La stanza è completamente oscurata, tranne che per la candela che, come sempre, brucia lenta posata al centro del tavolino, nel mezzo della stanza.
È tutto perfetto, come ogni notte, ho curato ogni dettaglio. Le persiane sono abbassate, le luci spente, e il silenzio è assoluto.
Mi siedo a terra, schiena al muro, un ginocchio al petto e una gamba distesa, al mio fianco il pacchetto di sigarette, l'accendino, il posacenere. Tutto ciò che mi serve.
Serro le labbra attorno alla prima. Libero la fiamma, aspiro con forza. Il fumo bollente mi ustiona la gola. Lo trattengo proprio li, come un sorso di veleno, e poi lo lascio scivolare nei polmoni.
Trattengo sino a non poterne più, e poi lo lascio fuggire. È denso, assume il colore dell'unica luce nella stanza.Reclino il capo verso l'alto... Aspetto...
Passano lenti i minuti, uno dopo l'altro, si trasformano in ore. Scandisco il tempo fumando. Una sigaretta dopo l'altra.
Alla quindicesima, lo sento. Lui è qui.
Guardo oltre il tavolo, nel punto della stanza più lontano da me. Riconosco la sua sagoma, l'avrò vista qualche migliaio di volte. Credo sia sempre stato con me. Forse da quando ero un bambino.. Forse da quando sono nato..A prima vista, il mio strano visitatore può sembrare un uomo. Un uomo accovacciato nella penombra. Ma non è un uomo. La silhouette, è umana. Ma lui è poco più che un manichino. Non ha volto. Non ha vestiti. Non ha organi, muscoli, genitali, niente. Mi guarda, silenzioso, e mima le mie mosse, come fosse il mio riflesso nello specchio.
Ho avuto il terrore di questo "Doppelgänger" per anni. Ma un giorno ho provato ad avvicinarmi. E lui, come fosse stato davvero un semplice riflesso, si è avvicinato. E ci siamo toccati.
È questo ciò che faccio ogni notte, da tutta la vita. È questo ciò che mi aiuta a ricordare. È questo ciò che mi dona un'identità.
E questo è ciò che avvenne la prima notte
Avevo 15 anni. Ero un ragazzo normale, credo. Amavo leggere, ascoltare la musica, correre dietro alle ragazze, uscire. Insomma ero un ragazzo normale. Il mio nome era.. È... Gabriel. Si pronuncia "Ghebriel", all'inglese, ma nessuno, o quasi, l'ha mai fatto.
Quella notte avevo un po alzato il gomito. Nella mia stanza c'era lui, Come sempre. lo odiavo, Mi faceva paura.
Ma si sa che l'alcol accende il cuore e spegne il cervello, e proprio quella notte, decisi di avvicinarmi.
Avevo già notato che quella creatura imitava le mie mosse, ma mai avevo provato a toccarla. Fu più forte di me. Allungai una mano e afferrai la sua.Sentii qualcosa afferrarmi e trascinarmi nel buio. Mi sentii soffocare, sentii il freddo tutto intorno a me.
Mi risvegliai...
Ero su un'automobile. Legato a un seggiolino per auto, sul sedile posteriore. Davanti a me un uomo dai lunghi capelli neri, folti, e una donna con dei rossissimi ricci.Stavano discutendo, animatamente, mentre l'uomo guidava. Nell'abitacolo un forte odore di marijuana.
<avevi promesso di smetterla> urlava la donna, intanto lui farfugliava parole insensate.
Poi un lampo, un forte rumore di metallo accartocciato, e poi il buio.
STAI LEGGENDO
Shadow Of The Day
General Fiction"Io sono Gabriel. Ho perso la mia vita, e ne ho ricevuto una nuova. Adesso sto scappando. Scappo dal mio passato. Scappo dalla mia mente. Scappo da me stesso. Ma non posso sfuggire al mio destino. Nessun uomo può." Alla donna che ha fatto innamorare...