9 CAPITOLO

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Fin ora avevo solo giocato con le loro vite ma adesso avrei fatto sul serio.
Aspettai la mattina seguente e raggiunsi i colleghi di Bryan nella sala relax adibita per gli infermieri e per il loro cambio turno, parlai per qualche minuto con Caterina,una nuova arrivata rabbrividita dal posto, successivamente mi sedetti accanto alla porta aspettando il rientro del dottor Smith.
Un ora dopo si presentò, era irriconoscibile, il suo corpo era provato,il suo viso era pallido e i suoi occhi cerchiati da un viola intenso.
Mi avvicinai a lui e appoggiai la mano sulla sua spalla " dottore tutto ok? Si sente poco bene?"gli chiesi cercando di controllare le risate, " Ciao Bryan, si sto bene ho solo un po' di emicrania tranquillo" rispose sottovoce, dopodiché uscì dalla stanza.
Quasi provai pena per lui, ma non per quello che gli avevo fatto ma per ciò che doveva ancora succedere.

Quel giorno decisi che Bryan doveva fare un po' di straordinari e iniziai la giornata da infermiere che in quell'istituto equivaleva a non fare nulla tutto il giorno ma nel frattempo non perdevo mai di vista Smith, ero la sua ombra,lo seguivo da per tutto.

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Le otto ore lavorative passarono velocemente e io insieme ai colleghi che non dovevano restare per la notte andammo via.
Naturalmente non sapevo come raggiungere l'abitazione dell'infermiere e quindi con furbizia mi feci accompagnare da un medico dell'Istituto che il ragazzo conosceva bene, fingendo un leggero malore.
Arrivai davanti all'appartamento, salutai e mi diressi alla porta.
Era un piccolo indipendente in periferia, il giardino era trascurato e la casa stava cadendo a pezzi, non riuscivo a percepirne neanche il colore, sembrava un azzurrino misto ad un bianco sporco.
Entrai e l'intero era peggio del fuori, il pavimento in legno era appiccicoso e i mobili tutti impolverati, ero quasi delusa, all'aspetto Bryan sembrava una persona molto curata.
Appoggiai il cappotto nell' attaccapanni e iniziai ad ispezionare un po'.
A destra subito dopo la porta d'ingresso c'era la cucina, bianca e piena di sportelli, un tavolo rotondo con sopra resti di cibo e un piccolo divanetto.
Davanti alla cucina c'era un'altra porta che dirigeva in salone, al suo interno un grande tappeto rosso e accanto un divano di pelle marrone, vicino ad esso un tavolino con sopra una lampada e una radio.
Uscii anche da quest'ultima e andai al piano di sopra dove si trovava la camera da letto.
Entrai nella stanza, al centro appoggiato al muro c'era un letto matrimoniale con lenzuola bianche stranamente candide dato la sporcizia in giro per casa, e un grosso armadio marrone.
Al piano di sopra si trovava anche il bagno, le mura erano piene di muffa e i sanitari bianchi e tutti sporchi, la vasca era diventata nera e piena di ruggine, a quella visone mi venne la nausea e stranamente anche nostalgia del manicomio.
Non riuscivo a capire come potesse  vivere in quel disastro, ma non ci pensai troppo, avevo cose ben più importanti da fare, dovevo trovare una corda per il mio piano.
Notai sopra il tetto una piccola entrata che portava in soffitta,aprii e una scala cadde ai miei piedi.
Sopra era buio pesto ma trovai subito quello che cercavo, successivamente scesi e felice andai a dormire, l'indomani dovevo finire ciò che avevo cominciato.

BIOGRAFIA DI UN FANTASMADove le storie prendono vita. Scoprilo ora