24-Sarah

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Sotto al piumone sentivo il caldo che piano piano mi riavvolgeva le ossa: la voglia di dormire era troppa, gli occhi mi si appesantivano e la testa mi ricadeva sul cuscino.

Ma il mio sonnellino non era destinato a compiersi, dato che la porta di camera mia si aprì.

Mi aspettavo che fosse Harry, perché sentivo la sua mancanza e perché ero preoccupata per lui, ma un ciuffo biondo spuntò dalla angolo della porta.

Niles.

Non ero triste di vederlo, anzi, ma... non era Harry.

"Ciao" mi salutò, ed io ricambiai il saluto troppo calorosamente, sperando che non se ne accorgesse.

Lui scosse la testa sconfitto, entrando definitivamente nella stanza e prendendo in mano la mia chitarra.

Era ancora doloroso guardare quella chitarra, rivivere dentro i ricordi e i sentimenti che ci sono dentro la musica che produce.

Cominciò senza chiederlo a suonare una canzone a me sconosciuta, ma io non lo fermai, perché il tutto era confortante.

Ad un tratto sentii una voce, una voce familiare, e Luke entrò nella stanza accompagnando Niles con la voce.

Miss You.

La canzone era azzeccata,o almeno alcune parti di quella lo erano, perché lui mi mancava, mi mancava eccome.

"Dovrei ridere, ma c'è qualcosa che non va." Diceva.

"Merda. Forse mi manchi." Diceva ancora.

Mi venne all'improvviso da sorridere, e ciò solo perché avevo capito il senso della scelta di quella canzone.

Era una canzone triste con un ritmo ballabile.

Il suo significato era semplice, se lo volevi capire.

Si può essere felici anche se sotto sotto non lo siamo.

Non dobbiamo mai abbandonarci alla tristezza, perché così facendo creiamo i nostri punti deboli.

Ed io mi ero creata un punto debole: Harry Edwards.

Ed ero felice che fosse così.

Adesso ero felice.

La canzone terminò ed io mi alzai di scatto abbracciandoli entrambi.

Mi avevano fatta sentire bene, chiarire le idee, e non potevo esserne più grata.

"Vi voglio bene ragazzi."

Louis rise:

"Sì anche noi. Inoltre c'è da ammettere che la mia entrata ad effetto è stata stupenda."

Accompagnai la sua risata, ma un campanello ci interruppe.

In principio preferii non farmi illusioni, perché ormai avevo perso ogni speranza sul fatto che tornasse qua, in questa casa, con la sua famiglia, ma una voce mi fece cambiare idea: Zack.

"Sarah, è per te!" gridò.

Guardai Niles e Luke felicissima, i due mi fecero cenno di scendere e così corsi di sotto.

Appena lo vidi lo saltai addosso e la calda familiarità delle sue labbra mi invase all'improvviso.

"Merda. Forse mi mancavi" ammise, e io non potetti non sorridere di fronte alla coincidenza.

Mi strinsi a lui, sentendomi avvolgere dalle sue braccia possenti e tatuate.

Lo amavo, amavo lui e le sensazioni che mi faceva provare.

Amavo quella calma improvvisa che mi causava la sua vicinanza.

Adoravo sentirmi protetta da lui, perché sentivo che voleva proteggermi davvero, perché ci teneva.

Ad un tratto interruppe i miei pensieri con un avviso: doveva dirmi una cosa.

Doveva dare un motivo al suo continuo scappare.

Gli dissi che lo ascoltavo e lui iniziò il suo discorso:

"Vuoi sapere perché scappo, perché ti lascio sempre sola in balia di te stessa, ed io sono qui per spiegartelo, perché te lo meriti. È La Cerchia la ragione. Un'organizzazione mafiosa."

Tra tutte, questa era la ragione meno ovvia, quella che proprio non mi aspettavo, ma, ignorando i miei pensieri, lo lasciai proseguire.

"Sono stati loro ad uccidere i miei genitori e tutto ciò solo per colpa di mio padre. Odiano gli Edwards e tutti quelli con cui hanno a che fare. Io sono stato l'unico a salvarsi dall'incidente e adesso mi stanno cercando, mi tormentano ovunque e mi trovano sempre. La Cerchia ha spie dappertutto e sono pazzi quanto pericolosi. Non riuscirò mai a sfuggirli davvero, quindi ormai mi sono arrangiato a mimetizzarmi. Di sicuro ti starai chiedendo perché ce l'ha con gli Edwards, quindi ti darò una spiegazione, perché oggi sono pronto.
Mio padre è entrato a fare parte della mafia come per gioco, poi ne è diventato dipendente.
Dopo aver messo in pericolo la vita di mia madre e aver capito di aver messo in ballo pure la mia ha deciso di lasciare tutto, ma loro non erano della sua stessa opinione.
Avevano paura che svelassero la lista, i nomi dei componenti, così per liberarsi definitivamente di quel peso.
Fu a quel punto che iniziarono a dare la caccia agli Edwards e a chiunque avesse contatti anche minimi con loro.
Non ho assistito all'omicidio dei miei genitori, ma dall'armadio della cantina ho sentito uno sparo, poi due, poi tre, quattro... Quando sono salito ho visto il corpo di mia madre a terra. Loro li avevano trovati e uccisi.
Dal quel momento scappo, sono l'unico Edwards sopravvissuto e non ne vado fiero.
Sarei voluto morire insieme a loro, quel giorno, ma avevo promesso a mia madre di scappare e volevo onorare quella promessa.
È per questo che sono qui, è per questo che scappo non volendolo. Il passato non mi ha ancora lasciato andare e non mi lascerà mai. Per questo all'inizio non volevo affezionarmi a te, per questo facevo tutti quei discorsi sulla solitudine e me ne andavo senza una spiegazione facendoti soffrire. Però, credimi, soffrivo anch'io."

Un'altra frase in più e mi sarei messa a piangere.

Avevo le lacrime agli occhi e lui se me accorse aprendo le braccia e regalandomi la sua protezione.

"Ti amo. Non ti giudico, come non ti ho mai giudicato. Certo, mi sono arrabbiata con te e ci sono stata malissimo, ma adesso ti capisco e non ti lascio più andare. Dovremmo denunciare La Cerchia. O meglio, dovremo cercare la lista." Ammisi.

"Anch'io ti amo, ma adesso che sono tornato e adesso che sai tutto non pensare a questo, pensa a noi. Rilassati."

Sorrisi e mi strinsi più a lui, che iniziò a baciarmi sollevandomi e portandomi in camera.

La nostra camera.

Le nostre labbra erano connesse come pezzi dello stesso puzzle, invitanti, dolci e forti allo stesso tempo.

Le mie braccia allacciate dietro alla sua nuca erano simbolo di possessione.

Era mio e basta, di nessun altro.

Le sue labbra si spostarono più giù del dovuto mentre mi posava sul letto già sfatto, formato dai due letti uniti da me quando ero rimasta sola, ma io non ci feci caso, non lo fermai, ma mi abbandonai al piacere che mi provocava quel momento.

Si inumidì le labbra staccandosi dal mio corpo e ricominciando poco dopo con baci più umidi e scorrevoli.

Ad un tratto si fermò, come se stesse commettendo un reato, si avvicinò a me e mi guardò negli occhi, come per chiedere il permesso, così gli sorrisi e annuii, mentre lui ricambiava la mia espressione.

Ero andata in contro a un rischio uscendone più viva di prima.

Mezz'ora dopo eravamo entrambi sdraiati sul letto, sudati e stanchi, con solo le lenzuola addosso ed un sorriso sul volto.

Eravamo felici.

Via Di FugaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora