breve saremo lì.
«Sorpresa!» esclamano gli invitati e gli intrusi applaudendo e fischiando la mia amica. Lei è a dir poco esterrefatta, non se l'aspettava per niente una festa. Ha gli occhi lucidi, una lacrima le scappa e l'asciuga con il dorso della mano. Uno ad uno ogni presente si avvicina per farle gli auguri. Quando arriva il suo momento, Brennan la stritola in un abbraccio scoccandole un tenero bacio sulla guancia. Stringe anche me e mi sussurra all'orecchio: «missione compiuta! Grazie per aver collaborato.» Avverto una sorta di formicolio a causa del suo fiato sulla pelle, ma ignoro la sensazione e mentalmente rimprovero il mio corpo per la sua acuta sensibilità. La festa prende avvio a tutti gli effetti e la musica pompa da ogni direzione. «Ti va di ballare?» mi chiede Brennan speranzoso porgendomi la mano. Nel frattempo Abigail è intenta a parlare con un ragazzo alto e biondo, decisamente il suo tipo. «D'accordo, ma non farti illusioni, sono pur sempre una giocatrice di basket. Diciamo che il ballo non è mai stato il mio punto di forza.» poggio la mia mano nella sua e mi lascio trascinare nel mezzo della pista. «Giuro di non ridere.» assume un'espressione seria. Ci dimeniamo sulle note di qualche pezzo dance e dopo un po' lui mi attira a sé cingendomi la vita con le braccia muscolose. Mi guarda negli occhi intensamente e mi dice: «se questo lo chiami non saper ballare! Sappi che tutti i ragazzi qui intorno si sono girati almeno una volta per guardarti e fidati, non erano per niente indifferenti ai tuoi movimenti.» Di colpo divento paonazza e cerco di nascondere il viso dietro i capelli. Afferra il mio mento con la sua mano grande e possente e continua: «non vergognarti di me, siamo amici giusto?» Annuisco e mi fa l'occhiolino, lasciando andare il mio volto di colore rossastro, un po' per l'imbarazzo e un po' per il contatto con la sua mano. Da quando vivo le emozioni così a fondo? È solo con lui o sono io che sto cambiando? Non riesco a trovare una risposta a nessuna delle due domande. Ci lasciamo travolgere dalla musica ancora un po' e poi usciamo in giardino, per evitare di morire soffocati nell'aria densa di fumo e chissà cos'altro. Mentre superiamo i numerosi ragazzi che ballano intreccia le nostre mani e mi scorta fino all'uscita sul retro. Dall'episodio con l'ubriaco mi tiene sempre sott'occhio come fa con Abigail e mi piace sentirmi protetta, è la conferma che c'è davvero qualcuno che tiene a me in questo mondo. Non importa se quelle persone le conosci da pochi giorni, loro ti amano come se ti conoscessero dai tempi dell'asilo. Penso così a lungo che non mi accorgo di essere arrivata all'amaca dietro la piscina e di essermi seduta. Brennan mi scruta con fare contemplativo, ma non sembra preoccupato. Ha le braccia conserte e le sue labbra sono piegate all'insù, mostrando le sue fossette. Deve essersi abituato ai miei isolamenti improvvisi. È come se tutto sparisse e rimanessimo solo io ed i miei pensieri infiniti. «Sei la persona più intrigante che io abbia mai conosciuto Beatrice Manti. Sai che non parlo a sproposito e non lo dico per compiacerti, semplicemente lo penso.» dice giocherellando con una ciocca dei miei capelli. «E tu quando non sei testardo e presuntuoso, sei una persona quasi apprezzabile Brennan Cooper. A volte sai essere insistente più di mia madre e ce ne vuole.» gli rispondo prendendolo in giro. Sono così le nostre chiacchiere quando andiamo d'amore e d'accordo, profonde ma al tempo stesso piene di sarcasmo. «Ehi però tu ci vai sempre giù pesante.» si tira a sedere e la maglietta bianca si solleva, scoprendo una striscia di pelle sopra i jeans. Mi sembra di scorgere una cicatrice rossa, ma non ne sono sicura. L'illuminazione fuori non è delle migliori. Non ricordavo di averla vista al mare. Si accorge che lo sto fissando e inarca un sopracciglio: «Ti piace quel che vedi eh?» si riferisce a quei pochi addominali che traspaiono. Alzo gli occhi al cielo e si offende. «E dai scherza con me.» fa gli occhietti dolci a cui ancora non ho imparato a resistere. Non ho il tempo di rispondere perchè mi ritrovo bloccata sotto il suo corpo massiccio. Si avvicina quasi come per baciarmi, per un attimo divento nervosa e, a pochi centimetri dalle mie labbra, esclama: «che la guerra abbia inizio!» L'attrazione che c'è tra noi è palpabile, più cerchiamo di evitarla e più si alimenta, come un fuoco dentro di noi. Appuro che il suo alito sa di menta, poco dopo le sue mani calde si sono insinuate sotto il mio top e mi fanno il solletico sulla pancia. Avverto un formicolio tra le gambe per il desiderio e per la sua vicinanza. Mi sta letteralmente schiacciando. Le sue mani mi sfiorano il seno. Inutile dire che non ho via di scampo, se non tirare qualche insulso calcio per aria. «Approfitti...della tua forza...per spaventare...una timida e...innocua ragazza. Lasciami...ti prego.» riesco a stento a dire tra le risate e le lacrime. Anche lui ride come un matto vedendomi così indifesa. Da vero bastardo continua a muovere le mani, fregandosene delle mie preghiere. Attraverso i suoi jeans riesco a percepire l'effetto che ho su di lui. In un attimo siamo riversi sul prato e respiriamo affannosamente per via delle risate. L'amaca ha ceduto al nostro peso e giace sull'erba, strappata. Gli altri ballano tranquillamente, è come se ci fossimo solo noi, nella nostra bolla. È sdraiato affianco a me e con tono malizioso gli dico: «avrò la mia vendetta, puoi starne certo.» annuisce sufficiente e mi solleva per le spalle ancora con il sorriso stampato in faccia, proprio come al nostro primo incontro. Ne è passato poco di tempo ed ora io e Oceano siamo diventati persino amici. Chi l'avrebbe mai detto?
Verso mezzanotte giro per la casa alla ricerca di Abigail: è seduta sul divano in soggiorno e vicino c'è...il tizio biondo. Dopo ci sarà da divertirsi, spero solo che non mi porti ad estorcerle un'informazione per volta. Mi faccio strada tra la folla e mi avvicino ad entrambi. «Abby vieni? C'è la torta.» le riferisco, distogliendola dalla conversazione con il ragazzo. Mi scocca un'occhiataccia, ma si ricompone subito.
«Non mi dire che mi canterete anche la canzoncina. Per favore, risparmiatemi.» sta sproloquiando, è in preda al panico. «No, tranquilla.» la rassicuro «Non pensi di essere un po' cresciuta per questo genere di cose?» le chiedo dopo, divertita dalle sue assurde idee. Tira un sospiro di sollievo e come risposta si limita ad un'alzata di spalle. Taglia la torta e scatto qualche foto che la ritraggono con Brennan, Trent, Luke, Camryn e Bailee. Gli altri invitati si limitano ad osservare. Poi ci facciamo delle foto insieme. All'incirca un'ora dopo la festa è giunta al termine e gli invitati se ne sono andati tutti. Trent e Brennan sono stati costretti a cacciare qualcuno con la forza. Io e lui tiriamo fuori i nostri regali e Abigail li scarta frettolosa, lanciando le carte in ogni direzione. È seduta sul divano, il che è un bene perchè sembra quasi per svenire alla visione dei biglietti per il concerto. «Ho le allucinazioni a causa della canna che prima mi hanno passato o, io Abigail Cooper, andrò al concerto dei Fray?»
«Abigail!» la ammonisce con tono di rimprovero Brennan, le nocche sbiancate dalla forza con cui le sta stringendo. «Chi te l'ha data?» A breve romperà qualcosa se non lo fermo. Gli poso la mano sul braccio in maniera decisa e con uno sguardo, altrettanto risoluto, cerco di fargli capire che si deve calmare. Espira lentamente e il suo petto si sgonfia. Fissa gli occhi nei miei e mi tranquillizza. Abigail, per poco, sembra pentita di aver tirato fuori la questione, ma ovviamente non ragiona in modo lucido. Infatti adesso sta saltando sul divano e fatica a contenere la sua gioia. Non scherzava prima, è sicuramente fatta, forse anche un po' sbronza. «Oddio, mi gira la testa. Forse sto per vomitare.» la sua corsa verso il bagno si interrompe nel mezzo del corridoio quando inizia a vomitare sul parquet. Brennan si copre la faccia con le mani e mi dice: «accompagnala in bagno prima che sia troppo tardi, io mi occupo di pulire questo disastro.» Osserva schifato il punto in cui qualche attimo prima la sorella ha lasciato un regalo. Apre le braccia e poi le lascia ricadere sulle gambe, è disperato. Trascino la mia amica in bagno e lei si siede vicino al gabinetto. È conciata davvero male: i capelli sono arruffati e ha il trucco tutto sbavato. «Giuro che non mi ridurrò...» non riesce a completare la frase che nuovi conati di vomito le attraversano il petto. Le lego i capelli in una coda per evitare che combini altri danni e le accarezzo dolcemente la schiena, cercando di rasserenarla.
Il mattino seguente sono sdraiata con Abigail sulle fredde piastrelle del bagno. Qualcuno deve averci steso una coperta addosso durante la notte. Mi metto a sedere e raccolgo i miei lunghi capelli in uno chignon disordinato. Scrutandomi allo specchio noto di avere il top sporco di vomito, non ricordavo questo dettaglio. Sfilo il top e lo lascio nella biancheria sporca, più tardi ricorderò a Brennan di restituirmelo. Rubo la felpa verde militare di Abigail, che è appesa al box della doccia, e la indosso. Mi sciacquo la faccia e cerco di assumere una cera quantomeno accettabile. Apro la porta socchiusa del bagno, attraverso il lungo corridoio dalle pareti gialle canarino e recupero dal cassettone in legno il mio telefono. La batteria è a terra, perfetto. In cucina l'orologio segna le sette del mattino e in casa incombe un silenzio tombale. Accendo la macchinetta del caffè e ne preparo uno, ne ho davvero bisogno. Sorseggiando la bevanda mi aggiro per le stanze, senza una meta ben precisa. L'unica cosa che colgo è il disordine più totale. Ci sono lattine di birra ovunque, bicchieri di plastica e pacchetti di sigarette, per non parlare di qualche vaso e quadro distrutto. Penso che un'impresa di pulizie non basterebbe ad ordinare questo disastro. In salotto Brennan dorme sul divano con un braccio abbandonato sul tappeto rosso dai motivi geometrici. Ha un'espressione angelica, sembra quasi sereno. Resterei per ore a guardarlo così, accoccolata sulla poltrona in pelle color sabbia. Ne approfitto per fargli qualche scatto, è cosi tranquillo che sarebbe davvero un peccato non ritrarlo. Solo ora mi accorgo che il tavolino in vetro è ribaltato, anche lui poggiato sul tappeto. «Ehi.» Brennan mi saluta con voce roca, se solo sapesse quanto è maledettamente affascinante in questo momento. I capelli sono spettinati, un accenno di barba scura gli ricopre il mento spigoloso, i suoi vestiti sono tutti stropicciati e sulla guancia ha i segni del bracciolo del divano. È ugualmente bellissimo. Il mio stomaco è in subbuglio, innegabilmente, per come il mio corpo reagisce alla sua presenza, essere amici sta diventando davvero un'impresa. Mi scruta con i suoi occhi azzurri, da sotto le sue folte ciglia. «Da quanto sei qui?» si stiracchia tendendo le braccia verso l'alto e la maglietta gli scopre la pancia, lasciando intravedere quei pochi addominali. Non mi basta, Dio quanto mi piacerebbe vederlo senza maglietta. Cerco di consolarmi con il ricordo di quando eravamo a mare. Per un attimo il pensiero di alzarmi e di togliergliela per ammirare nuovamente di persona, fa capolino nella mia mente. Lo scaccio via e gli rispondo: «cinque minuti appena.» mento. Annuisce e si ravvia i capelli con un movimento veloce della mano. In realtà avrò passato una buona mezz'ora ad osservarlo e, dannazione, avrei continuato anche, se solo non mi avesse interrotta. La situazione mi sta sfuggendo di mano. Non ho mai maturato questo genere di pensieri per altri ragazzi prima di lui. Non posso permettermi di desiderarlo. Per quanto possa essere a volte scontroso, nel complesso è un bravo ragazzo e io sono troppo incasinata per lui. La mia vita è troppo incasinata, non voglio pesare anche su di lui. La mia autocommiserazione è abbastanza, merita di meglio di me. Si alza e mi bacia sulla fronte. «Vado a farmi un caffè e poi mi butto sotto la doccia, se ti va di venire.» lo guardo perplessa e lui si affretta a precisare «se vuoi venire in cucina. Poi, se ti va di fare la doccia con me, sei la benvenuta.» sorride malizioso. «Sei tremendo!» esclamo lanciandogli il cuscino e spintonandolo giocosamente verso la cucina. Mi afferra per i fianchi e mi carica sulla sue spalle larghe. Batto violentemente i pugni sulla sua schiena e lui ride sempre più forte. «Dai mettimi giù!» piagnucolo. Inizia a correre e mi accorgo che siamo in giardino. Vicino al bordo della piscina mi solleva e io mi aggrappo a lui, trascinandolo giù con me. «Questo non l'avevo previsto, sei veramente malefica.» mi schizza l'acqua in faccia. «Ho semplicemente avuto la mia vendetta.» gli rispondo soddisfatta, sorridendo beffarda. Nuota nella mia direzione e ho capito quali sono le sue intenzioni. Questa volta gioco d'anticipo e mi precipito ad uscire dall'acqua. Corro sull'erba, fresca per via dell'umidità mattutina. Lui mi insegue e penso persino di riuscirgli a sfuggire, ma le sue gambe sono più lunghe delle mie ed è molto più veloce di me. Povera illusa. Mi fermo vicino allo steccato che separa questa casa dalla villa vicina. Respiriamo entrambi affannosamente e le nostre magliette fradice fanno trasparire i nostri petti, che si alzano ed abbassano rapidamente. Si avvicina pericolosamente a me, guardandomi il seno ed il mio cuore salta un battito. Ha uno sguardo serio ed intenso, scruta le mie labbra attentamente. Mi sistema delle ciocche di capelli dietro le orecchie. Amabilmente poggia le sue labbra sul mio collo e traccia una scia di piccoli baci roventi fino al mio orecchio sinistro. Sono impotente e al tempo stesso elettrizzata e incantata dai suoi movimenti fluidi ed esperti. Sento che le ginocchia a breve cederanno. Il desiderio sta per prendere il sopravvento su di me. Lo voglio così tanto da stare male. Voglio che mi baci e che non si fermi. Avverto dal rigonfiamento dei suoi jeans che anche lui ha le mie stesse esigenze. Se non ci fermiamo adesso, dopo potrebbe essere troppo tardi. «Brennan frena, non possiamo.» Interrompe quell'adorabile tortura e alza lo sguardo. «Perchè? Non capisco. So che anche tu mi desideri quanto io desidero te. Perchè negare qualcosa di così spontaneo e giusto? Non possiamo essere semplici amici e questo lo sai anche tu.» il suo volto è un'insieme di frustrazione e rabbia. «Allora non saremo nemmeno amici. Ci sono troppe cose a separarci, non funzionerebbe. Fidati è meglio così.» Non credo di averlo mai visto così ferito. Mi sento uno schifo, ma un giorno mi ringrazierà. È la scelta giusta, spero che lo capisca presto. I miei scheletri nell'armadio sono troppi. Le lacrime mi offuscano la vista e fuggo via, cercando di rimuovere il suo volto consumato dal dolore dai miei pensieri.
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L'oceano per dimenticare
RomantikBeatrice Manti è una ragazza di diciannove anni in fuga dal suo passato, pronta a lasciarsi tutto alle spalle. Per questo ha scelto di frequentare l'università in Florida, per costruirsi un futuro che nella sua città non avrebbe potuto avere. L'ulti...