22-Sarah

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Il brusio della folla intorno a me, il caldo eccessivo, le gocce di sudore che mi percorrono la schiena, le urla incessanti che mi percuotono i timpani, l'ansia che sale ogni minuto di più, la voce metallica percepibile dal microfono e l'odore pesante di chiuso mi circondavano, quasi come se volessero opprimermi, ma io sentivo soltanto l'emozione è il piacevole brusio del mio stomaco nel pensare che il mio ragazzo stava per salire su quel ring.

Guardai Zack e lui mi rivolse uno sguardo di intesa, come se avesse capito ciò a cui stavo pensando, perché lui pensava la mia stessa identica cosa.

Avrebbe vinto.

"E adesso, signori, il re del ring!" finì di annunciare la voce metallica.

Fu allora che lo vidi salire su quel ring, in tutta la sua bellezza, con tutta la sua potenza e, per la prima volta, con un sorriso sulle labbra.

Sorrisi anch'io e mi venne quasi da piangere al pensiero di ciò che eravamo adesso.

Era tanto che aspettavo questo momento, troppo.

Mi accorsi di averlo amato sin dal primo giorno in cui era entrato in quel orfanotrofio, perché, in fondo, l'odio e l'amore non sono così diversi, se interpretati nello stesso contesto.

"Lo hai cambiato, si vede. Lo rendi più felice."

Sorrisi a Zayn, il quale mi aveva appena rassicurato con questa frase:

"La gente non cambia, ti mostra soltanto un lato diverso di lei."

Rimase stupito dalla mia perla di saggezza e si mise a ridere, dandomi ragione.

Finito ciò ci concentrammo entrambi sulla partita, appena iniziata.

Harry sferrò il primo colpo, e da lì capii che non era concentrato.

Non sferrava mai il primo colpo all'inizio, aspettava che attaccasse per primo l'avversario, così lui si sentiva motivato e attaccava meglio.

Se continuava di questo passo non avrebbe vinto.

Guardai Zack e lui ricambiò con un'aria di preoccupazione nello sguardo: pensava, come sempre, ciò che pensavo io.

"Vai Harry! Concentrati!" mi ritrovai a gridare.

Lui si giro verso di me sorpreso, mi sorrise e, proprio mentre lo faceva si beccò un cazzotto sulla mandibola.

Guardò rabbioso l'avversario ed io tirai un sospiro di sollievo: era andato tutto come volevo e avevo previsto che andasse.

Il mio ragazzo si riversò subito su di lui iniziando a picchiarlo come se non ci fosse un domani, cazzotti in faccia, calci in pancia...

Adesso faceva ogni mossa con la consapevolezza di farla bene.

Lo conoscevo, ormai, sapevo che se non veniva attaccato non riusciva a scatenare la sua rabbia e a controllarla allo stesso tempo, non riusciva a farlo bene.

Forse lui non pensava che portarmi lì fosse stata una buona idea, ma io sapevo che avevo fatto bene ad andare, perché, ormai, su la boxe, ne sapevo quanto lui.

Adesso doveva sferrare l'ultimo pugno, se fosse andato bene avrebbe vinto, sennò la lotta sarebbe continuata.

Come non detto, andò male.

L'antagonista della situazione si alzò di scatto, come se avesse immediatamente recuperato tutte le forze e scansò il colpo.

Harry era rimasto spiazzato, lo percepivo dalla sua faccia.

Era titubante, così urlai di nuovo con tutto il fiato che avevo in corpo, insieme a Zack, nella speranza di farlo reagire.

L'avversario però, a quel grido, reagì prima di Harry e io pregai mentalmente, e inutilmente, che il mio ragazzo potesse riprendersi.

Cosa gli stava succedendo?

Era sicuramente turbato da qualcosa,ma non capivo cosa.

Improvvisamente fu come se si fosse appena ricordato dove era, e iniziò a sferrare pugni in faccia all'altro povero disgraziato che era capitato sotto tiro senza sosta.

Sorrisi, si era ripreso bene.

"Uno... due... tre!"

La partita finì a quel modo, ed Harry vinse.

Lo guardai dirigersi verso lo spogliatoio e, facendo un cenno a Zack e intimandogli di restare fuori, lo raggiunsi.

Ci volle poco ad arrivare e, quando lo vidi dentro, seduto sulla panchina, che si slegava i guantoni con la testa bassa, rimasi a guardarlo con tenerezza.

Mi notò e fece un mezzo sorriso, così iniziai ad incamminarmi verso di lui, che mi prese tra le sue gambe.

Iniziai ad accarezzargli i capelli morbidi e lui chiuse gli occhi, senza togliere però l'espressione afflitta sul suo volto.

"È la prima volta che una lotta dura tutto questo tempo, mi spiace, non so cosa sia successo."

Scossi la testa e mi sedetti sulle sue ginocchia girata verso di lui.

Si intenerì e iniziò a lasciarmi piccolo baci sulle labbra e sul collo, il mio punto debole, così andai vicino al suo orecchio.

"Sarai sempre il mio vincitore" ammisi, sinceramente.

Il suo sorriso in quel momento scacciò via tutti i rimpianti e le preoccupazioni, stracciò tutte le ansie e i problemi, ci lasciò da soli in quella stanza, regalandoci una nuova intimità.

Le sue braccia mi circondarono, facendomi provare la protezione che mi era mancata per troppo tempo, la protezione che forse non avevo mai avuto.

Mi aggrappai a lui come se fosse la mia ultima speranza e, la speranza, si sa, è l'ultima a morire.

Harry era la mia speranza, e, in quel momento, speravo davvero che non finisse mai.

Via Di FugaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora