Saliamo ed andiamo in camera di Soph.
«Non sono d'accordo. Credo tu abbia capito come la penso» le dico incrociando le braccia al petto.
«Non ho chiesto il tuo permesso, infatti. Ho 24 anni e di certo non dò retta ad una ragazzina che ha smesso da poco di bere il latte dalla mamma e...»
La più tranquilla? Rimangio tutto.
«No no, aspetta. Ha smesso da poco di bere il latte dalla mamma? Che stai dicendo? Non sono una persona che hai incontrato per strada, sono tua sorella» dico cercando di capire il succo del discorso che sta iniziando.
«Per strada no, ma magari dentro ad un pub. Se vai a fare la puttana sulla strada guadagni di più» dice senza peli sulla lingua «so tutto, Mad» aggiunge squadrandomi.
«Non ti riguarda quello che faccio, la vita è mia e faccio quello che voglio. E poi proprio tu mi vieni a fare la predica? Sei andata a letto una volta con un ragazzo e sei rimasta incinta e per lo più eri anche ubriaca. Bell'esempio» rispondo battendo le mani «da quant'è che non lo fai eh? Aspetta quanti anni ha tua figlia? Ah si, sono forse sei anni che non vedi un ragazzo Sophia?» Chiedo e lei rimane in silenzio.
Mai giocare con il fuoco, c'è il rischio di pendersi una bella scottatura. Pensavo avesse capito come funzionassero le cose.
«Ti rendi conto che noi stavamo parlando del padre di tua figlia e tu hai cominciato a darmi della puttana? Te ne rendi conto?» Continuo urlandogli in faccia «non permetterti mai più hai capito? Ti fai tanto la mammina quando non sai un cazzo di come si fa. Povera Katrin che deve vivere con i genitori psicopatici» concludo guardandola con occhi carichi di rabbia.
«Hai davvero esagerato» dice cercando di darmi uno schiaffo, ma io la fermo prima.
«Che vuoi fare eh?» Chiedo sfidandola e lei riesce a liberare il polso dalla mia presa e assestarmi un bello schiaffo in piena guancia.
Rispondo tirandole i capelli e lei comincia ad insultarmi infilandomi le unghie nel braccio. Arrivano dopo poco Cameron e Jace a separarci.
«Vi sembra modo di comportarvi?» Chiede mia madre entrando con una faccia a dir poco arrabbiata.
«Non è colpa mia e tu levami le mani di dosso» dice a Jace.
«Sei ridicola, ora vorresti dire che è colpa mia? Hai cominciato a darmi della bambina per poi darmi della puttana» dico urlando.
«Vorresti dire che non è vero?» Chiede guardandomi dall'alto al basso.
Cerco di tirarle uno schiaffo, ma Cam mi abbraccia da dietro bloccandomi le braccia.
«Ferma piccola tigre» dice tenendomi.
«Sophia smettila! Hai ventiquattro anni. Ti stai comportando come una ragazzina. E tu Madison lascia stare tua sorella» dice mia madre mettendosi in mezzo.
«Certo perché tanto la colpa è sempre mia no? Madison di qua, Madison di là, Madison è una puttana, Madison, Madison, Madison...sempre e comunque colpa mia no? Certo» dico liberandomi dalla presa di Cameron e vado in camera mia con passo spedito.
Entro e chiudo la porta a chiave.
Decido di chiamare Dylan per raccontargli tutto. Ho davvero bisogno di lui.
«Ehi» dico vedendolo apparire sul computer.
«Ciao piccola mia, come stai? Come è andato il viaggio?» Chiede sorridendomi.
«Benissimo fino a quando ho trovato la lettera, da lì ho cominciato a piangere. Nessuno mi aveva mai detto quelle cose Dy, nessuno. È davvero bellissima» dico vedendolo sorridere.
«Sono contento ti sia piaciuta» risponde e poi mi chiede: «sei strana Mad, che è successo?»
«Un disastro...» dico iniziando a raccontargli tutto «sono tornata da meno di tre ore e già ho fatto a botte con mia sorella...»
«Lotta tra femmine. Per lo più tra le sorelle Anderson. Deve essere stato molto eccitante» mi interrompe ridendo.
«Dylan fai il serio» dico facendomi una crocchia.
«Scusa Mad, ma sto immaginando troppo la scena» dice ridendo e facendo ridere anche me.
«In effetti eravamo abbastanza ridicole. Mentre io le dicevo che non era una brava madre, lei mi dava della puttana e tutto questo mentre mi stava infilando le unghie nel braccio ed io le stavo tirando i capelli. Ha delle unghie assurde, guarda!» Dico facendogli vedere il sangue leggermente secco.
«Devi disinfettarlo Mad guarda che cos...»
Veniamo interrotti da un rumore dentro il mio armadio.
«Cos'era?» Chiede lui.
«Vado a vedere.»
Mi alzo, apro l'armadio e trovo Cameron con tutti i miei vestiti che gli sono caduti addosso.
Tiro un urlo mettendomi la mano sul cuore.
«Mad chi è?» Chiede Dylan.
«È quel cretino di mio fratello Cameron.»
«Ah o...» Non finisce la frase che Cameron chiude il computer.
«Sei un maleducato, stava parlando!»
«Abbiamo cose più importanti di cui parlare e comunque» si interrompe guardando verso l'armadio «credevo di non passarci più per quel buco. L'abbiamo fatto quando avevi cinque anni. Lo usavamo sempre quando non riuscivamo a dormire e dormivamo insieme, te lo ricordi?»
«Si» dico categorica.
«Non puoi essere arrabbiata con me.»
«È esattamente quello che sto facendo.»
«Vuoi dirmi che hai?» Chiede sedendosi sul letto vicino a me.
«Sono arrivata da meno di tre ore e già Sophia mi dà della puttana, picchiandomi. Ha 24 anni e si comporta come una bambina» sbotto alzandomi «e per una volta che avresti dovuto prendertela con lei non l'hai fatto, sembra che ti piaccia prendertela solo ed esclusivamente con me» aggiungo gesticolando molto.
«Non è così Madison. Tu sei più piccola e finché posso, voglio proteggerti. Lei invece è maggiorenne ed ha una figlia. Sa quali sono le conseguenze delle sue azioni» replica prendendomi i polsi e guardandomi negli occhi.
«Non devi proteggermi da niente» gli ripeto per la millesima volta in sedici anni.
«Mi sento in dovere di farlo e lo sai» dice stringendosi nelle spalle. Ogni volta lo dice, lo usa come una giustificazione. So che mi vuole bene e che, se potesse, installerebbe una cimice nei miei vestiti per seguire tutti i miei spostamenti e per controllarmi in ogni singolo momento, ma arriverà un momento in cui dovrà lasciarmi andare e forse in quel momento lo rimpiangerò io, ma a volte è davvero troppo appiccicoso.«Madison ti prego perdonami, non so cosa mi sia preso è solo che pensavo che tu mi avresti capito, che avresti accettato, tutto qui. Non so perché ti ho detto tutte quelle cose, non le penso e lo sai. Ti voglio bene, quelle cose non le penso davvero» dice Sophia irrompendo in camera.
«Facile chiedere perdono dopo che mi hai buttato addosso gli insulti peggiori» dico evitando il suo sguardo.
«Entrambe abbiamo sbagliato. Siamo due persone adulte ormai e dobbiamo comportarci come tali» mi dice avvicinandosi.
«Se ti aspetti delle scuse, lo sai che non le riceverai mai, almeno non per ora» la informo.
«Credo che delle scuse da parte tua sarebbero il minimo» dice lei alzando le sopracciglia.
«Okay, quella è la porta. Puoi anche uscire. Non sentirai mai la parola "scusa", nei tuoi confronti, dalla mia bocca» dico indicandole la porta e lei esce dicendomi che è impossibile parlare con me in modo civile. Cameron la segue e chiude la porta. Mi guardo intorno. Sembra passato un secolo dall'ultima volta che sono stata in questa camera. È così in ordine: i libri sono messi uno affianco all'altro nella libreria, i fogli sulla scrivania sono ordinati in una pila, le lenzuola leggermente stropicciate per il fatto che ci siamo seduti io e Cameron sopra, ma il resto è perfetto. Metto un po' di musica e decido di sistemare l'armadio per distrarmi da ciò che è appena successo. Cameron ha fatto cadere tutti i vestiti che ora sono ammucchiati a terra.