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Incredula mi lascio cadere sul letto e cerco di riflettere sulla gravità della situazione con gli occhi rivolti verso quella valigia così identica alla mia ma che non lo è

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Incredula mi lascio cadere sul letto e cerco di riflettere sulla gravità della situazione con gli occhi rivolti verso quella valigia così identica alla mia ma che non lo è.
Un incubo! Si, volete sapere qual è il peggior incubo di una donna? Ora so quale risposta dare a questa domanda: rimanere senza vestiti, senza intimo, senza creme,  trucchi, pinze e pinzette varie e soprattutto senza il carica batteria del cellulare.

Devo per forza trovare la persona che ha la mia valigia. Si, ma dove? Cercare qualcuno di cui non si sa il nome a New York è come cercare un ago in un pagliaio. L'unica cosa che so di certo è che la mia roba è in mano ad un uomo.
Sorrido al pensiero di un ipotetico lui che apre la sua per disfarla e si trova tra le mani indumenti femminili. Che reazione avrà avuto? Mi starà cercando? Sarà disperato quanto me?

"Merda! Merda!" inizio a blaterare con le mani strette a pugni e gli occhi rivolti al soffitto. Occhi che in pochi istanti si riempiono di lacrime che scivolano giù grosse come pere. Faccio respiri profondi per cercare di recuperare la calma e pensare su cosa fare per recuperare la mia roba. L'unica possibilità che ho è tornare in aeroporto e rivolgermi al servizio bagagli. Si, è l'unica cosa da farsi.

Aspetto fiduciosa che la luce del giorno inizi a filtrare dalla persiana della finestra; quindi mi alzo, mi vesto e pochi minuti dopo sono fuori pronta a salire su un taxi e arrivare in aeroporto. C'è parecchia gente. Faccio la fila e aspetto con pazienza il mio turno.
"Avrei bisogno di aiuto" dico al tipo di fronte a me quando finalmente arrivo a toccare il bancone.
"Dica".
"Qualcuno ha preso la mia valigia scambiandola per la sua. Ci sarà un modo per risalire al tizio, vero? Voi avete un modo per ritrovarla?"
"C'è scritto un nome sulla targhetta?"
"Quale targhetta?"
"Quello che si mette di solito attaccato alla maniglia".
"Non c'è nessuna targhetta". E gli mostro la valigia in modo tale che lui stesso possa accertarsi della cosa.
"Allora deve aspettare che la contatti il tizio".
"Il tizio? E come?"
"Lei nemmeno aveva scritto il nome sulla targhetta?"
"Nessun nome sulla targhetta. Senta..."
"No, senta lei. Se non sappiamo i nomi non possiamo recuperare nulla. Avete avuto entrambi poco buonsenso. I nomi vanno scritti, sempre. Ora l'unica cosa che posso consigliarle di fare è lasciare qui quella valigia, fare una denuncia di smarrimento e aspettare che qualcuno riporti qui la sua".
Osservo allibita il tizio che mi parla da dietro il bancone. Lasciare la valigia? Non ci penso proprio. Così, mentre lui è occupato a rovistare tra i cassetti alla ricerca dei fogli da compilare, io considero l'idea di girare sui tacchi e andarmene. Pochi secondi e sono lontana da lì, arrabbiata con me stessa e con il "ladro".

Torno nella pensione in cui alloggio, lancio il bagaglio in un angolo della stanza ed esco di nuovo per andare a riempire il mio stomaco e sbollire la rabbia.

Faccio colazione con una bella tazza di caffè e con una buona razione di pancake con sciroppo d'acero. Poi, non avendo voglia di tornare a stare chiusa in camera a piangermi addosso, passo il resto della giornata passeggiando in mezzo al verde di Central Park. Sapevo che fosse uno dei parchi più conosciuti al mondo, il polmone verde di New York lo chiamano, ma mai avrei immaginato la  bellezza di questa macchia verde situata in mezzo al grigio dei palazzi. Mi chiedo come riesca a sopravvivere tra questi mostri di grattacieli. Cammino guardando a destra e a sinistra per cercare di non perdermi nulla della sua bellezza e, cammina cammina, senza rendermene conto, raggiungo il Bow Bridge, il famoso ponte sospeso sopra ad un laghetto artificiale. Rimango senza parole. Altro che cartolina. Ha dei panorami stupendi. E mentre sono ferma, impalata ad ammirarne la bellezza dei colori del crepuscolo, dove l'arancione del sole calante si mescola con le acque del lago, vengo urtata da un tizio che più che camminare sembra correre. La magia che sento dentro svanisce di colpo.
No, ancora lui! penso riconoscendo in lui la stessa persona che mi ha rubato il taxi da sotto il naso. Inconfondibile. Il tatuato. Si, ora so con certezza che è un vero maleducato. Nel suo vocabolario non esiste la parola scusarsi.

Un amore tossicoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora