15-Harry

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Il giubbotto che avevo addosso non mi riscaldava per niente, quella sera era tutto freddo, tutto troppo freddo, data la situazione in cui mi trovavo.

Avrei voluto tornarmene a casa e rintanarmi nel piumone nella stessa stanza di Sarah, senza parlarle, stando semplicemente vicino a lei a respirare il suo profumo, ma ciò non era possibile, perché nella mia vita, io avevo persone che decidevano per me, persone sia morte che vive che mi avevano cambiato la vita prima di crearla.

Mi guardai attorno: era tutto deserto, tutto buio, tutto freddo, anche solo pensarci faceva venire i brividi e il freddo aumentava: era orribile.

Avevo ricevuto altri messaggi oltre a quello, erano tutti dallo stesso mittente e dicevano tutti la stessa cosa: "ti stiamo venendo a prendere".

Ventitré messaggi tutti uguali, con lo stesso significato e piuttosto inquietanti.

Ovviamente sapevo benissimo che era La Cerchia, mi avevano trovato.

La domanda che mi turbava di più però non era quella del motivo per cui quelle persone mi avessero inviato quei ventitré messaggi, ma dove sarei andato a finire adesso.

L'unico posto che mancava all'appello dei posti scartati era lontano, troppo, e poco originale, quasi banale, dovevo inventarmi qualcos'altro.

Quella casa mi sarebbe mancata, tutto di lì mi sarebbe mancato, chiunque e qualsiasi cosa, soprattutto Sarah, che avevo mollato con un semplice bigliettino e mille errori di ortografia.

Avevo messo quel bigliettino sul baule in fondo al suo letto, ci avevo scarabocchiato poche parole, messe lì come una scusa, e me ne ero andato, senza una spiegazione.

Non l'avevo nemmeno salutata: mi sentivo un mostro.

Le avevo chiesto di restare e me ne ero andato io.

La coerenza con me spariva sempre, ma il sentimento restava, ciò era successo con lei: ero stato incoerente e adesso ero diventato improvvisamente sentimentale, come se tutta l'apparente indifferenza che le avevo riversato addosso si stesse girando verso di me.

Di colpo smisi di essere incoerente, sentimentale, indifferente e tutto ciò che girava per la mia testa si bloccò fondendosi nel cervello, avevo visto qualcuno, qualcuno che avrei preferito fosse un illusione.

"Harry!"

Fu tutto ciò che Faith disse quando mi vide.

In passato avevamo stabilito di rimanere amici, e, sebbene odiassi quella faccia falsa, in quel momento pensai che forse poteva essermi utile in quella cosa che faccio sempre senza saperne il motivo: lei poteva aiutarmi a scappare senza muovermi di un millimetro da quella città, perché lei sapeva tutto e poteva coprire le mie tracce.

Sorrisi falsamente alla vista di ciò che mi si era parato davanti, ma il sorriso svanì quando riportai alla mia mente ciò che dovevo dirle, le cose di cui dovevo metterla al corrente.

Odiavo raccontare tutto ciò a Faith, alla falsa ragazza che mi aveva fatto soffrire, ma era inevitabile, se volevo rivedere quella che, invece, mi faceva stare bene.

Le dissi tutto: la aggiornai sulla Cerchia, le chiesi ciò di cui avevo bisogno e, per convincerla, le parlai della mia vita in quelle poche settimane che sono rimasto in quella casa.

Lei annuì subito: avevo sempre avuto potere su questo, potevo convincerla con pochissimo, bastava una sincera spiegazione, di qualsiasi tipo.

"Sono felice di aiutarti, dopo tutto ciò che hai fatto per me!"fu ciò che affermò, seppur titubante.

Faith era una di quelle poche persone con cui mi ero aperto davvero, quella ragazza di cui mi ero fidato, che mi aveva tradito e fatto altre cose di cui, secondo lei, dovevo o mi ero già dimenticato.

Come mi aspettavo affermò che mi avrebbe aiutato, che mi avrebbe ospitato a casa sua e che La Cerchia non avrebbe trovato nemmeno le mie impronte digitali.

Mi fidai di lei, ma non troppo, perché la conoscevo bene, forse più di chiunque altro, e avevo imparato a mie spese che poteva essere molto, eccessivamente, falsa.

Mi sedetti su un gradino e continuai a parlare con lei, non sapevo cosa ci facesse lì, e lei rispose ai miei dubbi dicendomi che era per questioni di lavoro.

Lei parlava, ma io non la ascoltavo, né tantomeno pensavo a ciò che dicevo io, l'unico mio pensiero fisso era in un luogo preciso, in un momento preciso, rivolto ad una precisa persona, la stessa persona che adesso mi odiava più del dovuto, quella che stava quasi peggio di quanto stavo io, solo per colpa mia.

Per un momento riportai la concentrazione a Faith, che adesso mi stava spiegando com'era casa sua.

Eravamo già a casa sua? Non me ne ero accorto.

La sua casa era accogliente, ma non quanto la mia ex camera, quella sì che lo era, con Lei poi...

Per un momento tornai a pensare a ciò che mi tormentava da sempre: troppe Lei nella mia vita,quindi mi concentrai sull'appartamento.

Era elegante, troppo.

Pareti bianchi e arredamento nero, più soft di così non era nemmeno Vanessa.



Tornai a sfruttare la vista e notai che non era tutta così, anzi, ogni camera aveva uno stile e dei colori diversi: la trovai carina, come idea, ma non si addiceva per niente a Faith.

Iniziai a camminare verso la cucina e, mentre lei iniziava a spiegarmi che avrei dormito sul divano, mi preparai un toast.

Anche se sembrava di no,la stavo ascoltando.

Diceva molte cose senza senso e ogni tanto ci infilava in mezzo un'informazione più utile, tipo dove fosse il bagno.

La prima cosa che mi mise in mano fu una nuova SIM per il mio telefono e altre cose che servivano per camuffarmi, delle quali non conoscevo l'esistenza.

L'importante era nascondersi, non saperlo fare, almeno in quel momento.

Una volta finito il mio toast sotto lo sguardo offeso, ma comprensivo, di Faith, mi buttai a peso morto sul divano, continuando ad ascoltarla: parlava troppo.

Disse che nessuno mi poteva rintracciare, se fossi andato a giro mi sarei dovuto incappucciare e avrei potuto svelarmi solo in posti privi di connessione al mondo, dove ero certo che non mi avrebbero visto.

Troppo complicato per uno come me, ma d'altra parte: esisteva qualcosa di semplice nella vita?

No, la vita era complicata di suo.

Portai lo sguardo verso la mia nuova compagna di appartamento, mi stava guardando con un misto di compassione e rimprovero in volto.

"Personalmente parlando non avrei mai voluto vivere così, non mi guardare come se tutto questo fosse colpa mia, perché anche se tu sai qualcosa, il resto non ti è a conoscenza."

La ammonii con questa frase e lei se ne andò a testa bassa.

D'altra parte, nel momento del bisogno, nessuno restava mai.

Via Di FugaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora