"Harris, devi far controllare le impronte trovate sulla scena del crimine, mi raccomando" Kat si rivolse ad Harris guardandolo per un secondo, mentre camminava svelta lungo il corridoio principale del dipartimento, che attraversava gli uffici. "Wiston, la dottoressa Turner ti cercava, portale le analisi" disse, sempre con un'occhiata veloce.
"Chris, Chris! Penso sia ora!" Fece l'occhiolino al collega. Entrambi si dirigettero verso l'ufficio del capo e bussarono.
"Sì, avanti?" la voce grave del sergente Erickson lì invitò ad entrare.
"Signore, deve venire con noi un momento" disse Chris, serio.
"Devo?" Chiese il sergente, che da tanto tempo ormai non prendeva più ordini da nessuno.
Chris lanciò un'occhiata a Kat, imbarazzato.
"Sì, deve." Azzardò lei, con un sorriso.
Chris aprì la porta e fece cenno ai colleghi di andare nell'altra sala, mentre il sergente era occupato ad alzarsi ed aggirare la scrivania.
"Cosa avete combinato, ora?" Domandò burbero, ma allo stesso tempo divertito.
"Venga, venga" Kat gli fece cenno di seguirla.
Attraversarono il corridoio e ed entrarono nella sala riunioni, al buio.
"AUGURI!!!"
Quando luci si accesero erano tutti lì. Tutti. I detective, i colleghi, i vecchi amici.
"Voi siete matti!" Disse con le lacrime agli occhi. "Fammi indovinare, Elizabeth?" Indicò il gigantesco nastro con scritto Tanti Auguri.
"È per i ciechi" annuì Kat, ironica. Poi sorrise e lo abbracciò. "Tanti auguri, boss.""Ehi, sono a casa!" Kat si tolse le scarpe all'ingresso, per poi buttarle disordinatamente per terra.
"Ciao! Com'è andata? Mi dispiace di non essere venuta a fare gli auguri ad Erickson, ma in studio stiamo lavorando ad un caso assurdo. Ringrazio di essere a casa, questa sera." Liz uscì dalla cucina.
"Non ti preoccupare, era come se ci fossi anche tu, fidati." Kat le sorrise.
"Non credo di capire, ma... okay..."
"Stai cucinando?" Kat la interruppe, avvertendo un invitante profumo provenire dal forno.
"Sì... mi sto cimentando nella cucina italiana ultimamente, sto sperimentando le lasagne alla bolognese" rispose, entusiasta.
"Sperimentando?"
"Zitta.""Diamine se era buona! Ben fatto, Liz. Cucina pure quando vuoi!" disse Kat mandando giù l'ultimo boccone.
"Simpatica... domani tocca a te cucinare. E lavare i piatti."
In quel momento suonò il campanello. Le due sorelle si guardarono perplesse.
"V-vado io." Kat si alzò e andò ad aprire la porta: una ragazzina non più alta di un metro e sessanta era esattamente davanti a lei.
"Come posso aiutarti?" chiese.
La ragazzina la fissava spaventata, sembrava aver passato l'inferno, era sporca e spettinata, nonostante indossasse abiti di alta classe. "Ti sei persa? Tutto bene?" continuò Kat.
"La prego, mi dica che è lei Katherine Johnas" implora.
"Sì, sì, sono io..." era oltremodo perplessa, e non fece nemmeno in tempo a formulare un pensiero nella sua mente che la piccola la abbracciò con un movimento veloce.
"Kat, tutto bene? Che succede?" Liz apparve in quel momento, il quale sembrò essere il più bizzarro nella vita di Kat. Elizabeth guardò la ragazzina con aria investigativa, poi capì. Guardò Kat come se avesse visto in fantasma. "June? Sei tu?"
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June
General FictionJune vive in un'enorme villa a Los Angeles, padre medico, madre attrice; in mezzo alle migliori comodità, non si sente a casa, tanto che un giorno, in seguito ad una serata andata male, è costretta a fuggire.