"Mi dispiace che non ci sia molto da fare, qui" Kat si rivolge a me, mentre è intenta a pulire la credenza. "A meno che tu non abbia voglia di aiutarmi con le faccende" sorride ironica.
Alzo le spalle, dal momento che so già che non otterrei niente nemmeno rendendomi utile. Sono seduta al tavolo della cucina e scorro su e giù nella home del mio profilo Instagram. Le notifiche continuano ad apparire, instancabili.
"Come immaginavo" continua Kat.
"Quindi? Quando tornerei a casa?" chiedo seccata.
Kat smette di pulire, si blocca ed infine si gira verso di me, mettendosi le mani sui fianchi.
"Non lo so. Dobbiamo parlarne con Elizabeth, prima. Speravo di prenotare un volo entro la fine della settimana, una di noi ti accompagnerà."
Mi sento ferita. Kat è così schietta, così chiara.
"Io davvero non voglio tornare" ho ancora la testa abbassata sul telefono.
"Quella è casa tua e sarà lì che passerai gli ultimi anni prima del college."
"Lei non può capire..."
"Tu non mi vuoi spiegare."
C'è un attimo di tensione, Kat mi guarda negli occhi mentre stringe la pezza umida tra le mani. Vorrei poterle dire qualcosa, vorrei potermi fidare, ma non posso. Non ce la faccio.
Sentiamo scattare la serratura della porta d'ingresso, è Elizabeth che torna dal lavoro.
"Auguroni!!!" esclama con entusiasmo appena mi vede. Entra in casa con una grande torta con le candeline accese. Sono stupita, mi sorprendo ancora di più quando vedo anche Isaac entrare.
"Oddio, grazie, grazie mille" ho quasi le lacrime agli occhi.
Kat corre ad aiutarla e porta il dolce in cucina, noto che anche lei, come me, non se l'aspettava.
"Grazie davvero" abbraccio la zia senza nemmeno lasciarle il tempo di appoggiare la borsa.
"Di niente, tesoro, buon compleanno."
Non voglio staccarmi, nessuno aveva mai fatto nulla di simile per me prima d'ora.
"June, stai piangendo? È tutto okay?"
"No, io... sto bene." La lascio andare e mi asciugo le lacrime. Sono al limite della felicità, nonostante tutte le cose andate male fino ad ora.
"Non siamo in molti, come vedi, ma passeremo una bella serata. Scusami se non sono rimasta con te oggi, il lavoro chiama" dice con una punta di esasperazione.
"Non c'è problema, mi avete fatto la migliore sorpresa del mondo" mi rivolgo a Liz e Isaac, dopodiché vado da lui e lo abbraccio.La serata trascorre serena, Liz e Kat sono fantastiche e Isaac è simpaticissimo. Mi sembra di vivere un sogno in quanto non ho mai provato tante emozioni in così poco tempo. La paura, l'insicurezza che provavo all'inizio si sono trasformate in calore e apprezzamento. Non so che futuro potrei avere qui, ma accetterei qualsiasi cosa pur di non tornare a casa. Mi rendo conto di aver trovato la mia isola felice, nonostante tutto. Devo tentare in tutti i modi di convincere le zie a farmi restare.
Ancora il pavimento umido, il fuoco, la paralisi. In qualche modo vedo la mia immagine riflessa nell'aria, il liquido che mi scorre lungo il corpo non è altro che sangue. Sono coperta da un telo bianco che non si sporca, ma è bagnato a sua volta. Provo ad urlare ma non riesco ad emettere nessun suono.
"Sei una ragazzina impertinente" sento nella mia testa, ma non vedo nessuno.
"Sei solo una puttana" continua.
Dei frammenti mi tornano alla mente. Voglio che questa voce esca dalla mia testa, voglio andarmene. Voglio solo che finisca presto.Mi sveglio sussultando, il polsi mi fanno malissimo. Decido di andare in cucina per bere un po' d'acqua, e magari trovare del ghiaccio.
"Io non penso che sarà un problema" sento zia Liz parlare dalla cucina.
Sono sulle scale, e noto che la luce è accesa al piano di sotto, le zie stanno parlando.
"Liz, è stata un problema dal momento in cui è arrivata"
Capisco che stanno parlando di me.
"Non dire così! Non è vero, hai visto come si è presentata alla porta l'altra sera, Dio solo sa cosa può aver passato!"
"Ha tentato di uccidersi! E se lo rifacesse ancora? Ha bisogno di un sostegno psicologico, e forse è meglio che torni a casa sua da un bravo psicoterapeuta."
"L'hai sentita, non vuole entrare in terapia, e tanto meno vorrà farlo a Los Angeles. Inoltre, Paul ha detto che non ha modo di venirla a prendere..."
"Oh il modo ce l'ha, penso che il motivo sia un altro... sono sempre più convinta che abbiano litigato o qualcosa di simile. Ad ogni modo, penso che sia opportuno che una di noi due la accompagni."
"Cosa intendi con una di noi due?"
C'è un secondo di silenzio.
"Vorresti dire tu, Liz, l'accompagnerai, no?"
Avverto un istante di forte tensione.
"No" ribatte secca Kat. "La porterò io se necessario"
"Io penso che non sia necessario. Potremmo farla restare per un po', mentre si calmano le acque"
Il cuore mi si riempie di speranza.
"Non sono d'accordo. Intendo scavare a fondo in questa situazione e scoprire quello che June non ci vuole dire. Prima risolviamo il problema, meglio è."
Sono assorta nei miei pensieri e non faccio caso al rumore di passi nel corridoio.
"June?" Kat mi sorprende seduta sulle scale che portano al piano di sopra.
Schizzo in piedi immediatamente.
"Perché non sei a dormire?" mi chiede.
"Io... ecco..." mi sento in imbarazzo. "Sì, dovrei andare, mi scusi..." mi arrendo e faccio dietrofront per tornare in camera.
"June!" Kat mi ferma. "Quanto hai sentito?" sembra dispiaciuta.
La guardo sconvolta, come se le sue parole nelle conversazione con Liz non mi avessero ferita.
"Ha importanza?" rispondo con le lacrime agli occhi. "Me ne andrò presto."
"June?" arriva anche Liz.
Mi asciugo le lacrime, nonostante l'imbarazzo. Eccole qui, le zie, ai piedi delle scale, oltre il corrimano, che mi guardano serie. Continuo a guardarle, esausta, e realizzo che non capiranno mai il perché della mia richiesta di aiuto, non capiranno mai che quello che mi è accaduto va ben oltre la loro immaginazione. Va ben oltre ciò che riesco ad affrontare.

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June
Художественная прозаJune vive in un'enorme villa a Los Angeles, padre medico, madre attrice; in mezzo alle migliori comodità, non si sente a casa, tanto che un giorno, in seguito ad una serata andata male, è costretta a fuggire.