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«Dov'è John?» Chiedo ancora con il fiatone e le lacrime agli occhi.
«Perché stai piangendo?» Mi chiede senza rispondere alla mia domanda.
«Lui, dov'è?» Ripeto.
«È in cucina. Che è successo?» Domanda nuovamente accarezzandomi la guancia.
Lo sorpasso e vado in cucina dove è di spalle a cucinare qualcosa.
«Cameron chi era adesso? Giuro che se era di nuovo quel venditore lo denuncio. È la quinta volta che suona da questa mattina» dice posando il coltello e si gira, mi guarda sorpreso.
«Madison, non credevo fossi t...» inizia a dire, ma lo lascio senza parole abbracciandolo.
«Scusa, sono stata troppo dura con te senza sapere che, ciò che stavi facendo, lo facevi per noi» dico godendomi il nostro primo abbraccio.
«Hai letto la Lettera?» Chiede lui riferendosi a quella in particolare ed io annuisco.
«Ero così arrabbiata con te perché credevo mi avessi abbandonata perché non volevi avere a che fare con me, invece, hai fatto tutto per noi» dico e lui sorride stringendomi forte a lui.
«Sapevo che prima o poi avresti capito tutto. Speravo tu riuscissi a farlo qualche anno fa, ma non essendoti mai arrivate le lettere, sarebbe stato molto difficile capirlo. Non vi avrei mai lasciato se non fosse stato per il lavoro. Era davvero un brutto periodo quello Madison e se non avessi trovato un buon stipendio, molto probabilmente avremmo dovuto dare via la casa...» lo interrompo dicendo che non mi servono altre spiegazioni perché ho avuto già tutte le risposte alle domande che mi ponevo da anni. Cameron ci guarda sbalordito assistendo a questa scena a cui mai avrebbe pensato di assistere.
«Finalmente tutto si è risolto» dice abbracciandoci. Io e John ridiamo a quella sua affermazione senza pensare alla mamma e a tutto il resto. Siamo solo noi tre in questo momento.
«Dylan non ci crederà quando glielo racconterò» sospiro sistemandomi i capelli.
«Mi piacerebbe tanto conoscerlo, mi sembra un bravo ragazzo» dice John.
«Lo è davvero. È magnifico» sorrido.
«Io credo bisogni fare un passo alla volta» dice Cameron e John lo asseconda.
«Hai ragione, anche perché, ho l'impressione di non essergli molto simpatico» afferma facendoci ridere.
«Si diciamo che tende a preoccuparsi molto per me ed è molto protettivo. Ci vorrà un po' prima che si abitui a questa situazione» dico pensando a quanto sarà difficile per lui accettare tutto.
«Con tutto quello che ti è successo, non lo biasimo» dice Cameron ed io lo fulmino. Non ho intenzione di raccontare quel genere di cose a John. Né ora né mai.
«Vuoi che ti dia una mano a preparare il pranzo? A breve tornerà la mamma e ancora sei molto indietro» cambia discorso prima che John possa fare qualsiasi genere di domanda.
«Quella donna è insopportabile» sbuffa prendendo un piatto «fortunatamente tra poco andrò a vivere nella casa nuova» aggiunge accendendo i fornelli.
«Te ne vai?» Chiedo sorpresa.
«Vado solo a vivere in un'altra casa. Io e tua madre non ci troviamo più come una volta, in sedici anni si cambia molto» come contraddirlo.
«Rimarrei qui a parlare per ore, ma sono scappata di casa senza dire niente a Dylan ed è passata gia un'ora. Conoscendolo si starà già preoccupando e...»
«Mad, sei uscita così di casa? Con due gradi che fanno fuori? Freddolosa come sei dovevi essere davvero fuori di testa» mi interrompe e solo ora mi rendo conto che, dall'agitazione, non mi sono nemmeno accorta che non ho né la felpa né la giacca.
«Mi presteresti una delle tue felpe?» Chiedo facendo gli occhi dolci e lui sbuffando ne prende una. Li saluto e torno a casa.
«Oh finalmente» dice vedendomi entrare in casa.
Gli salto in braccio allacciando le gambe intorno alla vita e lo riempio di baci.
«A cosa è dovuta questa felicità?» Chiede guardandomi «un momento, di chi è questa felpa?» assottiglia gli occhi in due piccole fessure facendomi scendere.
«È di Cameron» rispondo tenendogli le braccia dietro al collo e lui si tranquillizza «ho parlato con John» dico ad un centimetro dalle sue labbra.
«Cosa? Ed ora?» Chiede agitato.
«Ed ora proveremo a recuperare gli anni persi» replico e vedo già dal suo sguardo che non dirà niente di buono.
«Non si possono recuperare sedici anni. Non può tornare dal nulla e decidere che dovete recuperare il tempo perso» borbotta andando in salone.
«Dylan, non lo ha deciso lui. L'ho deciso io. Era una scelta che spettava a me e lui non poteva fare nient'altro che aspettare» dico sedendomi vicino a lui «non devi preoccuparti. So cosa faccio e non c'è bisogno che tu mi protegga» lo rassicuro, ma non sembro riuscirci.
«Hai sofferto tanto Madison. Non voglio che tu soffra ancora» dice addolcendosi.
«Sto bene e starò bene. Non vuole farmi soffrire Dylan. Lui mi vuole bene. Ha cercato di mettersi in contatto con me per sedici anni ed ora che l'ho perdonato non lascerà che mi succeda niente. Per favore, fidati di me» gli chiedo strusciando il naso sul suo «per favore» insisto e lui mi bacia «lo prendo come un si» dico sorridendo e baciandolo nuovamente.
«Se non avessi avuto il ciclo, probabilmente i tuoi vestiti sarebbero già per terra» mi dice baciandomi il collo e mi viene da ridere.
«Scusa Dy» rido di nuovo, ma più forte.
«Mi sono ricordata ciò che il medico ha detto a Scarlett» mi interrompo per prendere fiato «non potrà più "avere rapporti con il suo partner"» dico imitando il dottore «la faccia di Scarlett in quel momento, fantastica» rido tenendomi la pancia.
«No. Aspetta. Quando sarai incinta non potremo fare l'amore?» Chiede spalancando gli occhi.
«Beh non lo so, ma c'è ancora tanto tempo» dico alzando le spalle.
«Noi non avremo mai dei figli» scherza lui caricandomi su una spalla e portandomi in camera «dovrei rinunciare a questo corpo. A queste mani che mi toccano. A questo seno così perfetto» dice facendomi sedere sopra di lui «è vero, però, che diventerà più grande. Guarda Sarah» dice alzando le sopracciglia.
«Tu le hai guardato le tette?» Chiedo guardandolo.
«Cosa? Quando l'ho detto?» Risponde mentendo.
«Dylan!» dandogli una pacca sulla spalla.
«Non fare la gelosa e baciami» dice avvicinandomi a sé, ma veniamo interrotti dal campanello che suona.
«Nanny, ciao» dico aprendo la porta e lei mi sorpassa andando in cucina.
«La mattinata più lunga della mia vita. Lo sapevi che fare la spesa durante le feste è un incubo? È pieno di gente ignorante e scortese» si lamenta posando le buste sul bancone «una signora ha cominciato ad urlarmi contro perché stavo dialogando con la cassiera. Non si può più essere cordiali al giorno d'oggi» sbuffa sistemando la spesa negli appositi scaffali.
«Nanny tu parli anche con i muri!» Le dico ridendo.
«Non c'è nulla di male nel fare della buona conversazione» risponde agitandomi davanti i miei cereali preferiti.
«Sei la migliore» le dico dandole un bacio sulla guancia.
«Mad, chi er...oh salve» dice Dylan entrando in cucina.
«Mi dispiace avervi disturbato, ma ho lasciato le mie chiavi qui» dice prendendole dal bancone e mettendole in borsa «questa testa non è più la stessa di una volta» aggiunge sospirando.
«Non si preoccupi» le risponde Dylan.
«Tesoro, dammi del tu, non so più come dirtelo» dice preparando il pranzo.
«È testardo, lo so» lo prendo in giro abbracciandolo.
«Mi ricordate tanto me e tuo nonno quando eravamo giovani» dice e, come ogni volta che accenna a parlare di lui, la tristezza prende il sopravvento «eravamo così innamorati e grazie ai nostri genitori, che ci impedivano di stare insieme, lo diventavamo sempre di più. A soli diciott'anni eravamo diventati inseparabili, proprio come voi due» sorride e mi viene quasi da piangere. È la prima volta che parla della sua relazione con il nonno. Ha sempre detto che gli faceva troppo male rivivere quei ricordi, non so cosa le abbia fatto cambiare idea ora, ma sono felice che ne abbia trovato il coraggio.
«Non permettete a nessuno di mettersi in mezzo» dice avvicinandosi e dandoci un bacio sulla guancia.
«Ti dispiace finire tu qui? Vado a stendermi un paio di minuti. Stare in giro tutte queste ore mi ha stremato» mi dice andando in camera.
«Wow» dico sedendomi a tavola «l-lei non me ne aveva mai parlato» aggiungo guardando dritto davanti a me.
«È davvero una grande donna» dice Dylan venendomi vicino.
«Già, una grande donna» ripeto continuando a guardare il vuoto.

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