20 CAPITOLO (TIMOTHY)

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Dopo la colazione, tornammo ognuno a casa nostra.
Arrivato chiusi la porta e appoggiai le mie spalle al muro, chiusi gli occhi e sospirai, Kate era la più bella esperienza lavorativa della mia vita, ma nello stesso tempo mi distrusse il cuore.
Andai in bagno, mi sciacquai il volto e riempii la vasca.
Entrai al suo interno cercando di riscaldare i miei muscoli tesi con l'acqua bollente.
In mano tenevo il fascicolo, non so perché ma non riuscivo a separarmene quasi come se fosse incollato alla mia mano.
Lo aprii cercando di non bagnarlo e lessi un po'.
A quanto capii cercarono di resettarla.
Passó di reparto in reparto come una trottola e pensai subito che fu sicuramente perché non aveva una patologia e questo mi uccideva.
La mia testa era assillata da domande, perché rinchiudere in un manicomio una persona sana di mente? Perché far passare per pazza una ragazzina?  Più mi tormentavo e più non ci capivo nulla.
Mi alzai dalla vasca da bagno, misi una maglietta è un paio di boxer e andai a dormire.
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Quando mi risvegliai era ancora notte fonda, l'eccitazione per la notte seguente era troppo forte non riuscivo più ad essere lucido, quella storia mi aveva travolto.
Andai in cucina e mi preparai un caffè, mi sedetti in una sedia è l'unica cosa che feci fu aspettare.
La mattinata passò velocemente e verso le quattro di pomeriggio cominciai a prepararmi, Megan sarebbe arrivata alle quattro e mezza.
"Timothy, ci sei?", la voce di Megan risuonava dalla cucina, non ero sbalordito aveva le chiavi di casa mia e non aveva mai suonato alla porta.
Lei era l'unica che mi capiva davvero, la conobbi a sette anni a scuola, era una delle bimbe più belle che avessi mai visto, biondissima come una svedese e occhi blu come la notte, diventò subito la mia migliore amica e non pensai mai a lei come un ipotetica storia, riuscivo a vederla solo come la più dolce delle sorelle.
"Si, Megan sono in camera da letto" urlai.
"Come stai? Hai il viso stravolto, ti prego Timothy non farti assorbire completamente da questa storia, devi cercare di essere lucido, lo devi fare per la tua squadra" disse abbracciandomi.
Senza dire una parola ricambiai il suo gesto gentile e continuai a prepararmi per uscire di casa.
Dieci minuti dopo eravamo già per strada insieme al nostro gruppo, in cammino verso questa grande avventura.
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Arrivammo sfiniti la strada era davvero lunga e ormai anche familiare dato che era la stessa del manicomio.
Ad accoglierci ci furono solo altissimi alberi e un enorme cancello nero.
"E adesso come dobbiamo entrare? qui non c'è nessuno " disse uno dei miei ragazzi.
Risposi subito "non lo so" e scesi dalla macchina cercando un custode o qualcosa di simile.
Mi avvicinai al cancello e notai che accanto, in mezzo ai rampicanti c'era  un citofono.
Suonai sperando che funzionasse.
"Siii? Chi è?" , riconobbi subito quella voce, era la stessa donna con cui parlai al telefono, " s-si signora sono Timothy Emerson avevo un appuntamento per visitare la villa si ricorda?" risposi cercando di alzare un po' la voce, il citofono non era proprio di ultima generazione, "certo, certo signor Emerson, le mando subito qualcuno ad aprire il cancello, hihihi", si era proprio la stessa donna, la sua risatina stramba era inconfondibile.
Dopo pochi istanti arrivo un uomo tutto sporco di terra, evidentemente il giardiniere e ci aprì.
"Salve signori io sono Edoardo e sono il giardiniere della villa, scusate il mio aspetto ma stavo sistemando le aiuole" disse affannato e imbarazzato, " si figuri Edoardo"rispose sorridente Megan.
Lì era maestoso e ancora non si vedeva la villa, solo un sentiero circondato da alberi.
"Scusi Edoardo, come raggiungiamo la villa? qui ci sono solo alberi" sottolineai io, "proseguite sempre dritto con la macchina ,infondo troverete la villa".
Ringraziammo e cominciammo ad andare.
La strada era lunghissima, sembrava di non arrivare mai, quando finalmente ci trovammo davanti ad un immensa struttura.
Era maestosa, più che una villa sembrava un castello.
Fuori un enorme prato inglese donava un aspetto regale ed elegante, le aiuole stracolme di fiori colorati, donavano allegria e serenità, sembrava proprio che fossimo arrivati nel giardino dell'Eden.
Una grande cascata con sculture di pietra era  al centro dell' enorme giardino.
Dopo esserci soffermarmi ad ammirare quell'immenso spettacolo salimmo le scale in marmo lucido e scintillante ed entrammo.
Ci accolse una signora minuta e cicciottella con folti capelli rossi avvolti in uno chignon super tirato, e degli occhiali spessi che rendevano i suoi occhi piccolissimi.
"Hihihi, salve e benvenuti a villa Dubois, io sono Océane la vostra guida, vi racconterò tutto quello che vorrete sapere su questa splendida struttura e i suoi proprietari", enunciò con un grande sorriso.
"Finalmente" pensai, da ora in poi il puzzle da costruire sarebbe diventato più semplice.

BIOGRAFIA DI UN FANTASMADove le storie prendono vita. Scoprilo ora