La High School di Evanston

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James era seduto su una poltrona di pelle nera, nel suo appartamento privo di qualche affetto personale, il corpo fremeva dall'eccitazione e un sorriso sadico si stava aprendo sul suo viso.

Stava arrivando.

Finalmente aveva trovato il modo di uccidere uno dei suoi figli, quello che l'avrebbe portato alla rovina se rimasto in vita. Avrebbe potuto ucciderlo lui stesso, ma non sarebbe stato divertente perché lui è il suo rampollo non si vedevano da anni, non provavano affetto l'uno per l'altro. Si sarebbe divertito, invece, a vedere l'espressione di dolore che sarebbe comparsa sul volto di suo figlio se a rapirlo fosse stata una persona di cui si fidava ciecamente. Una risata fredda come il ghiaccio, senza un accenno di calore, ruppe il silenzio,: la sua risata. Pensava a come sarebbe stato soddisfacente vedere negli occhi del suo ragazzo il dolore del tradimento da parte di una persona che amava. L'amore poi... Che emozione inutile. Rendeva stupidi, manipolabili e facilmente ricattabili. Lui non si era mai innamorato, non gli era neanche mai piaciuto niente all'infuori del dolore altrui, sia fisico che emotivo. Ed era bravo nel saper provocare entrambi. Lui era un misto di tutte le creature a parte gli angeli, essere così deboli e ingenui, e gli stregoni. Era un licantropo, un vampiro e un demone, più forte e astuto di chiunque altro. Lui, l'essere immortale che nessuno sarebbe riuscito a uccidere.

Il rumore di una porta che si apriva interruppe il flusso dei suoi pensieri. Era arrivato colui che avrebbe tradito suo figlio. Scrutò meglio la figura comparsa e si convinse ancora di più che facesse al caso suo.

  -Desideravi vedermi?- gli chiese la persona davanti a lui, titubante.

  -Non darmi del "tu"- rispose freddamente James. Non sopportava quando le altre persone gli parlavano come se fossero suoi pari, come se la loro vita dovesse avere lo stesso rispetto che aveva lui.

  -Mi perdoni. Desiderava vedermi?-

  -Giá, ho bisogno del tuo aiuto. Una persona si dovrà fidare ciecamente di te. Dovrà innamorarsi di te. Quando succederà io ti darò il mio sangue. È un sacro privilegio che non ho mai concesso a nessuno. Diventerai più forte, più agile, più veloce di molte creature. Potrai sfruttare questo unico dono che ti correrà per sempre nelle vene come ti pare e piace. Sarà per sempre tuo- cominciò a spiegare l'uomo.

  -Perché ha scelto proprio me?- chiese ancora la persona, tenendo gli occhi bassi.

  -Forse perché fai al caso mio? Usalo il cervello, ce l'hai per un motivo-

  -La mia ricompensa sarà il suo sangue quindi?-

  -In parte. Principalmente avrai questo onore perché dovrai rapire quella persona. E non puoi farlo se non sei più forte del normale. Due piccioni con una fava.
Quando arriverà il momento di portare mio figlio da me, ti ricompenserò adeguatamente, ma prima che tutto ciò accada, non riceverai nulla da me. Per riuscire a rapirlo sarai scortata da un paio di miei alleati. Non riuscirà mai a scappare. Ma se lo facesse, sarà tua la colpa. Ti consiglio di fare in modo che non succeda, altrimenti...- disse James prendendo dalla maglietta colui che aveva davanti e sbattendolo al muro talmente forte da far uscire un gemito di dolore dalla sua bocca. Poi continuò:

  -Arriverai all'inferno prima del previsto-


La High School di Evanston era un accademia per tutte le creature soprannaturali, eccetto gli stregoni che ricevevano un istruzione diversa per imparare a controllare i propri poteri. Non era una scuola delle più tranquille, data la presenza anche dei demoni, ma era quella più prestigiosa e di cui si parlava meglio.

La scuola era costruita su diversi piani: al piano terra c'era la segreteria, la mensa, la cucina, gli spogliatoi, la palestra e i laboratori; al primo piano si trovavano le varie aule, molto simili tra loro; infine al secondo piano c'erano i dormitori maschili e femminili. La loro gestione era stata lasciata in mano agli studenti perché tutti i professori avevano rinunciato a cercare di mantenere un certo ordine nell'ala riservata agli alunni, i quali avevano decorato i corridoi, le pareti e le porte delle proprie camere con graffiti e disegni. Gli insegnanti preferivano non salire nei dormitori per tutto il caos che i ragazzi facevano. La maggior parte delle persone non andava mai a dormire prima delle due di notte per cui facevano sempre un gran baccano, tenendo svegli gli insegnanti. Loro avevano provato a zittirli ma le punizione che gli infliggevano sembravano non scalfire l'animo ribelle degli studenti. Avevano provato di tutto, anche ad aumentare i compiti e le verifiche, inserendo interrogazioni a sorpresa, senza ottenere risultati.

