CAPITOLO 10

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Mi scuso per la lunga ed interminabile assenza e spero vi piaccia il nuovo capitolo! A presto!

Per più di un mese io e Brennan non ci siamo parlati. E le mie giornate si alternavano tra l'essere orribili e doppiamente orribili. Corsi, compiti e a letto. I week end, invece, li ho trascorsi ciondolando tra la biblioteca e il palazzetto di basket. Le ragazze giocano davvero bene e a breve riprenderò ad allenarmi con cautela. Lui ha cercato in tutti i modi di riparare al danno che io ho creato, ma non gli ho dato occasione. Quando lo vedevo arrivare nella mia direzione cambiavo strada. Ho ignorato tutti i suoi messaggi e le sue chiamate. Non merito le sue attenzioni, eppure ora è qui. Furente più che mai. Ha un aspetto trascurato: barba incolta, occhiaie visibili a chilometri di distanza e i capelli gli ricadono sulle tempie, segno che non li taglia da un po'. «Vado a studiare in biblioteca, ci vediamo dopo.» Abigail con una scusa ci liquida entrambi, percependo la tensione nella stanza. Le ho raccontato giusto qualcosa, ma i dettagli li ho tenuti per me. Non so se lui le abbia detto qualcos'altro, non voglio che questo complichi la mia amicizia con lei.

«Porca puttana parlami! Dimmi cosa cazzo sta succedendo! La tua indifferenza fa male più di ogni altra cosa!» sbotta mentre cammina su e giù per la stanza, agitando le braccia. Gli occhi sono iniettati di sangue, le vene sul collo sono tirate e le mani strette a pugno. Ma non ho paura, so che non mi farebbe mai del male. Vedendo che me ne resto impassibile con le ginocchia strette al petto sul letto, cambia tattica. Si inginocchia davanti a me e mi guarda negli occhi, in modo che non possa sfuggirgli, non stavolta. «Ti scongiuro, parlami. Fammi un cenno almeno, dimmi cosa ho sbagliato. Dimentichiamoci tutto, torniamo amici. Cosa c'è che non va? Con me puoi parlare, lo sai.» ha la voce rotta dall'emozione e vederlo così mi spezza il cuore. È arrabbiato e preoccupato nel contempo. Nessuno prima aveva sbattuto la testa con me per così tanto tempo. A Taranto avevo pochi amici, perchè molti, dopo un po', si stancavano di me, delle mie insicurezze e mi lasciavano in un angolino. Inizio a singhiozzare e Brennan, prima timoroso e poi più sicuro, mi stringe tra le sue braccia e tutto sembra riacquistare di nuovo colore. È il mio scudo, il mio rifugio, la mia trincea dove ripararmi quando tutto si sgretola. Le sue braccia sono forti ed accoglienti, me n'ero quasi dimenticata. Come ho fatto a stare senza di lui per così tanto tempo? Non ero più io, ero diventata un riccio, barricata in me stessa. Le mie lacrime bagnano la sua polo nera, ma lui sembra non interessarsene. Con gesti lenti mi accarezza i capelli e mi sussurra in tono affettuoso e protettivo «va tutto bene, ora ci sono io. Piangi quanto vuoi. Sfogati. Al resto ci pensiamo dopo.» Tira fuori dal suo vecchio zaino di scuola blu un pacco di fazzoletti e mi asciuga dolcemente le guance. Poi, mi prende per mano saldamente e mi lascio condurre in bagno. Raccoglie i miei capelli in una coda alta e mi ordina: «datti una ripulita, tra cinque minuti ti aspetto qui fuori.» si incammina verso l'uscita del bagno, tira fuori dalla toppa la chiave e la indica con un cenno della testa «questa la prendo io, non si sa mai ti venissero strane idee.» Se le infila in tasca, sorride debolmente e socchiude la porta uscendo. Mi strappa una lieve risata. Mi è mancato tantissimo, riaverlo a pochi metri di distanza è come un'utopia. Non lo merito, non merito tutte queste attenzioni da parte sua. In qualche modo devo farglielo capire. In passato ho toccato più di una volta il fondo e ho il terrore che possa risuccedere. Ormai non mi fido più di me stessa. Non voglio che lui cada con me. Non lo augurerei a nessuno, nemmeno al mio peggior nemico. È come stare in una fossa scavata troppo a fondo per riuscire a ritrovare la luce. Lì c'è solo il buio, l'oscurità più totale. Se non hai abbastanza forza, devi farti aiutare ad ogni costo. Nemmeno le persone a te più care riusciranno a tirarti fuori, bisogna adottare soluzioni più decise. I miei mi costrinsero ad incontrare una psicologa, non sapevano più che pesci prendere. Conto fino a dieci e mi faccio coraggio. Brennan ha i gomiti poggiati alla ringhiera rossa del balcone. Sta buttando fuori il fumo e in mano ha una sigaretta ridotta all'osso. La spegne sulla ringhiera e la lascia scivolare giù. «Non sapevo che fumassi, non ti ho mai visto prima d'ora con una sigaretta in mano.» constato avvertendolo della mia presenza. Tossisce un po' e si schiarisce la gola, forse alla ricerca di qualcosa da dire per giustificarsi. «É un brutto vizio che ho preso in terza superiore. Qui all'università me n'ero liberato, anche perchè in campo ero affaticato all'inizio. Purtroppo per via dello stress ho ripreso da qualche settimana, ma devo smettere.» confessa voltandomi le spalle. Non mi sembra sincero, ma io sono l'ultima persona che si può permettere di fargli la predica. Con un gesto noncurante della mano tralascio la questione. Mi siedo sul marmo freddo e lui mi imita. «Allora?» mi esorta inarcando un sopracciglio. «Allora cosa?» so di cosa sta parlando, ma prendo tempo. «Smettila di girarci intorno» mi rimprovera. «Perchè sei fuggita? Perchè mi hai tagliato fuori? Perché mi hai evitato per tutto questo tempo? Ho fatto qualcosa di sbagliato?» fa tutte queste domande senza alcuna interruzione e riprende fiato. Nei suoi occhi c'è dolore, ma anche tanta rabbia repressa. Evito di guardarlo negli occhi. «Non hai fatto niente di male tu, ho sbagliato io.» non rispondo al resto delle domande, perchè farebbe troppo male tirare fuori tutto e non sono pronta. «Cosa hai sbagliato? Dannazione parlami!» si altera nuovamente e contrae la mascella. Espira rumorosamente. «Se non ti fidi di me, cercherò in tutti modi di dimostrarti che puoi farlo. Ma non puoi continuare a scappare e a rintanarti in te stessa, ti fai del male e mi fai del male. Ho passato più di un mese senza quasi chiudere occhio. Continuavo a torturarmi perchè non riuscivo a trovare una spiegazione a tutto questo. Sono stufo di questo silenzio, non mi muoverò di qui e nemmeno tu lo farai fin quando non chiariremo tutto.» continua irremovibile. «Perchè io? Lì fuori ci sono una miriade di ragazze che farebbero persino la fila per essere tue amiche. Ma che dico? Tu non sei amico di nessuna ragazza, neanche loro vorrebbero esserti semplicemente amiche. Tu non sei per le vie di mezzo. Io sono solo la tua prossima barbie che poi butterai via. Non sei diverso, tutti hanno sempre fatto così con me.» sbotto, liberandomi in parte del peso che mi portavo dentro da settimane. È sbigottito, deluso e schifato dalle mie parole. Sembra quasi che io lo abbia appena preso a schiaffi. Si sistema in piedi per guardarmi negli occhi. Parlando, senza accorgermene, mi sono alzata in piedi. «Non me ne frega un cazzo delle altre. Pensi che altrimenti avrei perso così tanto tempo per starti appresso? Pensavo che ti importasse qualcosa di me, ma le tue parole fanno capire tutt'altro. Okay, è vero. Nessuna ragazza è stata mai mia amica, non nel modo in cui lo sei stata tu o forse hai finto. Non fa niente. Ho solo perso tempo a venire, tolgo il disturbo.» a passi svelti attraversa la stanza e con forza chiude la porta alle sue spalle. L'ho perso, di nuovo. Sono davvero un'idiota. Non doveva finire così. Non dovevo insultarlo, mi ero ripromessa di fargli capire che dovevamo mantenere le distanze e poi? Cazzo ora mi odierà di sicuro, non faccio che combinare casini. Quando crescerò? Non è un bugiardo, cercava solo di rimettere insieme i pezzi. Adesso però non aveva più importanza, niente aveva più importanza. Mi abbandono sul letto in posizione fetale e lascio che le lacrime bagnino indisturbate il cuscino.





Quando mi sveglio è sera, ho pianto fino allo sfinimento e poi mi sono lasciata cullare dal sonno. Abigail urla e batte i piedi per terra furiosa. «Stamattina ero all'entrata del dormitorio con Cole e Brennan è uscito piuttosto incazzato, non si è nemmeno fermato quando l'ho chiamato. Da un mese siete strani e terribilmente tristi entrambi. Mi nascondete qualcosa. Penso di avere il diritto di sapere cosa diavolo sta succedendo!» mi spinge giù dal letto. «So che hai ascoltato, non fingere di dormire.» Dolorante mi rimetto in piedi e mi massaggio il fondo schiena. «Puoi anche evitare di fare scenate assurde!» ribatto con voce flebile. Lancia un'occhiata al cuscino ancora bagnato. «Oddio!» salta spaventata. «Ti ha fatto del male? Giuro che lo ammazzo quello stronzo, non mi interessa che sia mio fratello» inizia a blaterare e perdo il filo del discorso. «Siediti e rilassati. Non mi ha sfiorata, puoi stare tranquilla. Non partire come sempre per la tangenziale.» la interrompo. Obbedisce sorridendo per il mio ultimo commento, ma si ricompone subito. «Okay forse ho tralasciato qualche dettaglio nel mio scorso racconto. Siccome so che non demorderai, ti dico tutto chiaro e tondo.» Prendo un grande respiro e continuo: «il giorno dopo il tuo compleanno la casa era deserta. Abbiamo scherzato un po' in salotto e poi ci siamo ritrovati in piscina. Io sono scappata vicino allo steccato di lato alla villa, lui mi ha inseguita e ha tentato di baciarmi. L'ho fermato in tempo e sono corsa via in preda al panico.» Abigail non sembra affatto turbata dal mio racconto. Anzi, se la ride sotto i baffi. «Mio fratello è davvero prevedibile! Sapevo che si sarebbe fatto avanti, chiunque lo sapeva. Ti ha sempre guardata in modo diverso dalle altre, anche quando eravate come cane e gatto.» rivela. «Perché sei fuggita via? Non dirmi che non hai mai baciato un ragazzo.» chiede dopo sgomenta. «No, no. Per carità. Semplicemente non volevo, insomma stavamo bene da amici.» mi giustifico e tengo per me il resto. «Okay, alla fine sono cose vostre. Ma oggi?» investiga ancora. «Oggi ho combinato un casino, come sempre d'altronde.»

«Cioè?» chiede togliendosi le scarpe e mettendosi comoda sul letto. «Diciamo che ho dato di matto, insultandolo un po'. Abbiamo litigato e se ne è andato furente.» spiego in sintesi lo scontro con il fratello.

«Se ti può consolare anche io e Cole abbiamo discusso. Insisteva affinchè etichettassimo ufficialmente il nostro rapporto. L'ho piantato e gli ho detto che avevo bisogno di pensarci, mi sta mettendo troppa pressione.» sbuffa innervosita dalla situazione. Cole è il suo pseudo fidanzato. Il ragazzo biondo che frequenta dal giorno del suo compleanno. Lei non vuole ufficializzare la cosa perchè alle superiori le hanno sempre spezzato il cuore e non vuole rimanere fregata anche questa volta. Così lo definisce amico, anche se il loro rapporto va ben oltre un semplice rapporto di amicizia. Un po' come quello di Brennan e le sue innumerevoli "amiche". Eccolo che ritorna tra i miei pensieri. Dovrei smetterla di monopolizzare tutto intorno a lui. Appunto, dovrei.

«Prenditi il tuo tempo. Gelato terapeutico?» cerco di tirarle su il morale. Annuisce tristemente e prendo la vaschetta di gelato alla nocciola -il nostro preferito- dal piccolo frigo che si trova tra le due scrivanie. Affoghiamo i nostri dispiaceri mangiando, come abbiamo fatto più volte durante questo interminabile mese.

L'oceano per dimenticareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora