6.

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Martina's POV

Guardai arrivare il bus in lontanaza tenendo le mani in tasca e giocherellando con il filo delle cuffiette che stavano sparando a tutto volume le note di Borderline. Era una canzone che mi piaceva particolarmente, non sapevo bene il perché, ma ogni volta che ne avevo l'occasione la ascoltavo. Forse la ascoltavo così spesso perché mi rispecchiavo nella ragazza attorno a cui era stata costruita la storia, o semplicemente perché ogni volta che la sentivo, il mio cuore prendeva a battere così forte che potevo riavere la certezza di essere viva.

Non appena il mezzo si fermò, salii e mi diressi al solito posto. Cercai con lo sguardo Charlie che era seduta qualche fila più avanti e cercai di farle capire che volevo rimanere sola, per la prima volta dopo tanto tempo. 

Era da tanto che non avevo l'occasione di pensare a me stessa e la cosa mi stupiva: quando dovevo scegliere se trovare del tempo per me o se andare a fare un giro con un'amica, sceglievo sempre la prima opzione, ma con Charlie era tutto diverso.

Fortunatamente la ragazza capì e non si alzò per mettersi al mio fianco ma rimase ferma a seguirmi con lo sguardo e non mosse un dito. Era strano, per me, essere riuscita finalmente a farmi capire da qualcuno senza dover parlare. Avevo provato spesso a far capire agli altri quello che volevo con un semplice sguardo, ma tutti quanti interpretavano nel modo sbagliato il mio volere creando solo casini o rischiando di farmi fare brutte figure.

Le sorrisi grata, felice di aver trovato qualcuno che ascoltasse i miei silenziosi desideri e che, soprattutto, li rispettasse. Charlie era veramente l'unica ragazza che riusciva a non reagire male ogni volta che mi comportavo in un modo scorretto o troppo precipitoso, mi arrabbiassi per stupidaggini, che rimanesse sempre al mio fianco nonostante non riuscissi a trasmettere nel modo corretto le mie emozioni che, anche se non sembra, posso provare anche io.

Quella ragazza aveva scoperto il lato umano di me e, semplicemente restando al mio fianco, era riuscita a portarlo a poco a poco a galla.

Quando raggiunsi il mio solito posto, mi abbandonai contro il finestrino lasciando che la musica mi riempisse la testa e mi distraesse dal resto del mondo. Chiusi gli occhi per non vedere il cielo, per non guardare le tristi case che si accumulavano decadenti lungo il ciglio delle strade, per non vedere i bambini camminare senza interessarsi al mondo che gli circondava, per non vedere una rassegnazione nei loro occhi che non dovrebbe appartenere a nessuno, nemmeno ad un anziano signore sul letto di morte.

Senza neanche rendermene conto, le prime lacrime avevano iniziato a scendere lungo le mie guancie. Non erano lacrime di tristezza, o almeno, non solo. Piangevo perché ero frustrata perché nessuno riusciva a capirmi veramente, perché mi mancava la mia infanzia, perché volevo tornare indietro nel tempo e prendere scelte differenti che magari avrebbero reso il mio mondo un posto migliore, perché ero arrabbiata con le persone che mi circondavano, perché non riuscivo a capire cosa mi stesse succedendo da quando avevo conosciuto Charlie, perché non riuscivo a comprendere come fosse possibile il fatto che proprio io sia riuscita ad incontrarla nel momento perfetto, perché proprio io meritassi di essere salvata e, nello stesso tempo, di salvarla un attimo prima che cadesse nelle oscurità più profonde dell'adolescenza rischiando così di rimanerci per sempre.

Dopo non so quanto tempo, un profumo che conoscevo troppo bene raggiunse le mie narici ed inspirai profondamente cercando di fare in modo di non dimenticarmi mai di esso. Ben presto il posto al mio fiano venne occupato e due mani che avrei potuto riconoscere fra mille anche ad occhi chiusi, mi tolsero le cuffiette dalle orecchie e, successivamente, una voce iniziò a parlare.

Non ricordo cosa mi disse, mi ricordo però che poco dopo le mie guancie erano state asciugate e le mie preoccupazioni cancellate. Ricordo anche che Charlie mi aveva stretta in un abbraccio che non avevo mai avuto prima e ricordo che con le sue dita disegnava cerchi immaginari sulla mia schiena coperta da una felpa rigorosamente nera.

Non nascondo di aver avuto i brividi come la prima volta, ma questa volta non mi feci domande. Non mi chiesi come fosse possibile che una ragazza conosciuta non troppo tempo prima mi facesse quell'effetto e non mi chiesi nemmeno come mai riusciva a farmi sentire così bene.

Quando finalmente mi ripresi, feci per liberarmi dalla sua stretta ma lei me lo impedì.

-Guarda che ora sto bene, non serve..-provai a dire.

-Allora io non sto bene e ho bisogno del tuo abbraccip, quindi taci che si stava così bene.-ribatté lei.

Sorrisi ma mi liberai comunque dalla stretta per poterla guardare meglio negli occhi.

-Non devi essere triste.-dissi.

Charlie rise:-Parla quella che ha appena finito di piangere!

Mi tirò un pugnetto scherzoso, ma io mi finsi ugualmente offesa.

-Eddai, non te la sarai presa sul serio.

Mi girai a guardare il conducente che stava girando a sinistra in una strada che non avevo mai notato prima, continunando però ad osservarla con la coda dell'occhio.

-Tu che ne dici?-chiesi.

La ragazza sembrò sollevata. Rimasi stupida dal fatto che mi avesse presa sul serio, ma ciò non poté fare altro che rendermi felice: aveva paura di perdermi. E io non l'avrei lasciata.

-Vieni qua, stupida.-dissi facendola sedere sulle mie gambe e abbracciandola da dietro come avevamo fatto la sera prima a casa mia mentre le stavo insegnando a giocare ad un nuovo videogioco.

-E stai tranquilla,-dissi-Non ti lascio sola.

Mi immaginai il suo sorriso sulle sue labbra, così allegro, così bello, così vero.



Scusate se il capitolo è così corto (perdonate anche eventuali, e probabilissimi, errori grammaticali o di battitura), ma c'è un problema in corso.

SONO IN CRISI.

Mi mancano solo 5 versioni di latino da fare (mi commuovo) MA DI GRECO NON RIESCO A FARE NULLA. Cioè, ci sono delle versioni che mi riescono nel giro di un'ora e mezza ed è una cosa ottima, poi ci sono quelle (tipo oggi) CHE DOPO SECOLI CHE CI SBATTO LA TESTA NON RIESCO A TRADURRE MEZZA FRASE. (in realtà per quella di oggi mi mancano due righe, ma vabbé)

Adesso vi scrivo l'ultima frase che ho tradotto dopo quasi tre ore di parolaccie lanciate contro l'autore del libro: "Dopo le fatiche, un bagno breve e tavola: infatti di nuovo dopo poco per il ragazzo ci sono i maestri e L'OPERA I MONUMENTI SEPOLCRALI DI COLORO CHE COMBATTONO."

MA IO DICO, CHE SENSO HA?!?!?!?!?!?!??!?

Seriamente, non so se ridere o piangere.

Ho chiesto anche mia mamma che, dopo aver letto la frase da tradurre ha riso per l'esasperazione; ho cercato su internet e non vi dico che robe ho trovato.

Io basita. E disperata.

PS: il mio drago si chiama Aiedail che nell'Antica Lingua significa "Stella del Mattino". Un nome bellissimo, fangirlo.

PPS: ieri, come vi avevo detto, sono stata a Trento ad incontrare dei nostri amici tedeschi che non vedavamo da secoli e mi hanno detto che, appena arrivano a casa, mi spediscono il loro iPhone 5 che avevano in più. QUINDI, se tutto va bene, entro sabato prossimo riavrò un telefono (temporaneo, perché poi avrò il 5s che mi spetta poiché sono ancora dentro ai due anni di garanzia). UNA GIOIA.

Linea 349 ~ KeMoon [In Revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora