Capitolo 4

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 Quella mattina Sophia si sentiva più stanca del solito, per cui ci mise un po' di più a prepararsi. Indossò la gonna a vita alta e la camicetta bianca, per concludere con la giacca dello stesso completo e la sua borsa. Uscì di casa e con la sua auto si diresse all'ufficio, dopo aver imprecato contro il traffico mattutino e contro due ragazzi che attraversavano la strada ubriachi fradici di ritorno da qualche discoteca. Parcheggiò l'auto nel posto riservato e la chiuse con il telecomando, tutto come sempre, ma venne subito investita dalla confusione che sprigionava la folla davanti al suo ufficio. 

Si avvicinò rapidamente pronta chiedere cosa fosse successo, quando venne bloccata da Demi. 

<< Signorina, meno male che è arrivata! Corra la prego, si tratta di lei >> 

<< Di me? Che succede? >> 

<< Venga a vedere con i suoi occhi >> la faccia terrorizzata della donna la sconvolse ancor prima di quello che vide.. 

Si fece spazio tra la folla e arrivò davanti a tutti, quando si portò una mano davanti la bocca per evitare di urlare: l'avvocato McCallon, che aveva conosciuto in altre occasioni, giaceva insanguinato davanti all'ingresso del palazzo. L'uomo giaceva a pancia sotto, con solo i pantaloni indosso e la schiena completamente in vista, sulla quale un grande tatuaggio rosso, segno che era appena stato fatto, mostrava una scritta che la fece rabbrividire.. 

<< Io.. penso che dovresti leggerlo >> suggerì Demi spaventata. 

Si avvicinò abbastanza disgustata al cadavere:

"A Sophia Martinez. Che la mia morte possa servire da lezione a tutti quelli che proveranno a mettersi contro Austin Evans. Paura avvocato?"

La ragazza rimase paralizzata da quelle parole. Quel cadavere era l'avvertimento che Austin le stava facendo. Non si sarebbe arreso, lei non lo spaventava affatto. Non poté fare a meno di sentirsi spaventata e colpevole. McCallon era stato ucciso per spaventarla. Austin voleva che rinunciasse a quell'incarico, aveva ucciso McCallon, e non avrebbe avuto problemi ad uccidere anche lei. In quel momento Sophia si chiese se Austin si fosse ricordato di lei o se l'avesse fatto solo come una sorta di rito di iniziazione per una guerra. Sperava che il loro primo contatto una volta tornata da Toronto potesse essere meno brusco.. non si aspettava delle rose di ringraziamento, ma neanche un cadavere dotto l'ufficio. 

Dopo ben due ore in cui la polizia raccolse le impronte, Sophia rimase seduta sul marciapiede ripensando all'accaduto. Austin era partito in quarta con lei, e non si sarebbe fermato. Questo era solo l'inizio. 

Si asciugò le lacrime, non doveva piangere. Tornò dagli agenti che intanto avevano portato via il cadavere e in quel momento notò un ragazzo che la fissava: aveva gli occhiali da sole e il cappuccio alzato, e quando notò che lei lo aveva visto, si alzò dalla sedia del bar e si incamminò verso un'altra strada. Sophia non era stupida, sapeva bene che quello era uno dei ragazzi mandati da Austin per spiarla, ma per quel giorno decise di lasciar cadere la cosa. Alla fine non aveva nessuna prova per arrestare un giovane che se ne stava seduto al bar. 

Il signor Climb le permise di tornare a casa dopo l'accaduto, e la ragazza si rifugiò nel suo piccolo appartamento. Avrebbe dovuto affrontare con più serietà la questione "Austin", ma la verità era che lei voleva rivederlo e non dentro una sala del tribunale. Non per lavoro, ma perché lui dopo tutto era ancora un bel ricordo, seppur doloroso. Mentre si preparava un boccone per pranzo squillò il suo cellulare e sul display comparve "Numero Privato". 

<< Pronto? >> 

<< Salve avvocato >> 

<< Con chi parlo? >> posò gli utensili da cucina e si concentrò sulla chiamata. 

Manette a forma di cuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora