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164J.

“Si può scegliere tra una bugia che fa vivere e una verità che fa morire.”
(Tobias Gruterich)


Cadde in ginocchio sul pavimento, il polso floscio come un fiore secco, e l’ombra di Aaron su di lei.
Aranel balzò giù dal materasso coprendosi il viso con le braccia come a volersi difendere, si accucciò a terra e cominciò a tremare. Theo, che stava versando il caffè nelle tazze, si precipitò da lei e l’abbracciò.
“Stellina, calmati, sono soltanto io.”
“T-theo?” balbettò lei, poi alzò gli occhi su di lui e si asciugò alcune lacrime.
“Sono io. Va tutto bene. Niente e nessuno può farti male in questo momento.”
Aranel, scrutando il monolocale, si accertò che ci fossero solo loro due prima di sedersi lentamente sul divano-letto. Indossava una sottoveste grigia e una felpa nera troppo larga per essere la sua, apparteneva sicuramente al ragazzo. La sera precedente era stata ospitata da Theo, ricordava di aver dormito praticamente incollata a lui, e di essersi svegliata almeno cinque volte in preda alla paura. Aaron era stato arrestato e Chad aveva promesso di torchiarlo fino a quando non avesse confessato tutto, ma questo non la tranquillizzava affatto. Quando chiudeva gli occhi, rivedeva il suo sguardo folle gridare odio e le sue mani ghermirla per ferirla. I medici si erano complimentati con lei per il coraggio che aveva dimostrato e per come si era valorosamente difesa, ma in cuor suo sapeva che il terrore era stato l’unica ancora di salvezza.
“Aranel, guardami. Che cosa ti spaventa?”
Aranel stava osservando un punto alle spalle di Theo, una porta a soffietto che lasciava intravedere quelle che potevano sembrare braccia. Theo, che aveva capito, le mostrò che si trattava solo un vecchio cavalletto lasciato dal proprietario e che lui aveva conservato.
“Scusa. Io devo sembrarti una pazza in questo momento.”
“Credimi, ne ho viste di peggiori. Non c’è nulla da temere quando sei con me.”
Theo le accarezzò la guancia e le depositò un bacio sulla fronte. Aveva percepito la sua paura e la sua ansia durante tutta la notte, e non sembrava che fossero scemate, così decise che era meglio distrarla.
“Ti va di fare colazione? C’è il caffè all’arancia e quei biscotti alla cannella che ti ho fatto assaggiare al bar.”
“Questo vuol dire che sei uscito lasciandomi da sola?” Aranel sbarrò gli occhi e si portò una mano sul petto, si sentiva sopraffatta dalla stessa angoscia del giorno prima.
“Ho chiesto a Scott di passare a casa tua a prendere dei vestiti e di ritirare la colazione che ho prenotato via telefono. Non ti ho lasciata da sola nemmeno un istante, stellina.”
Aranel ricadde sul materasso passandosi le dita tra i capelli, tutta quella situazione la stava sfiancando. Era avvezza a problemi facili da gestire, come il frigorifero che si guasta o la macchina che si ferma in mezzo alla strada, ma adesso si rendeva conto che quella monotonia di cui aveva sempre accusato la propria vita non era poi così male. Pensò di voler tornare indietro a quando era a New York, nel suo super attico, a bere il suo the, con le solite faccende da sbrigare, però anche quella dimensione l’aveva soffocata e costretta a passare l’estate a Beacon Hills.
“Scusami.”
“Aranel Jones, smettila di scusarti inutilmente altrimenti ti farò il solletico senza alcuna pietà!”
Aranel rise e strisciò sulle lenzuola per scostarsi dalle mani di Theo, eppure un peso asfissiante non le dava alcuna tregua. Si accorse di una fasciatura al polso e sembrò confusa.
“Che cosa mi è successo?”
“Quel bastardo ti ha rotto il polso e io  ho alleviato il dolore, però Melissa ha consigliato di tenerlo fasciato il più stretto possibile per una guarigione completa.”
Non ricordava quasi nulla dell’accaduto, come se un velo si stendesse sui ricordi più brutti. Ricordava a scatti il viso di Theo e le sue vene tinte di nero mentre cancellava il suo dolore.
“Ho fame.” Esordì dopo alcuni minuti di silenzio nei quali cercava di rimettere insieme i pezzi. Theo le tese una mano con un sorriso e lei l’accettò.
“Quei caffè aspettano soltanto noi, stellina.”


Dall’altra parte della città, Scott e il suo branco si erano dati appuntamento per cercare di mettere una fine a quella caccia.
“Dobbiamo trovare il lupo e fermarlo. Abbiamo vagato a vuoto negli ultimi due mesi ma è arrivato il momento di farla finta prima che qualcun altro si faccia male.”
“A proposito, come sta Aranel? Non risponde alle mie chiamate.” Disse Stiles, stravaccato sul divano, lo sguardo pensieroso e la mano di Lydia sulla spalla a mo’ di consolazione. Non parlava con Aranel da tempo ormai, avevano discusso perché non voleva che la sua migliore amica frequentasse quel reietto di Theo, perché voleva risparmiarle una grande delusione, però l’aveva soltanto allontanata.
“Ho sentito Theo poco fa e mi ha detto che Aranel sta bene, certo è spaventata, ma per il resto se la cava. La teoria che il lupo sia uno di quelli coinvolti nella questione dell’ipoteca è schiacciante.” Rispose Scott con risolutezza, mascherando l’ansia per l’aggressione della sua migliore amica.
“Aaron ha detto che Richard non avrebbe dovuto dire quelle cose e che non è stato lui ad ucciderlo. Si tratta forse di un complice?” intervenne Lydia.
A Liam venne in mente la conversazione telefonica che Aranel aveva avuto con Greg circa i documenti dell’ipoteca e gli sembrava strano che lui c’entrasse qualcosa.
“I complici potrebbero essere Henry Jones, Hannah, Aaron oppure Greg. Tutti hanno un motivo per mentire e per  uccidere Richard dopo che ha raccontato la verità.”
“Sono tutti coinvolti nella stessa misura.” Commentò Malia. Stiles sbirciò di nuovo la cartellina che aveva recuperato a casa di Aranel e notò qualcosa che poteva risultare importante: erano gli spostamenti bancari di suo padre, entrate e uscite, e tra questi spuntava un conto intestato a Oliver Blake.
“Ragazzi, il sindaco ha spostato cinquecento dollari sul conto di Oliver Blake, il fotografo incaricato di esaminare le due scene del crimine.”
“Oliver non ci ha detto di essere stato pagato dal sindaco per quelle foto.” Fece Mason, seduto tra Malia e Liam.
“Non ce lo ha detto perché il versamento era anonimo, quindi non sarebbe potuto risalire alla fonte. Questi sono documenti ufficiali che Chad ha richiesto alla banca, ecco perché sono tracciate tutte le sue mosse.”
“Chad ha mostrato delle foto a Theo e a Aranel, questo può significare che a Oliver è stato commissionato di seguirli e fotografarli proprio dal sindaco. Dopo che Aranel ha saputo da Richard che suo padre era immischiato, il sindaco potrebbe aver pensato di far ricadere la colpa su Theo affibbiandogli come movente la gelosia, dal momento che i due sono stati fotografati insieme in più occasioni.” Disse Lydia, le cui rotelle cominciavano ad ingranare man mano. Scott annuì e indicò col dito la cartella che Stile aveva poggiato sul tavolino.
“Accusando lo spasimante di Aranel avrebbe evitato uno scandalo e avrebbe difeso sua figlia al tempo stesso. In fondo, quel prestito serviva ad Aaron ed entrambi avrebbero pagato se la verità fosse venuta a galla.”
“Aspettate un attimo, non sappiamo perché Aaron avesse bisogno di quei soldi. E se fosse lui il lupo e il sindaco lo avesse coperto?” il dubbio di Malia aveva un senso e tutti convennero che trarre conclusioni affrettate era inutile.
“Faremo in questo modo: Liam e Mason, parlate con Oliver e chiedetegli di più su quelle foto; Malia e Lydia, voi perquisite la stanza di Aaron e lo studio del sindaco, tanto Cindy e Hannah sono in centrale; io e Stiles torniamo nel bosco e cerchiamo di seguire le tracce in modo diverso.”


Aranel si sentiva meglio adesso che era a stomaco pieno. Appollaiata all’angolo del divano, le braccia attorno alle gambe e il mento sulle ginocchia, aspettava che Theo chiudesse la chiamata con Scott.
“Allora, cosa hanno deciso di fare?”
“Forse hanno una pista e la stanno verificando. Io e Scott abbiamo pensato che è meglio portarti fuori città per un paio di giorni, giusto il tempo che scoprano qualcosa. So che tuo padre ogni anno affitta una casetta sul lago, che ne dici di andarci a rifugiare lì?”
“Io e te?”
Quella domanda sbigottì Theo perché si aspettava una reazione migliore.
“Se la cosa ti crea disagio, posso chiedere a Mason di farti compagnia.”
“Cosa? No! Non mi crea nessun disagio, volevo solo accertarmi che fossimo noi due da soli. Dico che è perfetto.” Il sorriso di Aranel era il primo che sfoggiava da due giorni e invogliò anche Theo a sorridere di rimando.
“Allora, che i preparativi abbiano inizio. Puoi fare la doccia senza alcun fretta perché io l’ho già fatta, gli asciugamani li trovi nel mobile accanto alla porta, e il bagnoschiuma è uno di quelli scadenti del supermercato.” Le spiegò il ragazzo mentre cercava la sua valigia. Quando avvertì l’incertezza di Aranel e la vide immobile sulla soglia del bagno, le lanciò un’occhiata interrogativa.
“Ehm, so che questa ti sembrerà una proposta bizzarra, ma non è che potresti venire con me?” la timidezza di Aranel le arrossò le guance, al che Theo si irrigidì.
“In che senso?”
“Oh, no, non in quel senso! Potresti restare fuori dalla porta? Lo so che non dovrei avere più paura, però mi sentirei più tranquilla.”
“Lo faccio volentieri, stellina.”


