Benvenuta in famiglia.

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BENVENUTA IN FAMIGLIA.

“La famiglia si può immaginare come una ragnatela, un fiore, una tomba, una prigione, un castello.”
(David Laing)


Aranel era stranamente in ritardo quando uscì da casa per recarsi in centro. Mentre era in auto, la suoneria del cellulare la fece sospirare. Era Greg che la chiamava da più di un’ora ed era inevitabile rispondere.
“Greg.”
“Oh, amore, finalmente! Hai avuto di nuovo da  fare tanto da non poter chiamare il tuo fidanzato?”
“Ieri sono uscita con i miei amici e sono tornata tardi, ero troppo stanca per chiamare chiunque. E’ successo qualcosa? La tua insistenza mi preoccupa.”
“Non ti preoccuperesti se rispondessi alle telefonate. Comunque, volevo dirti che ho trovato il luogo giusto per celebrare le nozze. Ti sto mandando le foto via e-mail.”
Aranel inchiodò, anche col rischio di tamponare il guidatore davanti, e si beccò alcuni insulti. Non capiva tutta la fretta di Greg nell’organizzare il matrimonio. Lei non ci pensava affatto, nemmeno portava l’anello, e non aveva neanche idea di come la volesse la cerimonia.
“Stai correndo troppo, Greg. Abbiamo tempo per fare tutto. Non mi mettere ansia e lasciami respirare.”
“Io ti metto ansia? Senti, a me sembra che tu non voglia sposarmi. Stiamo insieme da tre anni e credo che tu sia la persona giusta per diventare mia moglie. Qual è il problema? Cosa ti spaventa?”
A spaventarla era la prospettiva di trascorrere il resto della sua vita con un uomo piatto, dal carattere troppo tranquillo, che rimuginava mille volte sulle cose prima di farle, metodico e normale. Aranel era terrorizzata dalla normalità. Aveva promesso a se stessa di vivere con intensità, con passione e avventura, di rischiare per poter alimentare la sua anima. Come ci era finita assieme a Greg non se lo spiegava, né capiva perché avesse accettato di sposarlo, né perché non lo avesse ancora lasciato. Quel ritorno a casa era un banco di prova per quella relazione che era sempre stata sul filo del rasoio.
“Adesso non posso parlare, ho un impegno della massima urgenza. Ne parliamo più tardi.”
Senza aspettare una risposta, buttò giù la chiamata. Non lo avrebbe richiamato più tardi.



Theo cominciava a credere che Aranel ci avesse ripensato e gli avesse dato buca. Certo, non era da biasimare se si fosse resa conto che era rischiosa qualunque cosa stesse nascendo tra di loro. Si rilassò solo quando la vide attraversare la strada in un abito dalle bretelle sottili color sabbia e un paio di sandali neri con la zeppa. Si alzò e le spostò cortesemente la sedia per farla accomodare. La ragazza gli sorrise teneramente.
“Buongiorno. Scusa il ritardo, ho trovato traffico. Sei qui da molto?”
“Ehi, tranquilla. Sono arrivato una decina di minuti fa. Il tuo cuore sta battendo molto veloce.”
Aranel prese un paio di profondi respiri e cercò di placare l’agitazione. La conversazione con Greg l’aveva turbata, ma adesso la presenza di Theo la rasserenava.
“Okay, adesso va meglio. Tu ti intendi di problemi cardiologici?” chiese lei facendo ridere il ragazzo.
“Diciamo che ho orecchio per certe cose!”
“Touche, Raeken. Hai già ordinato?”
“Sì, mi sono permesso di ordinare per entrambi. Ho voglia di farti assaggiare qualcosa di diverso dal tuo the verde di Changsha.”
Aranel fu strabiliata dal fatto che lui a) si ricordasse di Changsha e b) avesse voglia di farle provare qualcosa di nuovo. Ecco, era quel tipo di sorprese che adorava. Il cameriere posò sul tavolino due tazze trasparenti e tonde colme di caffè accompagnate da due stecche di cannella e un piccolo recipiente di biscotti, poi si congedò con un cenno del capo.
“Caffè? E’ questa la novità?”
“Non sono così banale. E’ il gusto del caffè la novità, non l’aspetto. Provare per credere!”
Aranel si portò la tazza alle labbra e centellinò il caffè assaporandone tutto il gusto. Confermato che fosse buono, ne mandò giù altre sorsate.
“E’ ottimo! Sento l’arancia, panna e un altro ingrediente che non riconosco.”
“Sono quattro bicchierini di Cognac. E’ il cosiddetto ‘caffè all’arancia’, è talmente buono che attraverso tutta la città per venire qui a berlo. Sono contento che ti piaccia.”
Eccolo lì, il vero Theo che veniva alla luce. Era un semplice ventiseienne seduto in un bar con una bellissima ragazza per fare colazione.
“La strada per la redenzione è sempre più in salita!”
“La redenzione può essere corrotta da un buon caffè?”
Aranel inarcò un sopracciglio e ridacchiò.
“No, ma è il modo giusto per rimediare. Sei sulla buona strada.”
“Lavorerò sodo per arrivare al traguardo.”
Theo era serio, sguardo determinato, testa alta, e la sua salvatrice ad un tavolino di distanza. Aranel non fu capace di mantenere il contatto con quegli occhi verdi-azzurri e si schiarì la voce.
“E i biscotti? Un altro mezzo per corrompere la redenzione?”
“Con quelli speravo di corrompere te.”
“Io non sono facile da corrompere, sappilo.”
Theo prese un biscotto e ne mangiò un pezzo, al che Aranel lo guardò con sufficienza. Era una tipa tosta.
“Mai dire mai, Jones. Avvicinati.”
Troppo curiosa e attratta da quella situazione, trascinò la sedia vicino a lui, i loro gomiti si toccavano, così come le ginocchia.
“Corrompimi.” Mormorò Aranel sorridendo con fare di sfida.
“Se riesco a corromperti cosa ci guadagno?”
Stavano giocando col fuoco ma nessuno dei due aveva paura, volevano solo toccare la fiamma e restare scottati. Sostenendo il suo sguardo malizioso, Aranel addentò il biscotto che Theo teneva tra le dita sospeso fra di loro. A quel gesto Theo ghiacciò, un brivido di piacere gli pizzicò la schiena, e si morse il labbro in tutta risposta. La tensione sessuale era tangibile. Continuavano a fissarsi in silenzio, catturati l’uno dall’altro e da quel gioco che avevano intrapreso.
“Ho vinto!” esultò la ragazza prendendo le distanze e tornando al suo posto. Theo deglutì e abbozzò un sorriso.
“Sei una donna piena di sorprese. Non lo avrei mai detto!”
“Non sai tante cose di me.” Fece lei con un sorriso furbetto.
“Quello che so e che ho visto fino ad ora mi piace davvero tanto. Non oso immaginare quanto mi piacerebbe il resto.”
Il flirt era chiaro ed entrambi stavano tirando le redini di quella conversazione.
“Chi ti assicura che ti mostrerò il resto?”
“Qualcosa mi dice che ti mostrerai a me senza veli.”
Aranel accusò l’allusione e portò il mento sulle mani facendo spallucce.
“O magari sarai tu a mostrarti senza veli.”
Il riso ammanierato di Theo suscitò in lei un insolito fremito.
“Posso mostrarmi a te senza veli in qualunque momento. Sono assolutamente certo che ti piacerebbe cosa si cela sotto.”
“Presuntuoso.”
“Sincero.”
“Non correre troppo, Raeken, potresti farti male.”
“Sono disposto a farmi male se ci sei tu con me.”
Quello scambio di battute fu bruscamente spezzato dall’arrivo del cameriere.
“Desiderate altro?”
Aranel cacciò fuori tutta l’aria trattenuta, i polmoni bruciavano e aveva le mani sudate.
“No, grazie. Siamo a posto così. Io devo andare via per la questione delle telecamere. Metta tutto sul conto di Aranel Jones!”
Quello annuì e andò via così come era venuto. Theo tese una mano ad Aranel per aiutarla ad alzarsi.
“Non c’era bisogno che pagassi tu. Sono stato io ad invitarti.”
“Non paga nessuno dei due, paga mio padre. Prendilo come il suo regalo di benvenuto!” disse lei allegramente, poi inforcò gli occhiali da sole e mise la borsa in spalla.
“Adesso scappo oppure non caverò nulla stamattina. Ci teniamo aggiornati. E’ stato un piacere, Theo.”
“Credimi, il piacere è tutto mio, principessa!”



Aranel seguì il maggiordomo in giardino e si riunì a suo padre. Henry Jones accolse sua figlia con un caloroso abbraccio.
“Oh, figlia mia, mi sei mancata. Sei splendida!”
“Ciao, papà. Anche io ti trovo bene.”
“Henry, ecco il tuo piccolo gioiello!”
Una donna bionda, grandi occhi castani, lungo vestito rosso, strinse con vigore la sua mano. Aranel ricambiò il sorriso forzatamente. Era Cindy, la futura moglie di suo padre, vedova dei tre precedenti sindaci di Beacon Hills.
“Salve, Cindy. E’ un piacere conoscerti.”
La donna abbracciò goffamente la sua figliastra e le diede due baci sulle guance. Presero posto attorno ad un tavolino in fero battuto bianco e verde, su sedie dello stesso materiale, e fu servita loro una bevanda fresca. Dopo una decina di minuti, arrivarono anche Aaron e Hannah, i figli di Cindy. I due ragazzi salutarono Aranel come se la conoscessero da una vita, ma lei si limitò ad elargire sorrisi colmi di finta felicità.
“Tuo padre ci ha detto che sei una giornalista, di cosa ti occupi esattamente?” le chiese Aaron, trentenne di bell’aspetto, capelli ricci scuri e occhi blu, una Ferrari in garage e il portafogli straripante.
“Mi occupo di cronaca giudiziaria da un anno. Dopo la laurea ho vissuto un mese nelle zone africane di guerra come reporter, poi sono stata assegnata al New York Times.”
“In Africa? Non avevi paura?” disse Hannah, spilungona dai capelli e  gli occhi identici al fratello, un ego smisurato e l’armadio pieno di abiti d’alta sartoria.
Aranel bevve la sua aranciata ghiacciata per bagnare la gola secca; odiava stare al centro dell’attenzione ma capiva il perché di tutte quelle domande: lei era una estranea che andava studiata.
“Io intervistavo soltanto gli uomini che avevano combattuto e quelli che stavano combattendo, però non sono mai stata sul campo. Il dramma della guerra mi toccava quando portavano i feriti in ospedale, quando si celebravano i funerali e quando le donne si lamentavano per aver perso figli, mariti, fratelli, cugini, padri e amici. E’ stato un mese davvero istruttivo.”
“Sono davvero fiero di te, figliola!” suo padre le sorrise e le strinse la mano come faceva quando da piccola prendeva un bel voto a scuola, peccato che adesso fosse cresciuta.
“Grazie. E voi di cosa vi occupate? Papà mi ha detto che siete attivi nella comunità.”
“Beh, io sono la segretaria dello studio del sindaco da qualche mese. E’ un impiego che richiede molta concentrazione e bravura, doti che io fortunatamente possiedo!” squittì la voce di Hannah continuando a lanciare per chissà quale motivo occhiate furenti ad Aranel. Aaron fu più gentile della sorella.
“Io vendo auto sportive ai pezzi grossi della società mondana. All’apparenza è un lavoro poco impegnativo, ma ti assicuro che assorbe tutto il mio tempo e frutta bene.”
Parlando di auto, Aranel pensò a Theo e a come si erano tenuti testa a colazione. Avevano alternato battutine a riflessioni serie, eppure uno strano alone di malizia li avvolgeva. Poi le era venuta quella stupida idea di mangiare il biscotto e si sarebbe maledetta per i prossimi venti anni, ma era stata più forte di lei e aveva ceduto. L’espressione stupita di Theo e il fatto che si fosse morso il labbro in qualche modo l’avevano fatta sentire speciale, come se fosse lei a condurre in gioco. Si poteva chiamare un gioco il loro? Erano solo amici? L’uno ci provava con l’altro? E Greg?
“Tuo padre ci ha anche detto che sei fidanzata con un noto avvocato di New York, giusto?”
Cindy riportò Aranel al presente. Odiava rispondere circa la sua vita privata e perciò dovette simulare interesse alla domanda.
“Giusto. Il mio fidanzato si chiama Greg Evans, è un avvocato dello studio Mayer di New York.”
“Il terzo studio legale più noto ed efficiente di tutta l’America!” esclamò Henry, che era più affezionato al lavoro di avvocato che al genero di per sé. Cindy, come una molla scattante, colpì delicatamente il ginocchio di Aranel.
“In atelier mi hanno detto che hai ritirato il vestito e che ti sta una meraviglia. Questo mi rende tanto contenta!”
Aranel aveva chiesto alla commessa di mentire e di dire alla sposa che la testimone avrebbe indossato l’abito verde oliva. Le venne da ridere ma dovette contenersi. Ora che ce l’aveva davanti non capiva cosa ci trovasse suo padre in quella donna così scialba e superficiale, perché l’avesse preferita rispetto alla persona sensibile e meravigliosa che era sua madre. Dicono che al cuore non si comanda, che il cervello viene inabissato dai sentimenti, però Cindy restava comunque una da evitare. In città si vociferava che avesse ucciso lei i tre sindaci con cui era stata sposata tramite avvelenamento e Aranel si chiese cosa sarebbe capitato a suo padre dopo il matrimonio. Si sentiva davvero come Cenerentola: un padre abbindolato da una matrigna cattiva e due fratellastri stupidi. E chi interpretava il principe che l’avrebbe liberata?
“Sì, trovo davvero incantevole quel vestito! E tu, Hannah, hai già scelto cosa indossare in qualità di damigella d’onore?”
“Ovvio! Indosserò uno stupendo abito in pizzo azzurro cucito appositamente per me da una delle sarte di Vera Wang. Mamma, invece, ha deciso di indossare un vestito da sposa firmato Pnina Tornai. Sarà un matrimonio alla moda e che renderà tutti invidiosi!”
Aranel borbottò un ‘wow’ e guardò suo padre di traverso. Quella estate stava complicando le cose.


“Sto morendo di fame, datemi qualcosa da mangiare!” strillò Liam a Scott e a Malia che in cucina stavano preparando la cena. Mason diede una spallata al suo migliore amico come ammonimento. Scott aveva invitato tutti nel suo nuovo appartamento per festeggiare e per fare il punto della situazione riguardo al lupo mannaro. Per l’occasione, Aranel aveva regalato ai proprietari di casa un pregiato vaso ricostruito tramite in kintsugi, la pratica del ‘riparare con l’oro’, che aveva comprato da un antiquario in città.
“Se stai morendo di fame come dici, vieni qui a darci una mano!” ribatté Malia con una certa stizza. Liam storse in naso.
“No, aspetterò con calma. Fate con comodo!”
Quando il campanello trillò, il padrone di casa chiese ad Aranel di andare ad aprire. Al di là della porta c’era Theo, che sorrise nel vedere la ragazza.
“Buonasera, stellina.”
“Stellina? E questa dove l’hai trovata?”
Aranel si fece di lato per lasciarlo entrare e insieme percorsero il corridoio.
“Ho cercato il tuo nome su internet e ho scoperto che è di origine elfica, che significa ‘stella del re’ e che il topazio è la tua pietra.”
Quell’uscita fu inaspettata, sorprendente e portò la ragazza ad arrossire. Era così interessato a lei da lasciarla senza parole.
“Ehm, sì, è esatto. Quindi adesso hai intenzione di soprannominarmi così?”
“E’ perfetto come soprannome, stellina.”
Aranel gli diede una botta nelle costole per smorzare l’imbarazzo, anche perché voleva solo allontanarsi da lui prima che tutto precipitasse, che lei precipitasse.
“Ragazzi, la cena è pronta!”
Dopo aver spazzolato i piatti e aver prosciugato i bicchieri, impiegarono una mezz’ora per mettere in ordine. Erano le undici e un quarto quando si ritrovarono in salotto a mangiare il gelato e a parlottare. Aranel era seduta vicino a Malia e discutevano su quanto fosse bella Parigi e Theo, di fronte a lei, non smetteva di lanciarle sguardi fugaci.
“Aranel, ti sei procurata le registrazioni?” esordì Scott non appena finì di bere un goccio di whiskey. L’amica infilò un cd nel PC, che era collegato alla tv, e ordinò a tutti di fare attenzione.
“Ho scoperto che i luoghi pubblici della città sono sorvegliati dalla stessa ditta, la Tek, così ho mollato cento dollari al tizio che si occupa delle telecamere e mi sono fatta dare le registrazioni inerenti a quei presunti attacchi di animale avvenuti davanti al liceo e in centro. La qualità non è un granché ma è tutto quello che abbiamo.”
Tornata sul divano, Aranel diede avvio ai filmati. La luce era spenta e le tende chiuse per riuscire a cogliere ogni minimo dettaglio. Qualcosa toccò i capelli di Aranel, si voltò e nel buio notò le dita di Theo accarezzarle le punte sulla schiena. Sembrava che lui non ne fosse consapevole, come se compisse quel gesto meccanicamente e le sue dita fossero autonome. Il cuore cominciò a velocizzarsi, pompava più sangue, sentiva le arterie pulsare. Che cosa stavano facendo? Filtravano, si vedevano di nascosto, addirittura lui l’accarezzava, e si conoscevano da così poco tempo. Era stato un colpo di fulmine? Impossibile, lei non ci credeva, anzi viveva tutti i sentimenti ponderandoli da cima a fondo. Allora cosa le impediva di frenare le cose? Cosa l’attirava verso di lui? Perché si apriva più con lui che con Greg? Perché si sentiva più libera? Il flusso dei suoi pensieri dovette fermarsi quando Mason puntò il dito contro lo schermo della televisione.
“Avete notato quel ragazzo accanto al camion della carne? Era su entrambe le scene ed era uno dei primi a presentarsi. Se quello che dice Aranel è giusto, potrebbe essere lui.”Scott stoppò l’immagine sul ragazzo: alto, capelli rossicci, occhiali e maglietta con scritto NASA.
“Uno così si può permettere una giacca Dolce e Gabbana?”
“Forse l’ha rubata o l’ha comprata con qualche risparmio.” Osservò Malia.
“Oppure ci si è solo strofinato sopra le mani per togliere via il sangue.” Disse Liam, ancora impegnato ad affondare il cucchiaino nel sorbetto.
“Liam, secondo quello che dici, il tipo avrebbe trovato la giacca da qualche parte e si sarebbe pulito le mani, ma può anche darsi che abbia ucciso il proprietario della giacca mentre era sotto l’effetto della trasformazione.” Intervenne Theo, che a luci accese aveva mollato la presa su Aranel e si atteggiava in modo del tutto normale. Scott annuì pensieroso. Come aveva imparato negli anni, nel mondo sovrannaturale c’erano centinaia di possibilità.
“Dobbiamo sapere chi è e poi dobbiamo parlare con lui.”
“Come facciamo a rintracciarlo? Il liceo è pieno di ragazzini dai capelli rossi!” disse Aranel e tutti furono confusi.
“Come fai a sapere che è un liceale?”
“Dal borsone che ha in mano spunta fuori la mazza da lacrosse.”
“Ha ragione!” esclamò Liam socchiudendo gli occhi sulla figura del ragazzo.
Malia sorrise ad Aranel e le regalò una pacca sulla spalla.
“E brava la nostra new entry!”
“A questo punto credo proprio che andremo ad una partita di lacrosse come ai vecchi tempi!”
Scott soppesò tutti i volti incerti dei suoi amici e sorrise. Lui sorrise.



Salve a tutti! :)
Le cose cominciano a scaldarsi tra Aranel e Theo e il mistero del nuovo lupo prende forma. Siete curiosi?
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.
Un bacio.

Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.

A touch of light || Theo Raeken Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora