Alec corse per le vie di Brooklyn fino ad arrivare all'Istituto. Calde lacrime colavano sulle sue guance, le labbra tremavano come le ginocchia.
Fece le grandi scalinate dell'entrata tutte d'un fiato e si diresse a passo spedito in camera sua, pensando di non essere visto.
Si sbagliava.
Jace e Isabel si scambiarono uno sguardo interrogativo e quando un urlò provenì dalla stanza di Alexander i due corsero. Jace bussò alla porta e attese una risposta.
"Alec sono io." disse dopo aver sbattuto le nocche sulla porta di legno massiccio.
"Vattene Jace" rispose l'altro duro, non voleva vedere nessuno.
"Alexander Gideon Lightwood, apri subito questa porta o giuro sull'angelo che la butto giù!" pronunciò una secondo voce: quella di sua sorella Isabel.
Un semplice clack fece muovere la porta, il viso del cacciatore era tutto fuori che felice, gli occhi erano rossi e gonfi con due occhiaie a contornarli, le guance rosse e il fiato corto.
La ragazza si fece strada ed entrò nella stanza che era un caos unico: vestiti in giro, una lampada rotta, le armi erano buttate in un angolo. La sorella di voltò verso il fratello e lo guardò in una maniera che Alec si sentì leggere l'anima.
"Alec, cosa diavolo è successo?" chiese la mora prendendo Alec per un braccio e facendolo sedere sul letto.
Lo shadowhunter sospirò e, tra una lacrime e l'altra racconto ai due ragazzi quello che era successo con Magnus.
"...e adesso che sapete tutto potete gentilmente uscire?"chiese alzando il viso e incrociando gli sguardi degli altri due, quello della sorella era un misto tra preoccupazione, tristezza, quello del parabatai era semplicemente shock, non riusciva e capire come il suo migliore amico e fratello sia stato capace di fare una cosa del genere. Poco dopo lo shock si sostituì alla rabbia e poi ancora alla tenerezza. Si inginocchiò davanti al moro e gli prese una mano.
"Ti prometto che troveremo chi ti ha fatto fare questo."giurò più a se stesso che all'altro ragazzo, si portò la mano a la bocca e ne baciò le nocche sanguinanti. Alexander lo guardava assorto, qual cosa era scattato in lui e sfilò rapido la mano dalla presa dell'altro che lo guardò stranito.
"NO!"urlò spaventando i ragazzi che arretrarono.
Per abitudine Jace mise la mano sul pugnale che aveva sulla coscia pronto per usarl, Alec lo vide e fece un sorriso amaro. Altre lacrime scivolarono ripercorrendo il tragitto di quelle prima.
"Fallo Jace, sono un mostro..." disse Alec avvicinandosi al fratello e prendendo per lui il pugnale. Gli strinse nelle nocche il manico e puntò la lama verso il suo petto.
MS-M