Capitolo 2: Il fantasma del capitano Cutler

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Le luci soffuse del nightclub mi scorrevano sulle braccia e sul petto, come una cascata di colori. Socchiusi gli occhi e mi immaginai di fluttuare lontano, nonostante fossi seduto su uno dei divanetti nel retro del saloon.

La musica palpitante si allontanò rapidamente, finché non rimase solo il silenzio. Da esso emersero delle sottili luci, in base a dove si accentrava l'energia. Le scintille più intense appartenevano a creature che potevano avere qualcosa in comune con me, provenienti dalle dimensioni Z.

Mi sembrava di trovarmi ancora a casa e, allo stesso tempo, da tutt'altra parte. La dimensione in cui  vivevamo sembrava un sostrato della mia Londra, una città luminosa e chiassosa, che non si spegne mai... eppure non era lei: l'aria, i suoni, i colori erano diversi. La pioggia che cadeva era di un verde iridescente e, in lontananza, attraverso le finestre rettangolari del Nightfonia, potevo scorgere la silenziosa stella aliena che fungeva da fonte vitale per questo sistema solare. Alcuni dicevano che non si trattava nemmeno di una stella, ma di una grande creatura silenziosa, caduta in un profondo letargo mentre vagava nel cosmo.

Deglutii a fatica e abbassai lo sguardo sul mio drink. Su un bicchiere alto e stretto avevano piazzato uno stecchino decorato da un ombrellino bulboso.

Ero talmente concentrato sul percepire le energie altrui da rendermi conto solo in un secondo momento che quell'ombrellino si stava bevendo il drink al posto mio.

Tornai in me e, con delicatezza, cercai di afferrare la creaturina, una specie di bruco giallo. L'essere emise un sottile squittio e cadde nel drink, continuando a bere finché non lo ebbe esaurito.

«Ehi!» gemetti. «Quello era il mio drink!»

«Non più» rispose il bruco, con una risatina. Aveva la pancia gonfia e traslucida, e se la accarezzava, guardandomi con aria di sfida. «Che farai adesso, ah?»

«Non saprei» mormorai, inarcando un sopracciglio. «C'è chi dice che sono una delle creature più pericolose del cosmo. Magari potrei friggerti con lo sguardo, che ne dici?»

Il bruco aggrottò le sopracciglia mollicce ed emise uno squittio dubbioso.

«Pericoloso? Tu? Pfft.»

«Guarda che dico sul serio.»

«Con quella faccia?»

Quel bruco stava cominciando a irritarmi. Prima si era finto l'ombrellino del mio drink, poi se l'era bevuto senza nemmeno dirmi grazie, e ora mi insultava. Perché dovevano capitare sempre tutte a me? Non facevo altro che incontrare gli individui più assurdi e sorbirmi il loro turpiloquio.

«La mia faccia va benissimo così com'è» brontolai, afferrando il bicchiere. «Adesso però tu tiri fuori i soldi e mi prendi un drink, okay?»

«Col cavolo, scemo» ribatté il bruco, con una risatina malefica, mentre mi scrutava coi suoi piccoli, fin troppo vispi occhietti neri. «Sei tu che me ne prendi un altro.»

La creatura cadde sul palmo della mia mano e affondò i dentini nella pelle, mentre continuava a ridere. Gemetti di dolore, cercando di liberarmene, ma i movimenti delle mie mani erano sempre più goffi, e mi accasciai sulle poltroncine, sbavando su un bracciolo.

«Cosa... mi hai... fatto?» gorgogliai, cercando invano di alzarmi.

«A tua differenza, io sono la creatura più potente dell'universo. Un parassita di classe A. E ora vai a prendere quel drink, pupazzotto mio» sogghignò il bruco.

Ogni resistenza fu inutile, mentre il mio corpo si sollevava dalle poltroncine. I miei piedi si trascinarono verso il bancone del Nightfonia, dietro il quale c'era Otello, intento a servire i drink. Notai che, in parte alla cassa con le variopinte bottiglie di alcol, c'era una gabbietta contenente sgorbietti simili a quello che si era impiantato nella mia mano, e che la porticina che avrebbe dovuto tenerli all'interno era aperta. Ecco spiegato il motivo. Era un altro dei mostri che Otello amava raccogliere mentre faceva le sue escursioni al lago fluorescente dietro il Nightfonia. Quel piccolo, tenero idiota.

Esper - Oculus DiaboliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora