7° CAPITOLO

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7° CAPITOLO

*Ana

Dovevo uscire da quella casa, mi vestii il più in fretta possibile e mi diressi verso il portone. Lisa era uscita da poco ed io dovevo andare a lavoro, ma quando stavo per abbassare la maniglia una mano mi afferró il braccio e sussultai al contatto a causa della mia ultima bruciatura.

-chi é Enea?-

-non sono affari che ti riguardano. Lasciami andare!-

- NO, NON TI LASCIO SCAPPARE DI NUOVO! ORA MI SPIEGHI CHI É QUESTO E COSA CAZZO TI HA FATTO!!- continuava a tenermi, non permettendomi alcun movimento

- TI HO DETTO DI LASCIARMI ANDARE! NON MI TOCCARE!!-

Urlavo queste parole eppure c'era qualcosa di forte che mi attirava a lui, che mi faceva desiderare il contatto con la sua pelle, qualcosa che non avevo mai provato in vita mia ciò mi spaventava più del suo tocco. Mi divincolai e finalmente riuscii a liberarmi dalla sua stretta, ma quando uscii da quella casa per dirigermi a lavoro una sensazione di vuoto mi assalì. Arrivai al bar e mi buttai immediatamente nelle mie manzioni, non volevo sentire alcun commento su di me e non volevo pensare a niente, eppure quel nome continuava a volteggiare nella mia mente, Gabriel invadeva i miei pensieri. Mi scottai 4 volte con la macchina per il caffè, ma non sentivo niente ero abituata, e rovesciai due aperitivi sul bancone. Ad un tratto vidi Franco, esasperato, dirigersi verso di me.

-Ana, tutto bene?-

-sisi, benissimo, perché?- sfoderai uno dei miei più falsi sorrisi

- é come se tu non fossi qui, sei assente! Forse per oggi è meglio che torni a casa, ti copro io, tanto non c'è molta gente e il tuo turno è quasi finito.-

- grazie Franco- sospirai - forse sono solo un po' stanca, sai com'è , lo studio, il lavoro, non c'è un minuto di riposo!- e cercai di sorridere di nuovo.

I falsi sorrisi, a volte, convincono più di quelli veri. C'è chi si chiede come sia possibile sorridere per finta, eppure io lo faccio tutti giorni,  una recita continua che non ha mai fine e che prosciuga tutto ciò che ti rimane di vero, della tua reale te. Ero davanti alla porta di casa, ma non riuscivo a ritrovare le chiavi, tirai un pugno alla porta e i miei occhi si offuscarono per la rabbia. Possibile che non me ne andasse una giusta? Appoggiai la testa al legno freddo della porta e lancia un urlo esasperato, non voglio piangere ancora, basta lacrime.

- ehi,ehi,ehi calma!- quella voce

-cosa ci fai tu qui??- mi girai di scatto e mi ritrovai incatenata a quegli occhi, gli occhi di Gabriel. Mi sventoló davanti al viso le mie chiavi di casa risvegliandomi dal mio momentaneo stato di torpore.

-Quando sei scappata ti sono cadute queste!-

-grazie!- e gliele strappai di mano. Stavo per entrare in casa lasciandolo li fuori, ma poi le buone maniere ebbero il sopravvento.

-vuoi entrare?- chiesi con tono scorbutico

-credevo che mi avresti cacciato a calci!- sorrise ironicamente

-lo stavo per fare- borbottai a bassa voce.

*GABRIEL

Questa era la mia occasione, forse finalmente potevo trovare la risposta a qualche mia domanda e magari abbattere anche qualche barriera della mia piccola e fragile Ana; si, mia, perché lei non deve essere di nessun altro. Varcai la porta e rimasi stupito, il suo monolocale era esattamente come lei, privo di ricordi, emozioni, amore, vuoto come i suoi bellissimi occhi, come la sua anima. Non posso perdere altro tempo, devo trovare delle risposte, voglio portare a tutti i costo la luce in quegli occhi che mi hanno stregato, voglio farle capire cosa vuol dire essere amati.

-vuole qualcosa??- mi chiese come se fosse obbligata

- no grazie, va bene così!- le sorrisi cercando di addolcire un po' la situazione, ma lei parve non sforzarsi nemmeno di ricambiare.

-allora professore, mi dica qual'è  il vero motivo per cui è venuto fin qui? Non mi dica che è per le chiavi perché non ci credo!-

Colto sul fatto, cosa le dico ora? Si, sono venuto perché avevo un bisogno disperato di vederti e sapere come stavi? E poi siamo tornati al lei e al professore?

-sono venuto solo per riportarti le chiavi, tanto passavo da queste parti quindi non mi pesava!- bugia -e comunque ti ho detto di non darmi del lei, mi fai sentire vecchio!-

- a si, perché quanti anni hai?- mmm, quanto mi piacerebbe toccare quella creatura cosi sfacciata ma allo stesso tempo così vulnerabile.

-ho 27 anni Ana-sul suo volto vidi trasparire lo stupore provocato da quella rivelazione

- e come diavolo hai fatto ad arrivare ad insegnare in un'università così presto?-

-il professore che sostituisco è mio zio e mi ha ceduto il posto per un tempo indeterminato-

-ah, capisco!- bene Ana, ora tocca a me con le domande

-e tu invece? Raccontami qualcosa di te!- la vidi irrigidirsi e poi alzare le spalle come se per lei fosse tutto superficiale, come se la sua vita non contasse niente.

- non c'è molto da dire! Sono una ragazza di 19 anni che studia all'università e che lavora in un bar per riuscire a mantenersi- non mi basta, devo scoprire di più e voglio capire che ruolo ha questo Enea nella sua vita.

-non hai un ragazzo??- la vidi sospirare

-no!

 a quel punto le parole uscirono dalla mia bocca senza che io riuscissi a trattenerle

- e allora chi diamine è Enea?-

A ray of hopeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora