Capitolo 13: Into the Void

106 16 32
                                    



Quando Sunny si svegliò, era sdraiata su una superficie fredda. I vestiti non erano sufficienti a proteggerla da quello strato di ghiaccio, e cominciò a tremare. Aprì gli occhi e il suo sguardo si soffermò sul trolley rosso, sopra il quale riposava il suo coniglio di pezza. Allungò una mano e lo afferrò, stringendolo al petto nel tentativo di scaldarsi.

Si mise in ginocchio, sedendosi sui talloni.

Si trovava su una piattaforma ovale, in rilievo su una piana di metallo lucente che sembrava estendersi all'infinito. Non c'era nessuna traccia di verde in quel paesaggio artificiale, e la bambina ne fu spaventata. I fiori, gli alberi e le quiete creature che abitavano nei tronchi o facevano la tana sotto i sassi erano sempre state parte della sua breve esistenza. C'era un grande giardino dietro l'orfanotrofio, dove lei aveva passato la maggior parte del proprio tempo a esplorare.

Non aveva mai fatto amicizia con gli altri bambini e loro l'avevano sempre considerata strana per questo. Non che Sunny non fosse stata gentile con loro. Semplicemente, le piaceva ritirarsi nel suo piccolo mondo, e gli altri l'avevano interpretato come un modo per allontanarsi da loro, come se non li apprezzasse. Il suo però era stato un bisogno, non una decisione.

Le piaceva osservare le formiche che camminavano in fila portando le briciole del suo panino alla marmellata sulla schiena; seguire la camminata di uno scarabeo dal carapace verde smeraldo; restare a fissare una lucertola finché questa non decideva di abbandonare il proprio sistema di difesa di immobilità e correre a nascondersi fra le vecchie assi marcite della baracca dove le suore tenevano gli strumenti per pulire il giardino.

Il mondo di Sunny era quello della natura e delle piccole cose, e quel grande paesaggio la faceva sentire proprio come le formichine che tanto l'avevano incuriosita: una capocchia di spillo in un mondo immenso. Forse qualcuno la stava persino guardando dall'alto con una lente in quel momento.

All'improvviso scorse una macchia in quella perfezione metallica, e il suo sguardo vi si aggrappò.

Man mano che la macchia si avvicinava, i suoi lineamenti divennero più chiari, e la riconobbe.

«Hyatus?» sussurrò, battendo le palpebre.

Si alzò in piedi e cercò di raccogliere il trolley per andargli incontro, ma gli spazi vuoti tra un ovale e l'altro erano troppo grandi per lei. L'orco sembrava non avere nessun problema nel saltarli e la raggiunse con un altro paio di balzi.

«Finalmente ti ho trovata» disse, leggermente affannato. Sunny credeva che la sua agitazione fosse dovuta alla preoccupazione, più che alla fatica fisica. Quella creatura era indistruttibile. «Ti ho cercata per ore.»

La prima cosa che la bambina fece fu lasciar cadere le sue cose e stringerlo in un abbraccio.

«Va tutto bene adesso» la consolò Hyatus, mettendole goffamente una mano fra gli ispidi ricci. «Ti devi essere spaventata. Questo luogo può essere terrificante per un moscerino come te. Pensavo di poterti tenere stretta mentre viaggiavo, ma qui le distanze funzionano in modo del tutto arbitrario, e siamo stati separati.»

«Dove siamo?» gli chiese Sunny, ancora tremante. Non aveva nessuna intenzione di lasciarlo andare. Aveva l'impressione che, se l'avesse fatto, sarebbe rimasta di nuovo sola.

«Questo è il Pieno di Vuoto» mormorò l'orco, sedendosi davanti a lei.

La bambina lo guardò con aria interrogativa, rannicchiandosi al suo fianco. Raccolse il coniglio di pezza e gli pettinò le orecchie all'indietro, mentre si mordeva le labbra.

Esper - Oculus DiaboliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora