18. Poi lo hanno trovato.

130 16 21
                                    

"Hai incontrato qualcuno dei miei?" domandò Maatim .

So-o rispose di no. Non aveva mai visto un maat prima di incontrare Maatim, nonostante avesse percorso la foresta dal giorno in cui aveva imparato a camminare.

Dei maat aveva sentito parlare dai racconti dei vecchi cacciatori, quelli dai quali aveva appreso molto di ciò che conosceva. Per gli uomini erano delle piccole scimmie schive, che come lo Shoo* erano difficili da avvicinare. Le volte che erano state viste dalle generazioni di cacciatori che si erano succedute si contavano sulle dita di una mano. Qualcuno ne aveva tracciato la figura dentro alla caverna dei segni, molto tempo prima. Questo era tutto ciò che si sapeva, e nulla più.

"Cosa gli è accaduto?" chiese So-o.

"Le grandi bestie ne hanno fatto strage. Quando c'è stata la secca del fiume (**) i Kot, come siete soliti chiamarli, lo hanno attraversato ed hanno invaso la nostra terra. Scappavano dalla malattia che è tornata a colpirli. Credono che la terra sia malata, e che allontanandosi dalla valle potranno mettersi in salvo.

Avvertimmo ciò che stava per accadere quando ormai erano troppo vicini. Sono passati attraverso le nostre terre come fanno le formiche rosse, divorando ogni creatura che sono riusciti a catturare, e le creature che non potevano mangiare le hanno uccise, come hanno fatto con noi.

Una parte della mia gente è fuggita nel fitto della foresta, saltando di albero in albero, ma le grandi bestie sono molto abili tra i rami. Io mi sono addentrato tra i rovi e sono sopravvissuto. Non ho incontrato più nessuno nonostante li stia cercando da due lune".

So-o si immedesimo in lui e provò un dolore sconfinato. Era il dolore che riempiva lo spazio intorno al maat, e che per la loro affinità, per quel legame che avevano stabilito al mattino, nell' erbaforte, si era insinuato nel suo cuore. Ciò che era accaduto ai maat poteva succedere agli uomini e alle donne del villaggio, se solo il villaggio si fosse trovato sulla strada dei Kot.

"Abbiamo visto la malattia su di loro" disse So-ho. "Se può alleviare il tuo dolore non gli lascerà scampo".

"Sono loro che la chiamano a sè, è il loro destino" disse Maatim. "Si moltiplicano come fanno i conigli, ma i conigli hanno sconfinate praterie di erba. Quando i Kot finiscono con il consumare le grandi prede cominciano a mangiare ogni cosa che si muova: è a quel punto che comincia ad accadere. E' la punizione per la loro ferocia", disse Maatim.

So-o pensò a lungo a quelle parole. Poteva darsi che la scarsità di cibo li spingesse a nutrirsi di animali che avvelenavano il loro sangue. Quando il villaggio aveva subito delle carestie, era accaduto anche a loro. Pensò alla finta mora. Sembrava un frutto prelibato, e la disperazione e la fame portavano gli uomini ad abbassare la guardia. In molti , attraverso le generazioni ne avevano pagato le conseguenze.

Ma loro, gli uomini, avevano imparato. Sapevano riconoscere i frutti velenosi e sapevano evitarli. Se ci fosse stata una carestia, proprio adesso, avrebbero rosicchiato le radici degli alberi neri o masticato i semi della gianfoglia. Duri e nauseabondi, ma non abbastanza da avvelenarli. Quelle bestie non imparavano nulla dagli errori dei loro antenati? Poteva darsi che fosse così. La loro era una piccola intelligenza, e probabilmente avevano poca memoria.

"Dove credi che volessero fuggire ?" domandò So-o.

"Oltre le montagne. C' è un passaggio, lo stesso valico (***)  che hai scorto anche tu da sopra le rocce dei gorilla. E' una terra enormemente più vasta di questa, a sua volta confinante con altre vallate, e così via. Le anatre vi soggiornano a migliaia prima di attraversare il nostro cielo"

"ci sei stato ?" Domandò So-o.

"Io non mi sono mai mosso da qui", rispose Maatim. " Non ero mai andato oltre il punto dove il mio pensiero ha incontrato il tuo, nell' erbaforte. Conosco quella valle dai frammenti di pensiero degli animali migratori, che abbiamo raccolto e messo insieme attraverso le generazioni. Sono immagini semplici, qualche volta senza colore. La traccia di un torrente, il profilo dei monti, la tana di una bestia.

Potrei percorrerne i sentieri senza smarrirmi, nonostante non ci sia mai stato.

Sono ricordi che condividerò con te. So molte cose su quella terra, e su questa naturalmente. Più di quante siete riusciti ad impararne voi Moc, dall' inizio della vostra storia. Te le darò, se vuoi. Fecero lo stesso i miei antenati con uno di voi, un uomo senza un braccio che si chiamava Moc (****) , che fu ferito e poi cacciato dalla propria casa molte generazioni fa. Aveva la mente aperta, come la tua, e proprio come te non lo sapeva finchè non ci ha incontrato. Avete lo stesso sangue?" domandò Maatim.

So-o aveva ascoltato sbalordito. Moc-senza-un-braccio era sopravvissuto alla deriva della zattera cui era stato affidato, si era incagliato tra le radici degli alberi acquatici e aveva avvertito i maat, proprio come lui aveva sentito Maatim.

Maatim aveva indovinato, lui discendeva da Moc.

"Che ne fu di quell' uomo ?" chiese so-o .

Maatim fisso il vuoto per alcuni istanti. Sembrava assente. Cercava quello che So-o gli aveva chiesto, tornò con il pensiero alla sua amica Tamat che al chiaro di luna, mentre gli teneva la mano, gli raccontava, nel silenzio assoluto, quella storia che i suoi progenitori si erano passati l'un l'altro allo stesso modo, immagini, pezzi di memoria o memorie complete , dati come doni da individuo ad individuo: sensazioni fisiche, odori, emozioni appartenute al primo maat che quel fatto, ogni fatto, lo aveva vissuto da sè. Erano un piccolo popolo i maat, che condivideva una memoria unica, una massa enorme di eventi che riempivano, come faceva il fiume, un lago cui tutti loro potevano attingere.

"Te lo dirò" tra poco. Ma tu mi aiuterai a cercare la mia gente. Da solo non lo posso fare. Da solo non riesco ad avvertire nulla più lontano di quanto le orecchie non mi consentano di sentire. In molti, stretti gli uni agli altri potevamo arrivare molto, molto più lontano".

"Lo farò", disse So-o .

"L' uomo senza un braccio riprese la via del fiume ed arrivò all' acqua salata, aldilà dei confini del nostro mondo", disse Maatim. "Costruì una capanna e imparò a pescare. Lo lasciarono in vita, e lì continuò a stare fino alla fine dei suoi giorni".

"chi fu a decidere che vivesse? di chi stai parlando? " domandò So-o.

"Lo sai, amico mio", disse Maatim, mentre calava la sera e le stelle cominciavano a punteggiare il cielo. Entrambi alzarono lo sguardo, proprio mentre una stella veloce attraversava la valle, da nord a sud.

(Continua).

(*) Vedi capitolo 1.   Alla secca seguì la piena che distrusse il villaggio.

(**) Vedi capitolo 12. Lo Shoo è il grasso roditore che avverte il pericolo.

(***) vedi capitolo 10.

(****) vedi capitolo 9.

L' ultima luce.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora