Il sole sorse fin troppo presto, la mattina dopo.
Mary, dopo una notte quasi insonne, e tormentata da incubi, si trascinò suo malgrado nel bagno striminzito dell'appartamento.
Passando davanti alla camera della cugina, appoggiò delicatamente l'orecchio alla porta. Rose dormiva ancora della grossa, riusciva a sentire il leggero russare, simile alle fusa di un gatto, che faceva sempre, attraverso quella sottile barriera di legno.
Sbadigliando e trascinando i piedi, appoggiò le mani sul minuscolo lavandino, osservando il proprio riflesso assonnato impresso sullo specchio. Quello le restituì lo sguardo, attraverso le palpebre gonfie e semichiuse.
- Buongiorno signorina Mary. Vi vedo più raggiante del solito. -
Si disse, mentre si studiava le occhiaie. I capelli, per quanto lunghi e pesanti potessero essere, ogni mattina erano inevitabilmente sparati in tutte le direzioni, costringendo la proprietaria a tenerli costantemente legati in una coda stretta, per poterli rendere presentabili. - Eh, signorina Mary, cerchi di tenere duro. È giovane, e da giovane non può permettersi di sentirsi stanca -L'abitudine di dare del Lei al proprio riflesso l'aveva presa da suo padre. Era quel genere di abitudine che si tramanda involontariamente di generazione in generazione.
Un modo come un altro per farsi forza la mattina e autoconvincersi con le buone ad uscire dal letto.
- Forza signorina Mary, si metta un minimo di trucco per coprire quelle occhiaie oscene, al mattino a nessuno piace vedere musi lunghi. -
L'ultima volta che Rose l'aveva sorpresa a parlare con il riflesso era stata la settimana prima.Mary si era rifugiata in bagno per lavarsi una piccola ferita vicino all'attaccatura dei capelli che si era fatta scivolando dalle scale. La bionda era rimasta fuori, in piedi, davanti alla porta per cinque minuti buoni, prima di decidersi a entrare e scoprire che dentro al minuscolo stanzino c'era solo lei.
Aveva preso in seria considerazione l'idea di mandarla dal dottore, certa che quella caduta le avesse procurato qualcosa di più di un semplice taglio.
Il ricordo di quella sera fece sorridere la mora. Mordendosi un labbro rosso, nel tentativo di trattenere una risatina, allungò il braccio per prendere i trucchi, nascosti dall'anta dell'armadietto di bakelite gialla.La posta era già arrivata.
Mary, scese le scale, reggendosi al corrimano scuro, canticchiando a bassa voce - Tanti auguri a me, tanti auguri a mee.. - Aveva già indossato la divisa da cameriera di stoffa grigia.
Bevve un bicchiere di latte, e apparecchiò la tavola per la colazione di Rose, appoggiando le lettere vicino alla tazza di ceramica bianca.
Poi, presi cappotto e borsa, uscì, chiudendo a chiave.
Sapeva che dentro c'era ancora la cugina, ma sapeva anche che a quell'ora non l'avrebbe svegliata niente e nessuno.
La casa poteva essere svaligiata senza che quel ghiro biondo nemmeno se ne accorgesse. Esperienza da evitare assolutamente.
Il bar si trovava a due incroci più in là. Ci lavorava da circa cinque anni, e ancora adesso, Mary stentava a credere alla fortuna di avere il lavoro così vicino a casa. Ricordava bene a che orari era costretto il padre ad alzarsi, per poter arrivare puntuale in cantiere, ogni giorno.Si incamminò a passo spedito, mentre osservava la città risvegliarsi lentamente.
Al contrario di tutte le sue amiche, sia lei che Rose non fumavano. A nessuna delle due piaceva l'odore del fumo, oltre al fatto che cominciare sarebbe stata una considerevole spesa per entrambe, cosa che non potevano permettersi, visto che, fra il lavoro di Mary e quello di Rose guadagnavano poco più del denaro sufficiente per vivere con dignità.Assorta in questo pensiero Mary quasi non si accorse di essere arrivata. Ritornando alla realtà, attraversò la strada in tutta fretta e spinse la porta, il cui campanello produsse un dolce tintinnio.
- Buongiorno Emily! Buongiorno Sammy! -
- Buongiorno Mary! Ben arrivata! -
-... Ti hanno preso a pugni sugli occhi o sono occhiaie quelle? -A parlare erano state due ragazze, entrambe cameriere e figlie del proprietario, amiche di Mary.
Emily, la più piccola, aveva 21 anni di vita ed era smilza come un ragazzetto di 14. Il motivo della sua magrezza era da trovare nelle tante energie che spendeva a saltare dappertutto con lo stesso entusiasmo delle rane che allevava di nascosto dentro casa, e che nutriva con i ragni che uccideva per l'abitazione.Aveva conosciuto Mary una di quelle rare sere in cui si degnava a tirare fuori la testa da sotto il letto e a uscire con i genitori e la sorella, per dirigersi a casa di un amico comune.
Avevano legato subito.
Sammy (Samantha), era la figlia maggiore, più seria, posata, formosa e sarcastica. A lei spettava la gestione del locale quando il padre era via, mentre la madre si occupava del bambino nato da pochi giorni. Aveva una malinconia nascosta nel profondo, in quelle ultime settimane, dall'origine incerta, che la rendeva più irritabile e pungente del solito. Anche Mary non poteva fare a meno di notarlo.
Si tolse velocemente il cappotto.
- Vedi di non far volare il vassoio dall'altra parte del bar, come ieri. - La avvertì Samantha da dietro il bancone.
- Ti ho già detto che mi dispiace. E poi ho pulito tutto. -
- Si ma stavolta faccio sul serio, Mary.
Abbiamo... Dei conoscenti da ricevere, oggi, e il bar deve essere pulito e ordinato. -
-Hey, fidati di me, Sammy. Ci penso io a farti fare bella figura - Mary le fece l'occhiolino, mentre prendeva il suo taccuino su cui scriveva gli ordini e si dirigeva verso i clienti appena arrivati.Sammy dopo un attimo di indugio le sorrise nervosamente, per poi tornare con lo sguardo sulle brioche da farcire con la marmellata. Posizione che mantenne quando Mary, avvicinatosi al bancone, porse il foglietto strappato con le richieste a Emily, perche preparasse il vassoio.
Entrambe le sorelle avevano i capelli rosso scuro, ereditati dalla madre, originaria della Norvegia, ed emigrata con i genitori in cerca di una vita migliore.
Samantha, che generalmente li portava legati in un chignon stretto, affinché non la impacciassero, quel giorno li aveva tenuti sciolti, senza nemmeno degnarsi di toglierli dalla faccia, quando le cadevano davanti agli occhi.Lo sguardo assente e la fronte corrugata fecero insospettire Mary, che si decise a chiederle che aveva, ma prima che Samantha potesse risponderle, sentì il padre che la chiamava in ufficio.
La ragazza tenne lo sguardo basso mentre si dirigeva alla porta, seguita dagli occhi preoccupati della sorella minore, che la fissò finché non scomparve nella stanza accanto.
- È da un po che va avanti così ormai - disse seria la ragazza.
A Mary ci volle un po' per registrare il messaggio.
-... Sammy? -
- Non solo lei. Anche papà è nervoso ultimamente. Mangiano poco e dormono male. C'è qualcosa che li disturba e non vogliono mai parlarmene. -
-...Tua madre cosa ne dice? -
- Tutto quello che ha saputo dirmi è che papà ha contratto un debito con qualcuno e non è riuscito a ripagarlo, perché dovevamo curare Richard. Ha qualcosa hai polmoni, e il dottore vuole la sua parte.
Oggi vogliono chiarire la questione nell'ufficio, e Sammy non se la sente di lasciare papà da solo di fronte a quelle persone. Volevo andare anche io con lei, ma non ha voluto. Dice che non vuole che io venga coinvolta, è già troppo per loro due, doverlo sopportare ... - Emily si interruppe. Il campanello della porta suonò e Mary alzò lo sguardo.Tre uomini in giacca e cravatta, tutti e tre con il sigaro fra i denti, stavano davanti alla porta. Mary mollò lo straccio per la pulizia del bancone e si fece verso di loro.
Uno dei tre, vestito di blu, andò verso di lei e Mary li condusse verso l'ufficio del padre di Emily e Samantha.
La porta si chiuse dietro gli uomini.
Da dentro tre sedie grattavano il suolo.
In quel momento Mary capì.
Mafia.
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Historical FictionAmbientata nell'America degli anni '20. ---- "Non c'è vita senza desideri. E lei li aveva cancellati per fare spazio ai bisogni. Era stata una scelta saggia? " ---- Mary aveva ventidue anni, quando la sua esistenza cambia per sempre. Per lei, in...