CAPITOLO 7

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È lunedì e il nostro ozio totale è purtroppo giunto al termine. Dovrei essere triste per questo, ma proprio non ci riesco. Più che altro sono ansiosa e non vedo l'ora di capirne un po' di più sul sistema d'istruzione degli americani. Tra un'ora all'incirca lo scoprirò al corso di base di scrittura. Sono decisamente trepidante. Tutto il contrario è Abigail che si sta trattenendo dallo scoppiare a piangere per l'estate ormai volata via.
«Io l'avevo detto a mamma e papà che non ci volevo venire all'università. No, bugia. L'ho voluto io però è così brutto doversi alzare presto la mattina. Secondo me è illegale. E se facessimo una petizione contro le levatacce? Dici che qualcuno aderirebbe?» piagnucola come una bambina e parla a sproposito. Mi implora e fa gli occhietti dolci, non pensavo facesse sul serio. Tiro un sospiro di sollievo perchè sembra essersi dimenticata di ieri sera e non fa domande sul mio finto malessere.
«No.» ribatto perentoria. Finge di offendersi, mette su un bel muso e si gira dall'altro lato del letto, dandomi le spalle.
«Comunque, nel frattempo che ti decidi a crescere, vado in bagno.» annuncio chiudendo la porta del piccolo bagno.
«Si, si. Va' pure.» mi risponde con la voce strozzata per via del cuscino sotto il quale si è nascosta. Quella ragazza è un enigma, un concentrato di maturità ed infantilità allo stesso tempo. È forse possibile?
Poco dopo io e la mia amica ci stiamo salutando all'entrata del Dorothy F. Schimdt Center, l'edificio di arti umanistiche. Io mi avvio al corso di base di scrittura, mentre lei a quello di filosofia. Purtroppo non frequentiamo nessun corso insieme, poiché lei studia per laurearsi in filosofia ed io studio per laurearmi in inglese. Ho scelto questa materia principalmente per i corsi di scrittura creativa, la mia passione oltre alla fotografia. Ricordo che al mio decimo compleanno Gianluca mi regalò un quaderno rosa, a righe e con gli anelli. Non era chissà che regalo, ma ci tenevo davvero tantissimo, lo portavo ovunque andassi. Grazie a quel quaderno iniziai a scrivere. Inizialmente erano solo scarabocchi ma col passare del tempo divennero pensieri, pagine di diario, racconti... insomma qualsiasi cosa mi passasse per la testa. Mia madre un giorno, mentre faceva ordine nella mia stanza, lo trovò e lo lesse a mia insaputa. Al mio rientro a casa da scuola mi disse che aveva dato un'occhiata a quelle pagine scritte così, senza pensarci troppo e mi iscrisse ad un corso di scrittura creativa e di lettura. Era realmente stupita dalla mia creatività. Al principio ero un po' innervosita dal suo aver sbirciato tra le mie cose, ma quel corso aiutò il mio talento ad emergere. Mi risveglio dai miei ricordi e torno al presente. Ovviamente non so se scrivere in inglese mi riuscirà così bene come in italiano, però è un modo per arricchire e sviluppare le mie idee. Quando entro in classe mi accorgo che la professoressa non è ancora arrivata e quei pochi alunni presenti sono intenti a chiacchierare tra loro, a leggere o a smanettare con il cellulare. Sorpasso le prime file di banchi e mi dirigo all'ultima fila. C'è un banco libero vicino ad una ragazza. Mi avvicino e le chiedo se posso sedermi. Ha capelli ed occhi castani ed è vestita in modo trasandato. Non sembra molto contenta della mia richiesta.
«Non è mica mio il banco, vedi per caso scritto un nome sopra?» risponde in modo antipatico. Conto fino a dieci e mi siedo, cercando di rimanere indifferente a una tale maleducazione. La professoressa varca la porta e il chiacchiericcio si dissolve. Si presenta: «Buongiorno ragazzi. Come già saprete sono la vostra docente di scrittura di base e vi accompagnerò nel corso di questo anno accademico. Sappiate che non adoro molto perdere tempo, pertanto nel corso di questa nostra prima lezione vi introdurrò il programma del primo semestre e la prossima volta che ci vedremo inizieremo. Tutto chiaro?» Il resto dell'ora trascorre tranquillo e la docente sembra anche piuttosto disponibile e competente. All'ora di pranzo ho terminato tutti i corsi della giornata. Chiamo Abigail e mi risponde al primo squillo.
«Anche tu hai terminato i corsi?» mi chiede.
«Si, stavo giusto andando a mensa. Ti va di accompagnarmi?»
«Certo, incontriamoci fuori all'edificio di arti umanistiche.»
«Perfetto, a tra poco.» Ci incontriamo ed insieme ci spostiamo al Marketplace, l'edificio della mensa. Durante il tragitto ci raccontiamo le nostre impressioni. Mi dice anche che durante la lezione un ragazzo biondo e con gli occhi azzurri le scoccava qualche occhiata sorridendo. «È lui il mio principe azzurro, ne sono sicura.» sostiene inoltre con espressione trasognante. A mensa troviamo Brennan che ci invita a sederci con lui. Mi cinge la vita con il braccio sinistro e mi saluta sorridendo. Alla vista delle sue adorabili fossette il mio cuore salta un battito, ho sempre avuto un debole per i ragazzi con le fossette. Però questa volta non può essere così, perché io e Brennan ci stiamo davvero impegnando per essere amici. E poi lui non è il mio tipo e, molto probabilmente, io non sono il suo. Quindi è qualcosa che non potrebbe mai esistere.
«Ci sono anche io.» mette il broncio la sorella. Brennan la attira a sé e cinge anche lei per la vita. «Così morirei felice!» esclama raggiante. Camryn ci passa accanto e osserva prima disgustata il braccio di Brennan che mi sta stringendo e poi gli lancia un'occhiata assassina. Lui fa finta di niente e continua a sorridere. Dentro di me esplode una festa, ma cerco comunque di rimanere impassibile. Devo smetterla con queste emozioni, è finito il tempo a disposizione per fare la ragazzina con gli ormoni a mille. Critico Abigail per il suo essere infantile, ma anche io non sono da meno. Sprofondiamo sulle sedie in legno e poggiamo i nostri zaini sul tavolo.
«Vado io al bancone ad ordinare, però dovete dirmi cosa prendete.» si propone Brennan. C'è una fila pazzesca per fare lo scontrino ed il caos nella sala è incredibile. Sono contenta che Brennan abbia avuto quest'idea, almeno non dovrò aspettare secoli.
«Menù del giorno!» esclamiamo all'unisono io ed Abby.
«Sarà fatto.» annuisce lui e si allontana in direzione della fila. Il menù del giorno prevede pizza con patatine, coca cola ed acqua. Devo dire che qui mangiano in modo molto salutare! Nell'attesa che Brennan ritorni con il pranzo chiamo papà su skype. Entusiasta accetta la mia chiamata. È appollaiato sul divano ed indossa la sua polo blu preferita. In grembo ha il Corriere dello Sport, non cambierà mai. «Piccola mia!» esordisce.
«Ciao papino, come stai?» gli chiedo vogliosa di sapere come vanno lì le cose.
«Non posso lamentarmi. Oggi pomeriggio allenerò una squadra under 13 maschile. Se faccio una buona impressione sulla società gli seguirò per tutta la stagione. Tu che mi racconti?» sembra piuttosto felice.
«Che bello, sono contenta per te. Ora sono a mensa con un paio di amici. È stato il primo giorno di lezione e mi piace davvero tanto il loro modo di approcciarsi alla cultura, è completamente diverso dal nostro.» Abigail mi osserva confusa perchè non riesce a capire una sola parola. La inquadro ed imbarazzata saluta mio padre con un cenno della mano, il quale ricambia sorridendo. Scorgo Brennan che sta tornando con i vassoi e congedo mio padre: «è arrivato il pranzo. Ciao papà, ti richiamo presto.»
«D'accordo, comportati bene. Un abbraccio, Bea.» chiudiamo la chiamata e prendo il mio vassoio.
«Brennan non sai cosa ti sei perso.» gli dice divertita la mia amica. Il ragazzo poggia il suo pranzo sul tavolo e si siede.
«Cosa?» domanda curioso.
«Bea stava parlando al telefono con il padre in italiano, non riuscivo a capire nulla. È davvero strana la loro lingua.» si spiega lei. Lui annuisce e mi chiede di dirgli qualcosa in italiano. Provo ad insegnare ad entrambi le cose basilari. Mentre loro cercano di riprodurre il mio accento, io mi sbellico dalle risate. Cinque minuti dopo ci rinunciano, dicendo che è una lingua troppo difficile. Mio malgrado non posso obiettare, paragonata alla loro lingua presenta strutture grammaticali molto complesse.
Fino al venerdì la routine prende il sopravvento su di noi. A differenza della settimana precedente abbiamo poco tempo per incontrarci ed organizzare qualcosa da fare insieme. I nostri orari non combaciano sempre, infatti martedì e giovedì pranzo da sola. La sera siamo tutti distrutti dalle giornate trascorse all'università. Io ed Abigail passiamo il nostro tempo “libero” a rileggere gli appunti presi in classe, mentre Brennan, Trent e Luke sono impegnati con gli allenamenti di calcio. E questo è solo l'inizio, non oso immaginare cosa succederà in prossimità degli esami di fine semestre.







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