10. Vogliono solo passare.

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Soo e JarJar riuscirono a tornare al formicaio che la notte era appena calata. Correvano e camminavano dal mattino, e adesso erano esausti. Presero la decisione di dormire a turno, in mezzo all' erbaforte che li avrebbe tenuti nascosti.

Da lontano, dal luogo dove erano diretti, rumori familiari si fecero più netti. Per un instante li scambiarono per colpi di tamburo, il tamburo di Betul che al villaggio annunciava l' inizio del raccolto.

Fu un fraintendimento breve, dovuto alla stanchezza. Quando i colpi aumentarono in frequenza e intensità, entrambi riconobbero il tonfo basso che gli sputasassi producevano quando lanciavano i loro attacchi, il risultato dello schiocco del palato e dell' aria che fuoriusciva di getto dopo che era stata compressa nei polmoni.

C' era un' altra battaglia in corso, ed a lottare erano in tanti. So-o sapeva che gli sputasassi potevano permettersi di dormire per tutta la notte, poichè non temevano nessuna altra creatura, per questo si sorprese di sentirli in attività dopo il tramonto.

Lui era solo un ragazzo allora, ma ricordava bene quando un esemplare anziano aveva perso l' orientamento e si era avvicinato al villaggio.

Le frecce rimbalzavano sulla sua pelle spessa , e mentre lo attaccavano dieci, venti uomini insieme, aveva continuato indifferente a scavare il terreno con il muso, in cerca di radici, finchè non si era infastidito, e raccolta una pietra con la lingua , aveva gonfiato le guance e l' aveva sputata fuori, schiantando una capanna distante cinquanta passi.

Giorni dopo lo avevano ritrovato impantanato in un acquitrino, prigioniero delle sabbie. Allora, avevano deciso di attendere a distanza, e l' attesa era durata molti giorni.

Era una bestia formidabile, che da lontano poteva ricordare il bufalo, tre, quattro volte più grande, con un tronco enorme da cui spuntava una testa tozza, senza collo. Era stato il sole ad ucciderlo, non loro. Loro erano rimasti a guardarlo, con le loro armi inutili. Per tutti, era una delle forze della natura, come la tromba d' aria o il fulmine. Era bene non incontrarlo mai.

Quello che So-o aveva capito, osservando gli animali che cacciava, seguendone le tracce, fiutandone gli odori, era che tutti loro avevano un posto preciso nel grande scenario della vallata, il bufalo era cacciato dai grandi felini, mangiava l' erba e arricchiva la terra consentendole di crescere ancora. I leoni, i puma di montagna uccidevano le gazzelle nella sola quantità che serviva loro per sopravvivere, gli insetti prosperavano sulle carcasse e a loro volta ingrassavano gli uccelli: il filo d' erba veniva mangiato, diventava carne che ingrassava le bestie di cui i predatori si nutrivano e così via, tutto perfettamente misurato, un equilibrio di sassolini uno sull' altro a costituire una pira perfetta, ma fragile che non andava disturbata.

Lo sputasassi di per sè, era un eccezione. Era l' animale di un altro posto, o uno sbaglio avvenuto durante la creazione del mondo, il sassolino destinato all' equilibrio di un altra vallata, o forse di un mondo lontano dal loro.

I fiori dell' erbaforte si erano aperti tutti insieme, obbedendo all' ordine che la notte gli impartiva. Emettevano una leggera fluorescenza che copriva i campi come un tappeto di stelle, che a sua volta attirava le lucciole, nugoli di puntini luminosi in numero infinito, e quello era stato l' unico momento da molto tempo nel quale So-o si era sentito tranquillo.

Decisero di muoversi all' alba. Di quando in quando la battaglia si spostava , come si intuiva dal variare nell' intensità e nella forza dei colpi. Non chiusero occhio, e quando sorse il sole leccarono la rugiada imperlata sull' erbaforte e masticarono un pò delle radici che so-o aveva portato in una bisaccia.

Poi, cominciarono ad arrampicarsi sulle rocce. Quando arrivarono in cima, era mezzodì: più di una volta JarJar era rimasto indietro, svantaggiato dal peso. Dentro di sè, forse per la grande fatica, aveva pensato che forse era stato uno sbaglio. Al contrario, So-o, aveva non aveva più dubbi, e si sentiva meglio. Doveva tornare indietro, portare notizie, e se Jana avesse deciso di buttarlo nel fiume, che facesse pure. Lui non poteva stare a tagliare alberi per costruire recinti mentre appena fuori si avvicinava la morte, e nemmeno JarJar.

Quando ripresero fiato cominciarono a camminare sul ciglio dello strapiombo. Sotto di loro, sempre più rade, si potevano contare le rocce ancora macchiate di sangue dei Kot e dei gorilla.

So-o faceva strada tenendo la freccia incoccata, Il passo adesso era lento, entrambi si erano feriti i piedi mentre si arrampicavano, i calzari di pelle che indossavano erano ridotti a brandelli e questo, semmai ci fosse stato un ritorno, sarebbe stato un problema.

Il rumore dei colpi degli sputasassi era cessato esattamente all' alba. Era stata un 'alba rossa, come qualche volta accadeva quando le polveri della buca del lago morto restavano in sospensione nell' aria, alzate dal vento, e solo adesso il cielo si era fatto blu, proprio mentre arrivavano nel punto più alto, da dove avrebbero potuto guardare lontano, fin dove gli occhi lo consentivano.

So-o aspettò che JarJar lo raggiungesse. Si misero carponi e coprirono le ultime cinque, sei braccia in salita finchè non furono sul ciglio dello sperone più alto, al bordo estremo delle rocce dei gorilla

La scena era distante dal punto di osservazione. Almeno mille passi, si poteva dire. Sotto di loro c' era una piana immensa, che sullo sfondo cambiava colore e diveniva rossa, dove cominciava la buca del lago morto. I Kot stavano immobili, piccoli visti da lassù, a migliaia. Molti sdraiati, moltissimi nella posa dei morti, in posizioni innaturali dovute alle ossa rotte, colpiti dai sassi che erano ovunque.

Era in corso una pausa, in mezzo a quella che era una guerra di proporzioni enormi, la cui prima battaglia si era conclusa durante la notte, e i Kot l' avevano persa.

Gli sputasassi li fronteggiavano, cento volte le dita di una mano, disposti in fila come delle creature intelligenti avrebbero fatto. Sembravano attendere. Alcuni erano stati graffiati o morsi sul muso, nessuno era rimasto a terra.

Quelli erano tutti i mostri del mondo, pensò So-o. JarJar guardò la propria ascia e ne desiderò una molto più grande.

"Perchè vanno al suicidio ?" domandò JarJar.

So-o guardò oltre gli sputasassi. Si vedeva, minuscola, la linea frastagliata di una catena montuosa della quale ignoravano l' esistenza, che Kassio non aveva menzionato quando gli aveva spiegato le mappe e il mondo come lo conosceva.

"Vogliono solo passare oltre", disse So-o. "Stanno scappando".


*Nell' immagine in alto, i gurbos de "l' eternauta", di Héctor Oesterheld. Gli sputasassi li immagino cosi'.

"Donte esta Oesterheld ?"










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