5-Harry

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"Basta, non ne posso più"

Dicevo sul serio, erano ore che mi allenavo e tutto ciò che vedevo era il mondo girare e le gocce si sudore sul mio corpo, quindi mi stesi a terra, esausto.

Era stata dura, ma mi aveva rimesso in sesto, sentivo i muscoli tirare, il sangue cadere da un taglio sulla guancia e il mio petto aprirsi di più mentre respiravo, amavo quelle sensazioni.

"Va bene, muoviti, si torna a casa" mi concesse Nathan.

Non sapevo se volevo tornare a casa, ma li seguii comunque, controvoglia.

"Come pensi di comportarti con Sarah?" chiese, di nuovo.

Già, Sarah, mi ero completamente dimenticato di lei, il ring mi faceva quest'effetto.

Tornai a pensare per un attimo ai brividi che mi forniva quando entravo dentro e la folla strepitava felice di vedermi e ansiosa di assistere ad un nuovo incontro, bramosa di eccitazione, piena di felicità.

Poi tornai a pensare a Lei, avevo troppe lei, per essere uno che odiava le donne.

"Non ne ho la più pallida idea, so solo che mi sta sul culo e non voglio pensare a lei, farò come se non esistesse" ammisi.

In realtà volevo scoprire quali segreti nascondesse, ma non capivo perché Coleman si interessasse tanto a lei, perché non la lasciasse in pace.

Guardando la sua faccia capii però che gli andava bene che la lasciassi stare e anche a me andò bene così, non dissi altro.

Per il resto del viaggio Niles mi chiese come fosse stata la mia vita fino ad ora, facendomi tornare indietro, di nuovo, e io gli risposi che aveva fatto schifo, ma che doveva farsi i cazzi suoi.

Luke provò a difenderlo chiedendomi di qualche ragazza, ma, dato che lo fulminai con lo sguardo, non chiese più niente.

L'unico che non chiese niente fu Zack, e lo apprezzai per questo, tutto ciò che si limitò a dire fu precisare ciò che avevo detto io, che mi dovevano lasciare in pace, almeno per oggi.

Non erano più li stessi ragazzi che conoscevo da piccolo, o forse ero io che ero rimasto intrappolato nelle fauci del passato rifiutandomi di andare avanti, forse ero io quello che doveva ancora integrarsi.

Decisi che ero io, decisi che Nath, Zack, Niles e Luke non erano sbagliati.

Era tutto ancora nuovo, per me.

Luke parcheggio davanti alla mia nuova casa e aprì la porta con un mazzo di chiavi, era la stessa porta che sbattei io dopo cinque minuti.

"Potresti anche fare più piano" mi intimò una voce.

Scrutai il salotto buio per vedere chi avesse avuto il coraggio di parlarmi a quel modo e la vidi: lei era lì, davanti alla televisione accesa, e mi guardava.

Mi aveva parlato, aveva tirato fuori le palle e aperto bocca.

Non lo considerai comunque un passo avanti, però, e me ne sparii in cucina a cercare il ghiaccio per medicare il taglio.

Aprii minimo dieci sportelli, fra cui anche il frigorifero, ma lo trovai solo alla fine: era una busta con su scritto ghiaccio istantaneo, non sapevo che roba c'era lì dentro, di sicuro non ghiaccio, ma decisi che mi andava bene comunque e la posai sulla ferita ancora aperta e sanguinante.

Mi faceva male, molto. Non ero mai riuscito a medicarmi, non sapevo come si faceva, non avendo mai sentito il bisogno di imparare.

"Vuoi che ti aiuti?"

Mi voltai roteando gli occhi: ancora lei.

"Se avessi voluto, non credi che te lo avrei chiesto?" le domandai, ironico.

A quanto pare non sembrava intenzionata a mollare, dato che la vidi sparire in bagno per tornare poco dopo con una bottiglia di liquido verde e dei dischetti bianchi.

"Vuoi ubriacarti? Che roba è, veleno?" domandai, ovviamente tutto ciò per farla sentire a disagio, ma ottenni l'effetto opposto, dato che rise.

Scusa Coleman, non ho mantenuto la promessa, le ho parlato.

Mi rendo subito conto che ciò non è giusto, nei suoi confronti, e mi affretto a precisare la situazione: il mio sguardo torna serio, ma lei si avvicina pericolosamente.

La osservo gettare un po' di quel liquido verde puzzolente su uno dei dischetti che aveva in mano e avvicinarlo alla mia ferita.

Non opposi resistenza, restai immobile, sperando che non premesse quello schifo sulla mia faccia, ma lei lo fece.

Lasciai uscire un gemito di dolore quando il liquido entrò in contatto con la mia pelle e lei tamponò un po'.

Faceva male, ma era comunque meno doloroso di quando lo facevo da solo, quello era un male quasi piacevole, in confronto, nessuno si era mai offerto di medicarmi, nessuno mi aveva mai spiegato come si faceva e io mi sentivo talmente stupido...

Bloccai i miei pensieri perché Sarah se ne stava andando e ringraziai chiunque fosse stato a farla andare via, perché non volevo che la cosa prendesse una piega seria.

Nessuno si era mai interessato ai mei lividi, nemmeno la vecchia Lei.

Improvvisamente mi interessai a qualcosa che riguardasse una ragazza: cosa pensava Sarah di me? Era davvero come sembrava, spensierata, felice, libera dal passato?

Erano due semplici domande, più semplici di quanto potessero sembrare, ad essere difficili erano le risposte, come sempre, il complicato veniva dopo.

La vita era facile, era morire, la cosa difficile, il dopo.

Sentii di nuovo in me il bisogno di prendere a botte qualcosa, il bisogno di procurarmi un altro graffio in faccia per farmi medicare da lei, perché qualcuno si occupasse di nuovo di me come aveva fatto lei pochi secondi fa, per non essere solo.

Le cose comunque non cambiavano: la odiavo comunque, per farmi incazzare, per mandarmi in confusione, per incasinare tutto.

L'avevo rivista da nemmeno un giorno e lei già iniziava a scombussolare le cose senza il mio permesso, agiva fuori da ogni regola, ma non importava questo, avevo una terza domanda: mi dava fastidio?

Anche qui la risposta era difficile, perché non lo sapevo, non ancora, ma lo avrei scoperto, in futuro, e avrei messo a fuoco tutto i miei problemi, i miei sentimenti, le mie emozioni, e non lo avrei fatto solo per lei, ma anche un po' per me stesso.

Via Di FugaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora