Capitolo 15 -Accettare La Realtà

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Quando seppi della morte di Luka non piansi.
Rimasi immobile, con gli occhi fissi nel vuoto, non dissi nulla, ma non piansi.
Mi chiusi nella mia camera e mi buttai sul letto.
Mi addormentai subito, come se non fosse successo nulla.
Come se lui fosse ancora lì con me.

Il giorno dopo, notando che mio fratello non veniva a darmi il buongiorno come sempre, mi alzai confusa e mi diressi verso la sua camera.
Ma non c'era nessuno.
Luka era morto, se ne era andato.
E io dovevo mettermelo in testa.
Ma non piansi nemmeno in quel momento.

Passarono giorni, settimane, mesi ma io continuavo a fingere che non fosse mai accaduto.
I miei genitori erano preoccupati per me, pensavano che stessi reagendo alla sua morte in modo strano.

Mi portarono anche in clinica qualche volta.
Forse lo psicologo avrebbe potuto aiutarmi, dicevano.
Ma non era così, perché non piansi lì.

Neanche al suo funerale.
Neanche quando i miei compagni di classe mi facevano le condoglianze.
Neanche quando lo tiravano fuori nei discorsi.

Perché ero consapevole che se avessi versato quelle lacrime sarebbe stato tutto vero.
Sarebbe diventato tutto reale.
Ma io non lo volevo accettare per questo non piansi mai.

Sapere adesso che anche Maik fosse morto per questi stupidi giochi non mi fece piangere, al contrario, mi fece salire la rabbia.
Era tutta colpa di Sena, non dovevamo metterci in gioco così, eravamo ancora bambini.
Ed era colpa anche di Billy e Mey che non erano in grado di medicare una ferita.
E forse era anche colpa mia per non esserci stata accanto più di tanto.
Per essermi preoccupata più della ragazza con i capelli rossi e di Ciel e Len, invece che di lui.

Osservai il letto di Maik vuoto, qualche ora fa era venuto quello strano macchinario robotico a prendere il suo corpo.
Mey aveva reagito malissimo, si mise ad urlare e a spingere con violenza il robot.
Diceva cose senza senso, terminando con un "ci rivedremo presto".

Probabilmente sapeva che se il ragazzo più intelligente del gruppo era morto anche noi avremmo fatto la stessa tragica fine.

Io non reagii. Non piansi, non l'avrei fatto. Ci tenevo a lui, ma mettermi a piangere significava... Accettare la realtà.

Mi alzai dal letto, controllando che nessuno si svegliasse.
Mi fermai a guardare i visi dei miei tre compagni oramai rimasti.
Avevano delle espressioni rilassate quando dormivano.
Chissà probabilmente stavano sognando di non essere mai arrivati in questo posto.
Oppure di stare con le proprie famiglie.

Presi le cuffie viola di Neko sotto il cuscino del letto e me le misi al collo.
Afferrai anche lo zainetto che avevo trovato nello scantinato.
Già, lo scantinato che mi aveva fatto scoprire Maik.

Maik era morto.
Maik... non è morto.

Infilai nello zaino la spada, anche se usciva di poco e la giacca.
Insomma tutto quello che avevo a disposizione.
Me ne volevo andare.
Dalla squadra.
Da questo posto.
Da tutto.

Non avevo intenzione nemmeno di scrivere nessun messaggio, non erano stupidi. Bastava fare due più due per capire la situazione.

Prima di uscire dalla casa, mi girai nuovamente verso di loro.
Dormivano tranquilli.
Vorrei tanto essere anche io così.

Sospirai e finalmente uscii da quella prigione.
Non era egosimo, volevo solo andare via. Estraniarmi da tutto questo.

Camminai per il sentiero dove avvenne la nostra prima battaglia.
Dove Len mi salvò e uccise un ragazzo.

Più in avanti, dietro i cespugli, c'erano dei grandi rovi.
Là ho ucciso una ragazza senza farmi scrupoli.
Là sono diventata un mostro.

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