2. Live a life you will remember

282 23 15
                                    

Martina's POV


Entrai nel cortile della scuola stanca e svogliata. Avevo voglia di salire sul bus e di starci per tutta la giornata, o comunque volevo essere in qualunque posto fuorché quel maledetto cortile che ci ospitava nei pochi istanti prima del suono della campanella che avrebbe annunciato l'ingresso obbligatorio all'inferno.

Ma qualcosa, o meglio qualcuno, mi trattenne: vidi da lontano una ragazza che assomigliava terribilmente a quella che avevo incontrato il giorno prima in bus. Aveva gli stessi capelli, lo stesso sorriso che si poteva notare anche da distante e gli stessi movimenti. Era dannatamente identica.

Dopo alcuni istanti decisi che quella doveva essere la stessa ragazza della sera prima. Rimasi a guardarla, curiosa. Dopo alcuni minuti mi resi conto che quella non era una persona qualunque, ma Charlie: era la ragazza più popolare della scuola, quella che tutti vogliono avere come amica e che nessuno non poteva non notare. La osservai con un altro sguardo, con occhi che sapevano che anche lei indossava una maschera che cercava di farla apparire più forte agli altri ma che in realtà non era. Non sembrava particolarmente felice in mezzo a quel gruppo di ragazzi, nonostante continuasse a ridere e a scherzare con loro: c'era qualcosa di... di diverso dalla Charlie popolare che avevo visto per la prima volta qualche anno fa.

Non mi avvicinai e abbassai lo sguardo, non volevo farmi notare troppo, ma lei, non voglio sapere come, mi vide comunque. Alzò appena una mano in segno di saluto e io ricambiai per gentilezza con un cenno del mento. Da quel momento però continuava a guardarmi da lontano, il che era abbastanza imbarazzate: ogni volta che il suo sguardo si posava su di me, tutti i suoi amici si giravano a guardarmi e la cosa non mi piaceva affatto. Odio stare al centro dell'attenzione, non è proprio fatto per una ragazza riservata come me: il sabato sera, per esempio, invece di uscire per andare a feste dove sicuramente mi ritroverei a guardare con tristezza quegli sciocchi che si ubriacano tanto da dimenticarsi il proprio nome, preferisco chiudermi in camera con la musica a palla e un bel videogame.

La campanella suonò ed io, per la prima volta in diversi anni scolastici, tirai un sospiro di sollievo e mi fiondai in classe cercando di evitare la compagnia di Charlie per poi sedermi nel solito banco singolo in ultima fila a fianco alla finestra. Guardai le rare nuvole rincorrersi e sbuffai sonoramente: aveva inizio un'altra noiosissima mattinata scolastica.

***

Mi sedetti in una delle ultime file della linea 349, vuota come sempre, tenendo la fronte schiacciata contro il finestrino.

Non ero triste, ma non ero nemmeno felice. Ero vuota, priva di alcuna emozione.

Mi capitava spesso, negli ultimi giorni, di guardare fuori senza vedere o provare nulla. Vedevo gente camminare per strada con la testa abbassata su quel dannato telefono senza guardarsi attorno per notare la bellezza di un fiore spuntato in mezzo al marciapiede che, invece, veniva ignorato e duramente calpestato; vedevo delle coppiette felici tenersi per strada con gli occhi solo l'uno per l'altra e mi chiedevo quando sarei riuscita a trovare la persona giusta per me. Chissà chi sarebbe stato il mio principe azzurro, chissà se esisteva sul nostro pianeta o se per trovarlo avrei dovuto intraprendere viaggi interstellari come capitava in numerosi film di fantascienza. Mi diedi della sciocca: non ero in un libro o in un film, ero nella stupida e schifosissima vita reale.

Cambiai canzone e chiusi gli occhi lasciandomi trasportare dalle note del brano.

"He said: -One day you'll leave this world behind
So live a life you will remember.-
My father told me when I was just a child:
-These are the nights that never die...-"

Sorrisi ironicamente.

Bella vita che ricorderò: passata ad ascoltare musica su un fottutissimo autobus frequentato da persone per lo più problematiche che cercavano di fuggire il più a lungo possibile da quello che è questo schifo di mondo. Assolutamente fantastica.

Mi tolsi con rabbia le cuffiette dalle orecchie e sentii i vecchi freni del mezzo fischiare per poi fermarsi. Guardai il nuovo passeggero che stava salendo e, con stupore, vidi salire la riccia. Sorrisi felice, non so per quale motivo, e il pensiero di alzarmi per lasciarle il posto mi attraversò la mente. Fortunamente, prima di rischiare di fare una tale figuraccia, mi resi conto che, ovviamente, il bus era vuoto. Per la seconda volta nel giro di cinque minuti mi diedi della stupida e distolsi lo sguardo.

Il posto vicino a me si occupò.

Mi girai seccata a guardare la ragazza: -C'è un intero autobus vuoto e tu ti siedi proprio qui.

Lei alzò le spalle, senza ribattere.

-Guarda che è occupato.-dissi acida.

-E da chi?-chiese divertita.-Per caso da Ines, la tua ragazza?

Alzai gli occhi al cielo, conoscendo la battuta che mi stava per dire.

-Ines Istente magari?-la anticipai.-Ormai è vecchia e fuori moda, non credevo che una ragazza popolare come te potesse rimanere così indietro riguardo a tali argomenti.

-E cosa ne dovresti sapere tu di moda?

Charlie si alzò scocciata e si piazzò nel sedile di fronte al mio. Un istante dopo si girò a guardarmi: -Vedi di sfiorarmi un ricciolo e ti lancio fuori dalla finestra. Chiusa.

Ridacchiai appena: -Violenta la ragazza. Per carità, nemmeno se mi pagassero.

E detto questo mi infilai nuovamente le cuffiette alle orecchie. Lasciai che le note di "Paradise" mi rilassassero e chiusi gli occhi.

Dopo una decina di minuti alzai svogliata le palpebre e scrutai Charlie. Era ferma immobile nella mia stessa identica posizione che non sembrava volesse cambiare. Timidamente, alzai una mano e sfiorai una ciocca di capelli, per poi toccarla curiosa. Era rilassante, non potevo farne a meno. Dopo poco, la ragazza si girò a guardarmi per fulminarmi con lo sguardo e immediatamente ritrassi la mano.

Quando il bus si fermò al capolinea non avevo alcuna voglia di alzarmi per poi ripercorrere a piedi la strada che mi separava per raggiungere quel posto chiamato da tutti "casa". L'idea non era allettante, desideravo non doverci ritornare prima di almeno un paio di giorni, ma non potevo nemmeno dormire su una panchina come, dopotutto, farebbero i barboni. Dunque mi feci coraggio, mi alzai e scesi sul marciapiede.

-Per carità, nemmeno se mi pagassero!

Una specie di imitazione della sottoscritta, aggiungerei riuscita malissimo, raggiunse le mie orecchie e non potei fare a meno di girarmi per poi ritrovarmi faccia a faccia con Charlie.

-Comunque a scuola puoi anche parlarmi.-Disse.-Non mangio mica.

-Non amo stare al centro dell'attenzione.

Lei rise: -Io ci sono sempre.

-Io non sono te.

La ragazza mi guardò incuriosita. Ancora una volta cercai di leggerle negli occhi, ma erano ancora coperti da qualcosa di invisibile e invalicabili al mio sguardo. Desideravo capire cosa nascondesse, desideravo non essere come tutti gli altri ragazzi della nostra età che si soffermavano sulle cose superficiali dimenticando quelle che sono veramente importanti, desideravo cercare di darle una mano e di portarla di nuovo sulla sua strada, desideravo tenerla lontana da quello che stavo provando io e che non avrei mai augurato di provare nemmeno al mio peggior nemico.

"Look into my eyes
It's where my demons hide"

-Chi sei?

La sua domanda mi riscosse dai pensieri e mi riportò bruscamente alla realtà.

-Che cosa nascondi?-ribattei senza scompormi.

Rimanemmo in silenzio.

-Ci vediamo a scuola.-dissi dopo un po', stanca di dover aspettare una risposta che sapevo non sarebbe arrivata.

La superai con un passo deciso.

-E comunque,-dissi prima di andarmene,-Non lo so.



Ehm, sono già 1000 parole. Vabbé, succede. Volevo pubblicare ieri, ma non ho trovato il tempo per ricopiare il capitolo. Domani vado via e il mio telefono è rotto. Il computer da cui pubblico deve rimanere a casa, quindi proverò a pubblicare il prossimo capitolo mercoledì. Nel frattempo, godetevi queste poche vacanze rimaste. Ciaoooo

Linea 349 ~ KeMoon [In Revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora