dal capitolo precedente...
"Signorino Frost, risponda."
Jason mi guarda per una frazione di secondo prima di voltarsi verso il commissario e rispondere deciso..."Sì, la signorina Drake non ha preso parte a nessun tipo di furto giovedì 23 novembre. Era a casa malata."
Tiro un sospiro di sollievo.
Lancio un'occhiata di ringraziamento al mio eroe ma lui non ricambia lo sguardo. Ho capito: è ancora arrabbiato, ma prima o poi gli passerà.
"Bene, signorino Frost, è libero di andare. La ringrazio per aver preso parte a quest'interrogatorio."
Jason si alza e mi guarda.
"Io credo rimarrò qui ancora per un po', vai pure a casa." Gli consiglio. Sanderson annuisce appoggiandomi e Jason esce seguendo probabilmente il mio consiglio.
A questo punto credo proprio che il commissario non abbia nessuna prova contro di me: sono riuscita ad uscirne pulita senza contraddirmi neanche una volta.
Sanderson si avvicina lentamente a me tenendo lo sguardo basso.
"Credi di avermi fregato, eh?" Mi chiede retoricamente.
"Starai pensando: adesso non ha più prove contro di me, sono troppo furba!" Scimmiotta la mia voce.
"Adesso faremo un bel gioco." Propone. Oh, no. Mi vuole torturare? Non siamo nel medioevo, non può farlo.
"Obbligo o verità."
Obbligo o verità? Ma che razza di interrogatorio è questo?
"Solo che le regole saranno un po' diverse. Tu dovrai scegliere solo verità e se mentirai sarai costretta a scegliere obbligo."
"E lei cosa fa?"
"Io faccio le domande."
"Ma non si gioca così..."
"Le regole le faccio io." Urla stanco delle mie proteste.
"Ti converrà dire tutta la verità: non vale 'passare'." Mi avverte.
Comunque non si gioca così, a questo punto poteva direttamente utilizzare degli arnesi tipo fruste, coltellini, quelle cose che stringono le caviglie fino a farle sanguinare...
"Giochi?" Mi chiede sorridendo. Questo qui è fuori di testa.
"Non dirmi che hai paura! Ti basterà solo dire tutta la verità e vedrai che non dovrai neanche scegliere obbligo." Mi promette.
Ho qualche sospetto e non è solo il suo sorriso psicopatico, ma anche il fatto che tutto ciò non si fa durante un'interrogatorio.
"Domanda veloce: tutto questo verrà registrato?" Chiedo.
"No."
"E allora non gioco."
"Sì che lo farai."
"No, non mi sembra regolare e se non verrà registrato non giocherò."
Una scarica di rabbia attraversa velocemente gli occhi del commissario. Secondo me questo qui passa troppe ore chiuso in questi studi, dovrebbe uscire un po' qualche volta.
"Verrà registrato, ok?" Mi chiede trattenendo la rabbia.
"Ok." Tentenno.
"Bene, obbligo o verità?"
"Verità." Rispondo ovvia.
"Signorina Drake, dov'era giovedì 23 novembre alle 15 e mezza?"
"In biblioteca"
"Bene, ha mentito."
"Non ho mentito."
"Invece sì."
"E quali prove ha per sostenere questa accusa?"
"Le domande le faccio io."
"Comunque non ho mentito."
"Non si mente durante un interrogatorio."
"Ma mi spiega che razza di interrogatorio è questo? Ha interrogato Mary, John e Jason, mi ha chiesto di Blaire, mi obbliga a giocare ad obbligo o verità con delle regole strane. Comincio ad avere alcuni dubbi sulla sua vera identità."
"Adesso sei tu ad avere dei dubbi? Io ho dei dubbi sul mio futuro." Urla esasperato.
"Cosa intende?"
Sanderson sbuffa frustrato, si porta le mani ai capelli e tira le punte.
"Il capo mi ha assegnato il tuo colpo..."
"Che non è mio." Sottolineo interrompendolo.
"Se non scopro l'identità dei cinque rapinatori entro la fine dell'anno, mi licenzia." Confessa sedendosi sulla sedia accanto alla mia.
"Hai già qualche pista?"
Frenate i vostri cervellini: non sto cercando di aiutarlo perché mi fa pena, mi sto solo assicurando che non abbia prove e che non sia sulla strada per scoprire Scott, Rick, Andrea, Ross, il capo e poi tutti gli altri.
"No, mi servono delle testimonianze, ma siete stati bravi: non avete lasciato nessuna traccia, avete minacciato per bene i presenti e ve la siete svignata."
"Ti ripeto che io non c'entro. Come hai fatto ad avere il mio nome."
"La testimone in questione preferisce rimanere anonima."
Chi può essere ad aver fatto la soffiata? Chi?
"Maschio o femmina?" Chiedo continuando a ragionare.
"Non posso dirtelo, ma mi senti quando parlo?"
"Maschio o femmina?" Ripeto.
"Vuole rimanere anonima, quante volte dovrò ripetertelo?"
È una lei, si è smentito. Allora posso farlo parlare senza che se ne renda conto.
"È giovane?"
"Ma ti è chiara la parola 'anonimo'?"
"Beh, non sarà vecchia quanto lei se è stata così coraggiosa da parlare."
"Cosa stai insinuando? Io sono molto giovane, lei non è l'unica ad avere dei nomi."
Bene, è una ragazza. Ho già qualche idea di chi potrebbe essere, ma voglio andarci piano.
"Oltre a testimonianze orali ha altre tracce?" Chiedo curiosa.
"Sì, la ragazza, la quinta rapinatrice, quella che ha urlato alla donna dietro il vetro e che ha alterato la voce per evitare riconoscimenti vocali..."
Sta parlando di me.
"...ha fatto un errore."
Che cosa? Io non faccio errori, io ho lavorato benissimo.
"Vieni con me." Ordina dopo qualche secondo alzandosi.
Lo seguo a ruota e usciamo entrambi dallo stanzino. Siamo di nuovo nella sala grande con la scrivania in mogano.
Sanderson si siede sulla grande e costosa sedia e digita qualcosa sul suo portatile. Dopo aver cliccato qua e là tra diversi file apre una pagina contenente un video: il video di sorveglianza della Chase Bank.
"Ecco il video chiave." Sussurra.
"Non provare a prendermi il mouse di mano e cancellarlo perché abbiamo diverse copie irraggiungibili per una mente sottosviluppata come la tua."
"La smette di prendermi in giro?"
"Perché dovrei? Sei solo una ragazzina criminale che presto finirà in carcere."
"Beh, io ho alcuni nomi e potrei darglieli se lei mi lascia vedere quel video e mi fa vedere l'errore di quella criminale." Gli propongo.
I suoi occhi si illuminano e, tutto contento, clicca su 'play'.
Il video è ripreso dall'angolazione della ragazza dietro al vetro. All'inizio si vede il capo che ritira i soldi senza parlare e minacciandola solo con la pistola.
Si sente qualcuno che urla uno "sbrigati" e questa sono io. Lui termina quello che deve fare e poi si volta.
"Bene, vieni."
A questo punto mi avvicino io e chiedo i miei famosi tremila. La ragazza dietro il vetro balbetta che non può e lì io mi arrabbio. Sbatto il pugno contro il vetro, punto la pistola sulla folla e minaccio di sparare alla cieca.
Sanderson ferma il video all'improvviso.
"Vedi?" Mi chiede puntando con il cursore sopra la mia immagine.
"Cosa dovrei vedere?" Chiedo confusa.
"Mentre la ragazza punta la pistola contro la folla, una parte della sua manica si alza mostrando il suo polso. E vedi? Non ha tatuaggi. Queste sono già ben due prove." Esulta.
Ma quali prove? Questo non prova proprio un bel niente.
"Non capisci?" Mi chiede scioccato.
Beh, scusa: non tutti stanno rinchiusi davanti ad un monitor a cercare dettagli irrilevanti e stupidi tutto il giorno.
"Adesso sappiamo che la ragazza è bianca e che non ha tatuaggi sul polso."
"Puoi capire: sa quante ragazze sono bianche e non hanno tatuaggi sul polso?"
"Molte, ma le criminali sono sempre piene di tatuaggi e il polso è uno dei primi posti dove una persona si tatua." Osserva.
Odio ammetterlo, ma ha ragione: non ho tatuaggi sul polso. Questo vuol dire che potrebbe vederlo e scoprirmi.
"Devo andare." Dico facendomi prendere dal panico.
"Perché?" Chiede confuso.
"L'interrogatorio è terminato, no? Non ha più altri testimoni, giusto? Allora posso andare." Dico velocemente.
"Sì, ma ricorda che ti teniamo d'occhio: sei ancora una delle prime sospettare, non farti beccare con le mani nel sacco." Mi minaccia. Io annuisco e in un battibaleno sono già fuori da qui.
Ho due missioni da compiere il prima possibile: scoprire chi è ha fatto la soffiata e eliminare ogni possibilità di Sanderson di scoprirmi. Ma come?
Troverò un modo, non mi avranno mai, è una promessa.
Tempo di uscire dall'edificio e vado a sbattere contro qualcuno.
"Shira." Mi riconosce John. Mi massaggio la fronte per alleviare un po' il dolore: ma che schiena ha? È fatta di acciaio?
"Shira, tesoro. Ma che hai combinato?" Mi domanda Mary venendomi ad abbracciare. Allora, mi ha chiamato 'tesoro' già due volte stasera e mi ha abbracciato altrettante. Cos'è tutta questa sdolcinatezza?
"Io non so c'è dire: ma ti rendi conto di che cosa significa ricevere una chiamata come questa e scoprire che tua figlia è sotto interrogatorio al commissariato?" Mi chiede retorico John.
"Dai, ma che avete tutti oggi? Non sono finita dietro le sbarre, io fossi in voi festeggerei." Scherzo. Loro si fanno seri.
"Festeggiare? Altro che festeggiare." Urla Mary.
"Tu finirai in punizione fino a febbraio e non ti permetterai mai più di fare una cosa del genere, ha capito?" Mi chiede John.
"Ma cosa...? E cosa volete togliermi? Il cellulare? La televisione? Netflix? L'Xbox?" Chiedo sapendo già che non sarà nessuna di queste cose. Io non guardo tanto la televisione e non uso tanto il cellulare.
"No, non ti permetteremo di uscire fino a febbraio, e niente proteste." Ordina John.
Va benissimo, tanto io non vado a fare shopping, non vado a pigiama party e non...
Aspettate un attimo: il lavoro. Come faccio con il colpo dell'esposizione? Come faccio con Scott? No, no...
"No, aspettate. Non potete chiudermi in casa come fossi Raperonzolo." Protesto.
"Centro che possiamo: siamo i tuoi genitori."
E no, questo non doveva dirlo: loro non sono i miei genitori, credevo di essere stata abbastanza chiara.
"Voi non siete..."
"Smettila con questa storia, Shira." Mi interrompe Mary "Noi siamo i tuoi genitori e non solo legalmente. Noi siamo corsi dall'altra parte della città per te, noi abbiamo affrontato un interrogatorio per te..."
"Non ne avevo bisogno." La interrompo.
"Questo è ciò che pensi tu, ma noi sappiamo che hai bisogno di affetto, hai bisogno di noi, hai bisogno di due persone su cui contare. Ma tu non te ne rendi conto, Shira, noi ti vogliamo bene."
Le sue parole mi colpiscono, ma non posso permettere a due persone di cambiarmi. Loro non sono i miei genitori perché mio padre e mia madre avrebbero affrontato anche di peggio per me. È vero: loro stanno rischiando tanto mentendo per me, ma io non ne ho bisogno. Io sono forte, posso badare a me stessa. E se loro non vogliono capirlo, peggio per loro.
Li sorpasso e mi dirigo verso la fermata dell'autobus mentre loro mi chiamano. Dopo qualche minuto sento Mary dire a John di lasciarmi riflettere da sola e sento le portiere della loro auto chiudersi. Dopodiché sento il motore accendersi e loro partono.
Mi hanno lasciato da sola, ma era ciò che volevo.
Loro non sono i miei genitori e mai lo saranno.
Mi siedo sul ciglio del marciapiede ad aspettare l'autobus e continuo a riflettere. Devo trovare un modo per allontanare i sospetti da me, devo rinunciare al colpo all'esposizione, devo rimandare la gara di sabato e devo dire a Scott di trovarsi un'altra per derubare quella villa di Mission District. Non devono sospettare di me, devo risultare il più pulita possibile.
Anzi, facciamo una cosa: adesso chiamo Scott e gli comunico la mia idea.
Prendo il mio cellulare dalla tasca e compongo il suo numero. Speriamo che non sia impegnato: non ama essere disturbato quando ha da fare.
Uno squillo
Due squilli
Tre squilli
"Shira, come è andata?" Mi domanda rispondendomi.
"Bene."
"Hai fatto nomi?"
"No, sta' tranquillo."
"Bene."
"Avresti comunque potuto darmi una mano."
"Non sono riuscito a mandarti nessuno, mi dispiace."
Già, dispiace anche a me.
"Comunque volevo informarti che..."
"Aspetta un attimo." Mi interrompe. Poi comincia ad urlare rivolgendosi a qualche suo scagnozzo.
"Ha pagato?" Chiede.
"No." Gli risponde la voce.
"Allora non ha ancora capito come funziona."
"Ha chiesto altre due settimane."
"No, uccidetelo. È inutile mandare avanti questa cosa."
"Ha detto che troverà i soldi."
"Non li trova da più di un mese e adesso, in due settimane, pretende di trovarli? Ma non fatemi ridere, lo voglio morto."
Dopodiché torna a rivolgermi la sua attenzione.
"Dicevi?" Mi chiede come se niente fosse.
"Volevo informarti che non posso più lavorare per te per un po' di tempo."
"Cosa? E perché?"
"Perché sospettano, Scott, non sono stupidi."
"Mi hai detto che è andato tutto bene."
"Infatti, ma non sono al sicuro. Io non voglio rischiare, non lavorerò per te per un po'."
"Quanto?"
"Il tempo di allontanare i sospetti."
"Che sospetti hanno?"
"Ti spiego più in là. Ora voglio che tu faccia molta attenzione: sono sulla buona strada e non ci vorrà molto per scoprirti se continui a fare strage di persone."
"Sai come funziona: devono pagare, con i soldi o con la vita."
"Sono esseri umani, Scott, chi sei tu per decidere della loro vita?" Chiedo stufa di sentirgli parlare di persone come di oggetti.
"Non sei nella posizione giusta per darmi ordini, Shira. Vedi di non farti beccare o non potrai più contare su di me."
"Ah, è così che mi ringrazi? Ho affrontato un interrogatorio e tu mi ringrazi così?"
"Avanti, è durato un'ora o poco più e poi ti hanno liberato. Non dirmi che hai sofferto."
"No, anzi il commissario era anche più stupido di te, ma non è questo il punto."
"In che senso?"
"Che mi ha fatto giocare ad obbligo o verità, che ha interrogato Mary, John e il mio ragazzo..."
"Hai un ragazzo?"
Oh, cavolo. Non deve sapere di Jason, me ne ero completamente dimenticata.
"Non sono affari tuoi. Ora vai a trovare qualcuno a cui rovinare la serata. Ti saluto."
Detto ciò gli chiudo il telefono in faccia e ripongo il cellulare in tasca.
Trattengo l'aria nei polmoni e la rilascio per cercare di calmarmi un po'. Questa è stata decisamente una giornata assurda: prima Rick che si mette in paragone con Jason, poi l'inseguimento senza mezzi di trasporto, quei poliziotti strani che raccontano barzellette al posto di fare il loro dovere, un commissario sottopagato e stressato, un interrogatorio alquanto strano e inusuale, Mary e John che mi mettono in punizione, Scott che non mi manda i rinforzi...
Diciamo che l'unica cosa che voglio fare adesso è andare a casa e dormire fino a quando le cose nella mia vita non si saranno sistemate.
Qualcuno si siede per terra vicino a me, questo qualcuno si avvicina continuando a guardare davanti a sé e non dice una parola. Quindi suppongo che sia io a dover cominciare a parlare.
"Grazie."
Lui si volta lentamente aspettando che continui. Io sbuffo: perché mi vuole fare soffrire?
"Grazie per avermi aiutato."
"Non c'è di che." Risponde.
Io lo guardo negli occhi e lui fa lo stesso.
"Hai l'aria stanca, ti hanno fatto correre oggi?" Gli chiedo.
"No, non è stato l'allenatore a farmi stancare."
"E allora perché sembri uno zombie?" Chiedo cercando di spezzare un po' il ghiaccio che si è formato tra di noi.
"Sono stanco di te." Risponde.
Rimango interdetta per qualche secondo. Come ha detto? È stanco... è stanco di me?
"Cosa vuol dire?"
"Sono stanco di temere per la tua vita quando a te non te ne frega niente." Alza il tono della voce.
"Nessuno ti obbliga a temere per la mia vita."
"Ah, quindi temere che la tua ragazza non si presenti a scuola ogni mattina perché lei vive una vita da criminale è una stupidaggine, no?" Mi chiede cominciando ad arrabbiarsi.
"No, ma non ne hai motivo."
"Sì, invece. Shira sono stanco di dover essere quello responsabile dei due. Voglio vivermi la vita anche io, ma devo sempre fare la parte del tuo angelo custode."
"Nessuno te l'ha chiesto."
Lui non risponde e io comincio a pensare di aver esagerato.
"Non è questo che intendevo, volevo dire..."
"No, non ti scomodare a cercare di rimediare." Sussurra lui.
"Cosa intendi?"
"Shira, ma non te ne rendi conto? Tu vivi sul bordo tra la vita e la morte e io vivo nella costante paura."
"E quindi cosa vuoi fare, eh? Vuoi metterti anche tu a farmi la ramanzina?"
"Che cosa? Io non..."
"Tutti che sperano che io cambi, tutti che sperano che io la smetta. Beh, magari un giorno, ma il giorno dopo tornerò come prima."
"Però non capisco una cosa."
"Solo una?"
"Perché? Perché vuoi vivere così?" Mi domanda non ascoltando nemmeno la mia battuta.
Credi che mi piaccia vivere in questo modo? Io voglio solo riabbracciare mio padre.
"Beh, meglio così che vivere una vita scuola-casa-scuola-casa."
"Preferisci rischiare di non tornare a casa viva che vivere serenamente? Ma per chi mi hai preso?"
"Sono motivi personali."
Lui rimane in silenzio per qualche secondo e poi sorride debolmente tenendo lo sguardo basso e sembrando un pazzo.
"Io ho guidato per tutta la città per te, ho affrontato un interrogatorio per te, ti ho aspettato qua fuori al freddo. Adesso credo di meritarmi una spiegazione, o no?"
"Non è che non voglio spiegarti, è che non posso."
"Non puoi? Davvero, Shira? Vuoi sapere una cosa? Tu sei solo un'egoista: tu pensi solo a te stessa."
"Sì, sono egoista. E con questo?" Urlo anche io ormai stanca di trattenermi.
"Io faccio di tutto per te e tu? Tu mi ripaghi con il silenzio. Io non merito questo."
"Io ti ho avvisato. Ti ho avvisato quando ci siamo messi insieme, ti ho avvisato che non ti avrei dato una vita semplice e che non potevi aspettarti da me una relazione normale. Ma tu che hai detto? Che non avevi bisogno di una relazione normale, avevi solo bisogno di me. Beh, dimostramelo."
"Te lo sto dimostrando, io ti sto dimostrando che ho bisogno di te."
"E come? Perché io non lo vedo."
"Io sono ancora qui." Urla.
Mi fermo un attimo per metabolizzare ciò che mi sta dicendo ed effettivamente ha ragione.
"Io sono ancora qui nonostante tu cerchi di allontanarmi."
"Io non cerco di allontanarti."
"E cosa stai facendo ora, eh? Mi stai praticamente sbattendo in faccia che avrei fatto meglio a non mettermi con te."
"E questo ciò che pensi? Pensi che sia tutto un errore? Uno stupido errore?"
Se è così che la pensa, tanto vale mandare avanti una relazione del genere. Io non voglio che lui soffra per me, non voglio che lui viva nella paura. Ma non ho altra scelta: io voglio più bene a mio padre che a lui.
"No, penso che tu sia la cosa più bella che mi sia capitata." Le sue parole mi spiazzano. Pensavo che avrebbe detto di sì, invece eccolo qui a dirmi che non vuole abbandonarmi.
"Grazie." Sussurro.
Jason è fatto così: un secondo prima ti urla contro che non ti vuole più vedere e il secondo dopo fa il dolce. Sto imparando a conoscerlo, ma ci vuole molta pazienza.
"Io ho cercato per tanto tempo l'amore sai?" Dice ad un tratto interrompendo i miei pensieri. Aspettate: ha detto amore?
"Ho cercato per tanto tempo una ragazza che mi facesse ridere e piangere allo stesso tempo, una ragazza per la quale combatterei il mondo, una ragazza che mi voglia bene quanto io ne voglio a lei. Per un po' di tempo ho creduto che Laila fosse la ragazza giusta, ma poi si è dimostrata una falsa come tutte le altre. Quando mi ha lasciato ero molto confuso e ho dato la colpa a te. Beh, la colpa era anche tua, ma anche io ne avevo una parte. Ma cerca di capirmi: io volevo solo qualcuno su cui contare. E poi sei arrivata tu. Mi hai sconvolto la vita: io sono un bravo ragazzo, io sono quello che va bene a scuola, che segue le regole, che entro il coprifuoco è già a casa. E tu invece sei il mio contrario e forse è per questo che mi hai attratto così tanto. Forse è per il fatto che ti vivi la vita, che non ti importa di niente e di nessuno, che sei la tipica bad girl che tutti i ragazzi vorrebbero... ma che solo io ho avuto."
Tutta questa dolcezza mi farà marcire i denti prima o poi. Come può un ragazzo così forte esteriormente essere poi così romantico e dolce interiormente?
"Sono stato fortunato, sono stato l'unico a poterti avvicinare e non voglio perderti. Mi dispiace per ciò che ti ho detto e per averti fatto dubitare della nostra relazione." Mi dice prendendomi le mani. Io comincio a sudare perché nessuno è mai stato così vicino a me sia fisicamente che emotivamente.
"Io vorrei tanto poterti abbracciare, baciare, coccolare... vorrei tanto poterti viziare, portati a pattinare e tenerti forte se cadi, vorrei tenerti stretta a me quando guardiamo un horror, vorrei svegliarmi con te al mio fianco e portarti la cioccolata calda quando fa freddo per colazione, vorrei poterti presentare ai miei, passare il Natale con te, baciarti sotto il vischio e anche a Capodanno... vorrei fare tutte queste cose con te, ma non posso. Tu sei una ragazza che ha vissuto tante cose, che è cresciuta troppo in fretta e che non ha mai potuto beneficiare di una vera famiglia. Tu sei piena di odio verso il mondo, tu sei piena di odio verso la vita che hai fatto e verso tutte le brutte cose che ti sono capitate, e a ragione. Però come ti posso io parlare di amore quando sei così piena di odio?" Mi chiede sussurrando le ultime parole. Ha ragione: io sono piena di odio e lui è pieno di amore. Come può lui amarmi e coccolarmi quando sono un pezzo di ghiaccio che cammina?
"Hai ragione." Parlo per la prima volta da quando ha cominciato il suo discorso.
"Hai ragione: io sono piena di odio, sono una specie di mostro e chi amerebbe mai un mostro come me?"
Lui si avvicina di più a me e mi avvolge con le sue grandi e calde braccia.
"Chi amerebbe mai una persona che non sa amare? Chi amerebbe mai una persona piena di odio? Chi amerebbe mai una persona che fa del male ad altre persone? Chi mi amerebbe mai?"
"Io." Sussurra "Io lo farei, ma tu mi devi lasciar fare."
Io alzo la testa e lo guardo dritto negli occhi.
"Davvero?" Chiedo speranzosa.
Davvero lui mi amerebbe?
Davvero lui amerebbe un mostro come me?
Davvero lui sacrificherebbe la possibilità di una relazione normale per me?
"Davvero."
Sorrido alle sue parole e torno ad infilare la mia testa tra le sue braccia: si sta così bene qui.
"Hey! In her heart there's a hole
There's a black mark on her soul" Jason comincia a cantare le prime strofe di Horns di Bryce Fox e io mi metto comoda per ascoltarlo: mi era mancata la sua voce.
"In her hands is my heart
And she won't let go 'till it's scarred
Ha! Tried to breathe but I can't
'Cause the air she feeds me is damned
Got a touch like a thorn
'Cause the girl she's hiding horns
She got blood cold as ice
And a heart made of stone
But she keeps me alive
She's the beats in my bones
She gets everything che wants
When she gets me all alone
Like it's nothing
She got two little horns
And she get me a little bit
She's the fire in the sin
And I burn breathin' her in
Now it's love suicide
And I sell my soul for the hight
Truth be told I don't mind
'Cause her hand's my paradise
She can crush every hope
Got her heels stompin' down my throat
She got blood cold as ice
And a heart made of stone
But she keeps me alive
She's the beats in my bones
She gets everything che wants
When she gets me all alone
Like it's nothing
She got two little horns
And she get me a little bit
She got horns like a devil
Pointed at me
And there's no way to run from the fire she breathes
She got horns like a devil
Pointed at me
And there's no way to run from the fire she breathes
She got horns like a devil
Pointed at me
And there's no way to run from the fire she breathes
She got two little horns
And they get me a little bit"
Quando termina la canzone alzo lo sguardo e gli sorrido.
"La canzone era dedicata a me?" Chiedo ridacchiando.
"Cosa te lo fa pensare?" Ride lui.
"Io ho il sangue freddo come il ghiaccio e un cuore fatto di pietra?" Chiedo traducendo il testo del ritornello.
"Ma mi tieni in vita, sei la bestia nelle mie ossa." Continua lui.
Rido continuando a guardarlo negli occhi. Ad un certo punto si fa serio.
"Scusa." Mi dice.
"Non fa niente."
So che dovrei chiedergli scusa anche io, ma non ci riesco. E poi è lui che ha cominciato.
Le sue labbra si avvicinano alle mie lasciandoci sopra un bel bacio con lo schiocco. Sorrido affogando in questi bei occhi color cioccolato.
Non voglio litigare con lui, non voglio.
STAI LEGGENDO
F.I.R.E.W.O.R.K.S. [SOSPESA]
Storie d'amoreUna personalità nascosta, malvagia. Una mente caotica, folle. Un cuore spietato, crudele. Degli occhi freddi, magnetici. ***************** Il suo nome è Jason. Il suo non è il solito passato complicato, anzi ha una carriera scolastica impeccabile...