Capitolo 4

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Entro in palestra. Gli spalti sono pieni di ragazzi strepitanti, alcuni chiacchierano, altri sgranocchiano qualche snack, altri smanettano al cellulare e altri guardano le cheerleaders che si riscaldano. C'è troppa gente.
Tiro su il mio cappuccio anche se sono in un luogo chiuso. Cerco con lo sguardo un posto libero e ne trovo uno in quinta fila.
Mi vado a sedere e cerco con lo sguardo Jason. Questa partita è la prima della stagione, bisogna iniziare bene per assicurarsi il resto della... stagione, credo. Lo trovo a baciare Leila. Goditi questo momento perché sarà l'ultimo, sogghigno divertita.
Jason alza lo sguardo e mi becca fissarli con un sorriso abbastanza inquietante. Mi guarda un po' male, forse si chiede cosa stia pensando. Ridacchio e cambio direzione dello sguardo.
"Ehi, Shira." Mi saluta Bella avvicinandosi e sedendosi nel posto libero vicino al mio. Le sorrido distrattamente e riporto lo sguardo su Jason. Si sta riscaldando, vedo la tensione nei suoi gesti.
"Ieri non ti ho più vista alla festa."
"Se si poteva chiamare festa..." Sbuffo. Lei non risponde.
La partita comincia, non ci capisco molto di basket, ma ho intuito che la squadra avversaria è brava. Le cheerleaders sembrano galline in calore, soprattutto Leila.
"Perché sei andata via?" Non voglio mentirle. Lei mi sembra una ragazza che non mi mentirebbe mai e, in un certo senso, mi sento in dovere di non farlo neanch'io.
"Leila mi ha insultata e io me ne sono andata." Bella non parla, dovrei preoccuparmene?
Dopo un minuto di silenzio passato a guardare i giocatori correre avanti e indietro, finalmente parla.
"E quindi cosa hai intenzione di fare?" Mi chiede continuando a tenere lo sguardo sui giocatori. Sbuffo pensando ad una risposta che non implichi il riferire il mio piano alla ragazza qui vicino.
"Non voglio vederla mai più."
Sogghigno: bella scelta di parole.
Lei non dice più niente, forse penserà che io sia una bambina viziata, ma non lo sono.
Quando ero piccola ero un po' capricciosa. Ok, ero molto capricciosa, ma ero una bambina. Chi non ha mai fatto i capricci per delle caramelle? Chi non ha mai fatto i capricci per guardare la televisione un po' di più? Chi non ha mai fatto i capricci per una qualsiasi ragione? Nessuno.
Io non sono tanto diversa da tutte le altre bambine. In passato si studiavano i cervelli dei criminali ormai morti perché si pensava che il loro cervello fosse diverso da quello di una persona qualunque. Si pensava che, se uno era un assassino, ladro, rapinatore... aveva una mente diversa da quella di un cittadino onesto, buono e mite.
Una teoria più stupida di così non è mai esistita: se uno diventa criminale non è perché è diverso da tutti gli altri!
Ad ogni modo la mia mente è sempre stata criminale, ma non è assolutamente diversa da quella di una qualsiasi altra ragazza.
Ogni tanto, quando ero una bambina, rubacchiavo qua e là. No, no niente di grave.
Semplicemente quando mi piaceva una bambola che non possedevo, la prendevo, quando rimaneva un dolce nel piatto ero la più veloce a prenderlo, quando avevo voglia di caramelle, andavo nell'ufficio della direttrice e le prendevo. Nulla di che.
Però finivo spesso in detenzione, vuoi per le litigate in camerata, vuoi per le risse...
Quando c'era una rissa ero sempre la prima ad entrarci, se non ne ero la protagonista. Non ne vado fiera, mi sono rimediata un bel po' di lividi e di bernoccoli. Ma ne uscivo sempre vincitrice. Comunque non dimentichiamoci che la bambina in questione era Shira Drake, voglio dire: chi è che potrebbe uscire intatto da una rissa con me?
Fatto sta che alla fine mi hanno messo in isolamento. Ma sapete, queste sono quelle situazioni che ti formano. Quando si affronta una prova, che sia grande o piccola, se ne esce sempre con qualcosa da imparare.
Io, per esempio ho imparato a farmi rispettare, a crearmi una corazza, a non farmi mettere i piedi in testa, a onorare il nome che porto. E tutte queste cose non le ho imparate nel periodo delle medie. Le ho imparate all'età di quattro o cinque anni.
Papà mi diceva sempre che 'Signori si nasce anche dentro una capanna'. Lo diceva sempre, me lo ripeteva sempre. Mi ha insegnato tanto in quei tre anni che ho vissuto con lui. Mi ha insegnato che le circostanze, che le situazioni le creiamo noi.
Bisogna imparare da ogni esperienza, ogni momento, ogni giorno. Bisogna imparare a tenere la testa alta.
Il primo anno della mia vita in orfanotrofio l'ho vissuto tra bullismo e prese in giro. Come potete ben immaginare, essere la figlia di una criminale assassinata e di un pazzo indebitato fino al collo porta non solo all'essere al centro dei pettegolezzi, ma anche a subire ingiustizie.
Avevo tre anni allora, non ero ancora forte. Ho pianto tanto, ma tanto tanto. Ho tentato varie volte di scappare da quel posto orribile.
Ho dovuto imparare sulla mia pelle.
Non sono una di quelle ragazze tumblr, non vado in giro a raccontare quanto ho combattuto e quanto il mio passato è stato difficile. Non mi piace che la gente porvi pena per me, non lo sopporto.
Quando vedo nei loro occhi la pena, il dispiacere, quando vedo che mi trattano bene solo per la situazione dei miei genitori, allora divento quello che sono.

F.I.R.E.W.O.R.K.S. [SOSPESA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora