Capitolo 7- InfeRno

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Continuai a correre, senza una meta precisa, volevo solo andare il più lontano possibile.
Tirava un vento fortissimo che scompigliava i miei lunghi capelli.
Faceva freddo. In effetti eravamo in pieno Ottobre.
Mi misi la felpa azzurra, anche quest'ultima lunghissima fino ad arrivarmi alla coscia.
Uniti poi ai pantaloncini corti e alle calze rigate, non era per niente un outfit invernale.
Mi guardai intorno:non c'era una via d'uscita.
Gli alberi avevano ancora tutte le foglie giallastre e in lontananza si potevano vedere delle colline.
Mi ricordai quando giocavo con Luka a rincorrerci per i prati verdi del giardino di nostra nonna, dove passavamo spesso l'inverno.
Ultimamente non vedevo più i miei parenti, compresi i miei genitori.
Era tutto cambiato, e nulla sarebbe tornato come prima.
Feci altri passi fino a trovarmi davanti alle mura che mi separavano dalle altre squadre.
Picchiettai con il dito sul muro. Non era molto resistente e nemmeno molto alto: si poteva abbattere facilmente.
Mi sedetti contro di esso con lo sguardo rivolto verso il cielo.
Tutto. È cambiato tutto.
Sentii alcuni rumori vicino a me. Mi alzai, seguendo il suono: sembravano dei passi.Dei piccoli, ma agili passi.
Sentii qualcosa mancare da terra. Come una buca.
Mi piegai e vidi un piccolo spazietto tra le mura, fin troppo piccolo. Probabilmente nessuno sarebbe potuto...
Sorrisi. Nessuno a parte me.
A volte essere minuti non è poi così male...
Mi abbassai, provando ad entrare.
Perfetto. Entravo alla perfezione. Ora basta spingermi un po' più in là ed è fatta...

-Taiga!- Rabbrividii: era la voce di Sena.
Di scatto mi alzai, pulendomi la felpa.
-Taiga, ma ... -
Non mi girai. Mi ha vista...?
-Mi dispiace.-
Tirai un sospiro di sollievo. Grazie al cielo non mi ha vista.

Tornammo all'abitazione, abbastanza lontana da dove ero arrivata.
I miei pensieri erano incentrati su quello spazietto tra le mura.
Chissà cosa significa...
Intanto Sena continuava a parlarmi, sul fatto che Billie non diceva sul serio e che erano tutti preoccupati per me.
Tante parole per nulla. Non ero interessata. Non più.
Il mio obbiettivo era vincere, indipendentemente dagli altri. Potevano fare della loro vita quello che volevano, anche suicidarsi volendo, ma io avrei vinto. Ad ogni costo.
Non c'è altra possibilità.

Entrai nella casa con gli occhi bassi. Non mi andava di sentire altre scuse.
-Ehm ... Taiga ... - Borbottò Billie abbastanza imbarazzato.
-Va tutto bene.- Accorciai io buttandomi sul letto.
Sena e Billie si scambiarono degli sguardi confusi. Mentre Maik e Mey non sembravano essere in casa.
-Ohi.- Dissi -Dove sono gli altri due?-
-Eccoci.- Rispose Mey toccandomi la spalla da dietro e sobbalzai per lo spavento. Guardai i suoi occhi scuri, neri come la pece, intravidi qualcosa, quel qualcosa che in pochi avrebbero percepito.
Che mi prende?
-Stai bene ora?- Domandò Mey sorridendo. Mi tranquillizzai.
-Sì.- Dissi con un filo di voce.
Dietro la ragazza dai capelli corvini, apparve Maik con i suoi occhialoni.
- T... Taiga... posso parlarti?-
-Mh? - Mi voltai verso di lui -Che succede?-
-V... vieni.- Disse indicandomi lo stanzino buio, vicino ai letti.
-Ma qui è dove sono le armi, perché mi ci hai portata?- Borbottai, incrociando le braccia.
-Osserva attentamente questa scritta.-
Sul muro si trovavano vari graffi, come quelli della Fabbrica d'Armi.
Sfiorai di nuovo le scritte con il dito. Mi dava l'impressione di essere una spada...
-Segui questi graffi.- Disse Maik, poggiando il dito sopra uno di essi.
Poi lo spostò, seguendo la scia, arrivando ad un punto preciso.
C'erano disegnate delle lettere sparse.
-Allora... - Lessi le lettere cercando di tenerle a memoria - Un'anagramma.-
-Esatto- Rispose Maik -Ed ecco cosa esce risolvendolo.-
Mi mostrò un fogliettino di carta piegato.
In ... Inferno?
Mi buttai a terra, stupefatta.
Se la stessa scritta vista alla Fabbrica poteva essere un caso, con questa di certo non lo era.
Era come se ... qualcuno volesse dirci qualcosa. Avvertirci di qualcosa.
-Che ti sembra?- Chiese Maik, sistemandosi gli occhiali -Io e Mey l'abbiamo notato oggi, ed è molto strano.-
-No... casualità.- Risposi.
-Ma come puoi dirlo?! Significa che qualcuno sta cercando di dirci...-
-Qualcuno? E chi? Magari mio fratello! Posso ricordarti una cosa? Sono tutti morti. E goditi questi ultimi giorni perché tra poco inizierà il vero Inferno.-
Mi alzai e mi diressi sul mio letto.
Non credevo nemmeno ad una parola di ciò che avevo detto: la situazione mi interessava alquanto. Ma io non ero qui per giocare alla "Caccia al Tesoro". Io ero qui per vincere. Non mi devono importare queste sciocchezze.
Più che altro dovevo convincere me stessa.
Non deve importarmi, non deve importarmi, non deve...
Voce. Inferno. Scritte.Spada. Ribelli.Uscita ... Vittoria?
Non capivo se si trattasse di una specie di trappola oppure di un aiuto, come supponeva Maik.
Non ha alcun senso...
-Ragazzi, da domani incomiciano gli allenamenti, essendo il capo squadra voglio assicurarmi che siamo tutti pronti per combattere!- Ci informò Sena -Lavoreremo sodo, perciò impegnatevi!-
Tutti annuirono, compresa me.
Dovevo assolutamente imparare ad utilizzare quella cosa più grande di me per poter vincere.

La notte passò tranquilla, i ragazzi dormivano, ma io ero ancora sveglia
Non riuscivo a trovare una spiegazione logica a tutte quelle scritte. Avvertimento? Trappola? Aiuto? No, no e poi no.
Continuavo a non prendere sonno, perciò mi alzai ed uscii di casa, facendo attenzione a non svegliare nessuno.
Decisi di ritornare dove ero stata quel pomeriggio.
Dov'era la fessura?
La cercai, seguendo le orme dei miei stivali.
-Eccola!- Bisbigliai, piegandomi per entrare.
Mi accertai che non ci fosse nessuno dietro di me e poi mi spinsi più in dentro.
Mi guardai intorno. Non c'era nulla di particolare.
Mi sedetti contro un albero la vicino, cercando di mettere chiarezza su alcune cose, ma non mi tornava niente.
No ... no ... Non ha senso, no!
Ero talmente distratta dai miei pensieri, che non notai due occhi azzurri fissarmi.
Sentii dei passi dietro di me, mi alzai velocemente mettendomi in posizione di attacco, pur non avendo nulla con cui difendermi.
-Chi ... chi sei?- Borbottai.
Da dietro un cespuglio uscì un ragazzino minuto, sembrava un bambino di dieci anni per quanto lo era.
Ma soltanto quando abbassò il cappuccio della lunga felpa verde, lo riconobbi.
Spalancai gli occhi. Non è vero...
Riconobbi quegli occhi azzurrini vispi, quei capelli biondi spettinati e la sua piccola statura.
Entrambi eravamo stupefatti.

-L...Len?- Gemetti.

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