L'acqua bollente scorre sul mio corpo e per un po' mette a tacere ogni mio pensiero. Rimango sotto il getto d'acqua fino a quando la pelle non inizia a bruciarmi per il calore. Sposto la tendina e mi stringo nel mio accappatoio di cotone arancione. Domani partiremo alla volta di Miami. Abigail ha insistito affinchè ci andassimo io e Brennan con lei, nonostante le circostanze non siano molto favorevoli. Verrà anche Cole. Ieri si sono chiariti e Abigail ha finalmente accettato la proposta del ragazzo. Sembra uno in gamba, frequenta con lei qualche corso da quanto mi ha riferito. È riuscito a trovare un biglietto per il parterre e seguirà il concerto con noi. Abby è veramente felice e mi fa piacere che stia bene. Ho deciso che affronterò Brennan. Se me lo permetterà ancora, saremo amici. Lascerò che le cose seguano il loro corso, ogni tanto bisogna buttarsi, rischiare. Asciugo i capelli e passo velocemente la piastra. Indosso un leggings nero, la felpa rossa dell'università e le all-stars bianche. Il tocco finale sono i miei Ray-Ban tondi e dorati in perfetto stile hippie. Stacco il telefono dal caricatore e lo infilo nella tasca della felpa. Uscendo dal dormitorio trovo una bicicletta abbandonata, di quelle messe a disposizione per gli studenti, la inforco e mi avvio verso Sanctuary Ln. Il sole sta tramontando e le temperature iniziano a scendere. Ad accogliermi è Trent che mi abbraccia calorosamente. Ricambio la stretta e faccio per parlare, ma lui mi precede: «non c'è. È uscito, mi pare che sia andato in spiaggia. Buona fortuna.» strizza l'occhio e sorridente mi saluta. «Grazie Trent. Ci vediamo in giro.» Recupero la bicicletta appoggiata al muro. Supero lo Spanish River Park e lo trovo seduto vicino alla riva. Scaglia contro l'acqua dei poveri sassolini. Mi siedo vicino a lui e mi stringo le ginocchia al petto. Il vento mi sferza i capelli. In lontananza ci sono nuvole che annunciano pioggia. «Che ci fai qui?» domanda impassibile. I capelli sono curati e ha tagliato la barba. Però lui non è ancora tornato ad essere lo stesso di prima e la causa sono io, soltanto io. Mi odio per questo. Ho fatto soffrire entrambi e ora sono qui con la pretesa che le mie scuse bastino a curare il nostro cuore ferito. «Ti ho cercato a casa, ma non c'eri. Trent mi ha detto che forse eri qui. Ho bisogno di parlarti, hai cinque minuti?» chiedo con tono supplichevole.
«Mi stupisci sempre di più. Da quand'è che hai iniziato a parlare con la gente?» lui, al contrario, cerca accuratamente le parole per tagliarmi. Non mi guarda nemmeno in faccia, il suo sguardo è concentrato sull'acqua o forse è altrove. Incasso il colpo e le uniche parole che riesco a pronunciare sono: «mi dispiace.» la voce è rotta dal dolore. «Sei venuta fin qui per dire due semplici parole? Davvero? È il massimo che sai fare?» ride sprezzante.
«Ammetto di aver sbagliato. Pensavo di proteggerti, la mia vita è un casino. Io sono un casino. In passato ho fatto cose di cui non vado fiera e vivo costantemente con la paura che possa accadere di nuovo. Non so come reagirei se dovesse succedere di nuovo qualcosa di brutto. Temo di rimanere scottata per l'ennesima volta e il terrore di non riuscirne a gestire le conseguenze mi spaventa.» si volta a guardarmi mentre parlo. Non so dove io abbia trovato il coraggio di rivelargli qualcosa di così importante. Ma è come se mi fossi tolta un peso, sto decisamente meglio. «Mi dispiace di aver combinato questo disastro. Mi manca la nostra amicizia, mi mancano persino i nostri stupidi litigi.» Mi sfugge una lacrima e lui mi accarezza la guancia, asciugandola. Si ravvia i capelli e mi rassicura disegnando piccoli cerchi con il pollice sul palmo della mia mano. «Sai, tutti abbiamo i nostri segreti. Alcuni fanno male e altri di meno. Vedi questa» alza la maglietta bordeaux e scopre l'addome. Indica una cicatrice rossa che gli attraversa diagonalmente la pancia. «mi ricorderà sempre il passato, è ciò che siamo adesso. In parte la detesto e in parte cerco di abituarmi alla sua presenza. Forse a mare non la notasti perchè l'abbronzatura bene o male la copre, solo da vicino si nota.» si perde tra i suoi pensieri. «Come te la sei procurata?» sapevo che anche lui aveva sofferto negli anni precedenti, l'avevo capito. Volevo conoscere la motivazione che l'aveva portato ad assumere quell'aria da duro con tutti. «è una storia lunga. Facciamo un passo per volta, d'accordo? Insieme però, non ha senso scappare. I problemi saranno sempre lì ad aspettarti.» il suo tono ora è dolce, comprensivo e speranzoso. Nonostante per me sia difficile, annuisco. Ho paura che quando scoprirà tutto, mi abbandonerà, sarà spaventato e non vorrà più avere a che fare con me. Ma ora non voglio preoccuparmi di questo, lo affronterò quando sarà arrivato il momento. Mi prende per le mani e mi tira su. Saltello un po' per scrollare la sabbia dai miei vestiti e lui sogghigna. Eccole le fossette che mi erano tanto mancate. «Quella è tua?» indica con la mano la bicicletta gialla che giace inerte pochi metri più in là sulla sabbia. «Diciamo che l'ho presa in prestito.» poggio gli occhiali sulla testa perchè ormai il sole ha lasciato il posto alle stelle. «Perfetto. Andiamo a fare i bagagli.» corre verso la bici e l'agguanta. «Non avrai mica intenzione di lasciarmi qui, vero?» chiedo imbronciata vedendo che si è appropriato della "mia" bicicletta. «No, oggi ti risparmierò. Mi fai troppa pena, hai la faccia da cucciolo abbandonato.» continua a sorridere, godendo della mia espressione offesa. Alzo gli occhi al cielo e, sospirando, mi vado a posizionare sul portapacchi. Passiamo prima da casa sua e lui infila a casaccio qualche vestito nello zaino per il fine settimana. Poi ci dirigiamo alla residenza degli studenti, sbandando un po' tra le strade deserte di un normale giovedì sera. Boca era così bella al chiaro di luna. Sembrava quasi un villaggio turistico, era sempre colma di stranieri. Qualche volta mi era capitato persino di parlare con degli italiani. «Ahia!» esclamo scendendo dal portapacchi «penso di avere le chiappe a righe.» continuo massaggiandomele. «Se vuoi posso verificare io, così stai più tranquilla. Ci tengo alla tua salute.» sostiene provocante, lasciando la bicicletta nella rastrelliera difronte all'entrata. «Certo, è proprio alla mia salute che tieni. Inventati bugie migliori Cooper.» replico piccata, inarcando un sopracciglio. «Ci sto lavorando. Questione di tempo e cadrai ai miei piedi.» risponde sicuro di sé e del suo fascino. Brennan è un bel ragazzo e il problema è proprio che lo sa, il classico belloccio presuntuoso. Forse mi sto già innamorando di te, penso tra me e me. «Sogna, sogna.» gli dico invece. Mi stringe a sé, posando un braccio dietro il mio collo. Ci addentriamo nell'edificio. «Cooper! Quest'anno le tue visite al dormitorio femminile sono nettamente diminuite. Almeno non rischio di perdere il posto di lavoro!» esclama ridacchiando sotto i baffi un uomo grassoccio. È il custode notturno. Dev'essere all'incirca sulla sessantina, ha gli occhi scuri incavati ed i capelli bianchi. «Ehi Joe!» lo abbraccia Brennan, dandogli affettuose pacche sulle spalle. «Diciamo che ho altri interessi quest'anno.» guarda nella mia direzione e distolgo lo sguardo, imbarazzata dalla loro conversazione. «Tutti mettiamo prima o poi la testa a posto. Congratulazioni figliolo, è davvero una bella ragazza.» sento dire Joe. Dio! Se avessi una pala mi scaverei subito la fossa. Brennan non smentisce niente e si affretta a dire: «A presto amico. Stammi bene.» gli porge la mano per salutarlo. Lo aspetto nell'ascensore e quando arriva affermo: «sei davvero un cretino.» mi copro il volto con le mani. «Mi aspettavo più entusiasmo. Potresti almeno ringraziarmi.» ribatte divertito dalla mia reazione esagerata. «Per cosa? Per aver detto che siamo fidanzati quando non è assolutamente vero?» mi innervosisco uscendo rapidamente dall'ascensore e avviandomi a passo svelto alla stanza 25. «Tesoro, sono più che sicuro che nel profondo del tuo cuore vorresti essere la mia ragazza. Solo che non lo sai, è questione di tempo. Te l'ho già detto prima.» dice alle mie spalle. Per un attimo mi immagino io e lui come fidanzati. Al quel pensiero il mio cuore prende a battere velocemente, temo che anche lui riesca a sentirlo. Le mie mani tremano e non riesco ad infilare la chiave nella toppa. Mi prende il viso tra le mani «ti senti bene?» si informa corrucciato. Annuisco e riesco ad aprire finalmente la porta. Ci poggia lo zaino vicino e si butta sul mio letto. «Che dici, le ordiniamo due pizze?» chiedo sentendo il mio stomaco brontolare. «Muoio di fame, quindi si.» si solleva sui gomiti e accetta la mia proposta. Si mette in piedi ed estrae il cellulare dalla tasca posteriore dei suoi logori jeans scuri. Parla per qualche minuto con la pizzeria e chiede una consegna a domicilio, lasciandogli inoltre il recapito telefonico per contattarlo non appena sarebbero arrivate le pizze. «Mi fai vedere le foto che hai scattato al compleanno di Abby?» domanda osservando la reflex posata sulla scrivania. «Certo.» gli spiego un po' come maneggiare la fotocamera e mi segue attentamente in ogni mia mossa. Lo guardo mentre scorre assorto le fotografie, sorridendo di tanto in tanto. All'improvviso strabuzza gli occhi «perchè ci sono delle foto che mi ritraggono mentre dormo?» alza gli occhi dal display e mi fissa interrogativo, grattandosi la nuca. Beccata! Dannazione ed ora cosa mi invento? «Eri così sereno che non ho potuto resistere. Mi piace osservare le persone. È bello coglierle in momenti in cui sono spontanee.» mi arrampico sugli specchi. Era l'unica scusa che potevo usare e lui sembra crederci. La suoneria del suo telefono ci salva entrambi. Risponde e si infila le sneakers nere. «Sono arrivate le pizze, scendo un attimo.» mi dice schizzando oltre la porta. Nell'attesa che risalga tiro fuori dall'armadio il trolley e metto dentro robe sufficienti per sopravvivere una settimana. Preferisco sempre abbondare, in modo da avere vasta scelta. Rientrando Brennan esclama: «ti hanno detto che stiamo via solo tre giorni appena? Che cosa ci hai messo? Tutti i tuoi vestiti?» ridacchia e lascia i cartoni di pizza fumanti sul letto. «Diciamo che preferisco avere a disposizione più capi, a seconda dell'occasione.» mi giustifico a disagio per le sue mille domande. Dopo metà pizza posso definirmi sazia. Invece Brennan è un pozzo senza fondo, mangia la sua e metà della mia. «Come fai ad essere così in forma se mangi di tutto?» chiedo curiosa, non riesco davvero a capacitarmi della cosa. «Il trucco sta nell'allenarsi sempre. Ogni mattina, tranne il sabato e la domenica, mi alzo presto e vado a correre prima di venire all'università. È un modo anche per svuotare la mente. Poi, ovviamente, il pomeriggio mi alleno anche con la squadra.» mi rivela alzandosi per buttare i piatti di carta nel cestino. «Dalla settimana prossima mi allenerò anch'io. Forse prima di Natale riesco anche a giocare in campionato, presto rispetto alle previsioni. Sono su di giri, non metto piede sul campo da gennaio scorso.» racconto entusiasta. È il primo a saperlo, fino ad ora ho preferito non dirlo a nessuno. Devo assolutamente avvisare anche i miei genitori. Mio padre sarà elettrizzato al solo pensiero. Quando giocavamo io e Gianluca era l'uomo più felice del mondo. «Ma è fantastico! Voglio venire a vederti!» dichiara abbracciandomi con trasporto. «Chiamo Abigail. Magari ha voglia di stare un po' con noi. Oggi non si è fatta proprio vedere in giro, sono un po' preoccupata.» dico sciogliendomi dall'abbraccio e componendo il suo numero. Metto in vivavoce il telefono e attendo fino al quinto squillo. «Sono con Cole, mi hai colta nel momento sbagliato. Ci sentiamo dopo.» risponde ansimando ed infastidita. Riattacca e non mi dà nemmeno il tempo di ribattere. «Faccio finta di non aver sentito che è meglio.» dice Brennan a disagio. «Si, decisamente.» convengo io ridendo sotto i baffi. Lui si mette comodo sul letto e io mi accoccolo vicino. Mi cinge con un braccio e mi stampa un bacio sulla testa. Il suo profumo invade le mie narici, è così buono che potrebbe stordirmi. Si allunga sul comodino e afferra il telecomando. Fa un po' di zapping e lascia ad un canale dove stanno trasmettendo un documentario di architettura, la materia in cui si laureerà tra due anni. «Perchè hai scelto di frequentare architettura?» investigo curiosa. «Da piccolo avevo la passione per le costruzioni lego. Compravo tutti i modelli e leggevo riviste intere sulla costruzione degli edifici. Mi è sempre piaciuto, così quando è arrivato il momento di decidere cosa studiare, io avevo già le idee chiare. Mia mamma silenziosamente mi malediceva perchè pulire quegli affari è un'impresa, però è fiera di me. Inoltre mio padre è un designer, quindi più o meno siamo lì.» mi racconta perdendosi tra i ricordi e continuando a guardare il programma. «E tua mamma di cosa si occupa?» chiedo dopo.
«È una giornalista, lavora per il giornale del Texas.» risponde orgoglioso.
«Allora penso che andremmo molto d'accordo io e lei.»
Le palpebre faticano a restare aperte e mi addormento tra le sue braccia.
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L'oceano per dimenticare
RomanceBeatrice Manti è una ragazza di diciannove anni in fuga dal suo passato, pronta a lasciarsi tutto alle spalle. Per questo ha scelto di frequentare l'università in Florida, per costruirsi un futuro che nella sua città non avrebbe potuto avere. L'ulti...