Una cosa era severamente vietata: i ragazzi non potevano sostare nelle camere delle ragazze -e viceversa- dopo le dieci di sera. Ogni notte i professori mettevano "di guardia" una persona diversa per controllare che nessuno entrasse in un dormitorio diverso dal proprio, ma non sapevano che molti ragazzi ignoravano questa regola e, mascherando il loro odore, riuscivano a entrare nelle diverse camere.

C'erano tre porte senza disegni che dovevano essere dipinte dai nuovi arrivati: due ragazze, Victoria e Alexa, e un ragazzo, Elyas.

Alexa si trovava nel cortile della sua nuova scuola. C'erano una mandria di studenti scocciati e assonnati che urtavano chiunque e sbraitavano. Lei stava ascoltando la musica con i suoi auricolari, da cui non si separava mai.

La musica l'aveva aiutata nel periodo in cui c'era costantemente vento e lei si sentiva cenere, polvere, così fragile da essere distrutta anche da un semplice e leggero soffio.

Non era agitata per il primo giorno, sapeva come sarebbero andate le cose: inpochi amici che avrebbe avuto sarebbero stati dei ragazzi. Non andava d'accordo con il genere femminile, o per lo meno, non più.

A un tratto si ricordò del lupo mannaro, Jonathan. Si sentiva in colpa per averlo lasciato da solo al Festival, ma dopo quello che era successo con Elyas non aveva avuto più tanta voglia di ballare. Le si contorse lo stomaco nel ricordare i due ragazzi che il vampiro aveva ucciso. Cercava di convincersi che non era stato lui a ucciderli perché era posseduto, ma non riusciva a non addossargli tutta la colpa.

Poi un pensiero attraversò la mente di Alexa: il ragazzo, Elyas, frequentava la sua stessa scuola? Sperava con tutto il cuore di non doverlo incontrare anche lì. Voleva stare lontano da quel ragazzo. Il più lontano possibile.

La campanella non era ancora suonata, perciò la ragazza aveva cominciato a camminare per il cortile, girando in tondo, perché non voleva starsene ferma senza fare niente. Inoltre le sarebbe piaciuto trovare dell'ombra. Nonostante fossero a fine settembre, il caldo era ancora estenuante. Vide un paio di alberi con sotto un cono d'ombra e li raggiunse.

Mentre camminava una cuffietta le cadde dall'orecchio, perciò si affrettò a rimetterla al suo posto, quando l'occhio le cadde su due figure, non molto distanti dagli alberi, e le scrutò meglio: erano due ragazzi, uno dei due era un vampiro e dava le spalle ad Alexa, la quale non gli poté vedere il viso a parte il biondo dei capelli. L'altra persona era Jonathan. La ragazza aprì la bocca per chiamarlo, voleva scusarsi per averlo lasciato al Festival, ma un secondo prima di poterlo fare il ragazzo che le dava le spalle si girò, incontrando lo sguardo di Alexa.

Quest'ultima aveva lasciato cadere l'auricolare dalle sue mani e ora fissava il ragazzo. I suoi occhi azzurri -con il contorno nero, essendo vampiro- la stavano guardando con insistenza. Vide le stesse emozioni che la tormentavano negli incubi: dolore e rabbia. Il volto di Alexa non faceva trasparire nessuna emozione, era una cosa che aveva imparato a fare un anno addietro. Non sapeva bene perché lo facesse, ma il pensiero che le persone non potessero leggerle in faccia cosa provava era rassicurante.

Lo riconobbe, quello stupido vampiro, e in un secondo rabbia, frustrazione, confusione e delusione attraversarono Alexa. Perché anche lui era lì? Voleva ucciderlo per quello che aveva fatto ai due ragazzi, ma una parte di lei non avrebbe potuto farlo perché sapeva che non era stato Elyas a ucciderli. Qualcuno aveva preso il controllo del suo corpo e della sua mente, non aveva colpe. Anche se non l'avrebbe mai ammesso, era così. Ma allora perché provava tanto astio nei suoi confronti? Non era solo perché era un vampiro, c'era qualcos'altro. Forse il fatto che per colpa di Elyas non aveva passato un giorno senza essere tormentata da quegli "incubi"? E poi c'era la domanda che più la preoccupava: perché lo aveva sempre sognato? A quel ragazzo era successo qualcosa ma per scoprirlo avrebbe dovuto conoscere Elyas a fondo e lei non l'avrebbe mai fatto, anche a costo di rimanere all'oscuro della verità.

Continuava a ripetersi una sola parola in mente.

Merda.

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