Bluish Lake, la schiera di casette di legno e pietra che ogni anno ospitava numerose persone, era sempre la stessa, e Aranel ebbe l’impressione che lì il tempo si fosse congelato. A fine luglio era quasi spoglia, eccetto per quelle poche famiglie che possedevano una casa da generazioni, e la strada principale era sgombra, così come lo erano i negozi e i bar. Theo parcheggiò di fronte al lotto ‘78’ e aiutò Aranel a scendere da vero gentiluomo.
“Sembra passata un’eternità.” Disse lei, perdendosi in miriadi di ricordi che la vedevano da bambina scorrazzare qua e là tra gli alberi. L’abitazione che i Jones affittavano da venti anni a questa parte si trovava a pochi metri dalla boscaglia e dal lago, la vista era senza dubbio mozzafiato e il gorgoglio dell’acqua era assai piacevole. Theo, che nel frattempo aveva scaricato le valige, infilò la chiave nella toppa e aprì la porta. L’arredamento consisteva in una cucina di modeste dimensioni, in un salottino di poltrone in vimini, e in una camera da letto molto piccola e accogliente. Era sera inoltrata, il lampadario proiettava una luce fioca, e i ricordi stavano riaffiorando prepotenti, così Aranel pensò che fosse meglio impegnare la mente in altre attività.
“Ti va di aiutarmi a preparare la cena?” propose al ragazzo che stava posando le buste della spesa sul lavandino.
“Se cucinare riesce a toglierti quell’espressione assorta dal viso, per me va bene.”
“Non devi stare qui se non vuoi.”
Theo, la schiena contro la cucina, scrollò le spalle e ridacchiò.
“Tu non hai proprio capito niente, Aranel. Io voglio stare esattamente qui con te, a prescindere da tutto. L’altra notte non è stata per caso, non era da una botta e via, e mi auguro che per te non sia stato solo un sfogo dopo aver rotto con Greg.”
Aranel aveva messo l’acqua a bollire e aveva impostato sul cellulare la ricetta da seguire, ma si interruppe a quelle parole. La sincerità con cui si esprimeva Theo la metteva a disagio, quel suo essere diretto la metteva con le spalle al muro obbligandola a esternare sentimenti che le facevano paura. Iniziò a giocare nervosamente con un lembo di fasciatura fino a quando si sciolse ricadendo a terra.
“Non è stato uno sfogo. Tra me e Greg le cose non sono mai andate bene, lui appartiene all’elite di New York e io sono stata catapultata nel suo mondo senza poter reagire. E’ sempre stata una storia morta, senza coinvolgimento emotivo né fisico. Io la desideravo quella notte con te.”
“E’ solo una storia estiva per te?” Theo era stranamente serio, la tensione che stava provando in quel momento lo stava uccidendo; no, lui non voleva essere soltanto una storiella. Arane spense l’acqua e lasciò perdere la cena, adesso c’erano altre cose da affrontare.
“Me lo chiedi prima che i miei amici mi tengano lontana da te?”“Te lo chiedo prima che io mi innamori di te.”
Theo non pensava che avrebbe mai ammesso determinati sentimenti, soprattutto alla migliore amica di Scott e Stiles, però non poteva evitare la verità ancora per molto. Aranel vedeva il meglio di lui e sapeva sfruttarlo, riusciva a fare emergere il vero Theo, quello non contaminato dai Dread Doctors, ma quel Theo che a nove anni era impaurito. Aranel era il tocco di luce che si faceva strada nelle tenebre della sua vita e lo ammansivano, lo guidavano, lo redimevano.
“Theo…”
“Non dire nulla. Mi dispiace di avertelo detto.”
Prima che Theo uscisse in veranda, Aranel pronunciò quelle parole che riaccesero la speranza in lui.
“Io mi sto già innamorando di te, Theo!”


Tutti gli indizi che il branco aveva raccolto convergevano in un singolo indirizzo: 164J, che secondo le coordinate si trattava di un deposito abbandonato fuori città. Oliver Blake aveva riferito a Liam e a Mason di aver consegnato le foto a quell’indirizzo; Lydia e Malia nella scrivania del sindaco avevano trovato numerosi scontrini che attestavano l’acquisto di candeggina e altri disinfettanti; Scott e Stiles avevano seguito alcune tracce fino alla strada che portava al deposito. Era lì che si nascondeva il lupo.
“Ho appena scoperto a cosa serviva quel prestito!” esclamò Stile raggiungendo gli altri in salotto. Scott scattò sull’attenti e lo invitò a parlare.
“Allora?”
“Due settimane fa hanno arrestato un falsario di carte di identità e passaporti, però ieri hanno iniziato ad archiviare le prove, e tra i clienti sono saltati fuori in nomi di Henry, Cindy, Hannah e Aaron. Una parte dei soldi serviva a pagare il falsario e l’altra per rifarsi una vita chissà dove. Sono loro quattro gli artefici di tutti: uno è il lupo e gli altri lo coprono.”
“Cosa c’entrano il deposito e tutta quella candeggina?” fece Malia.
“Credo che stiamo per saperlo.”

Aranel sorrideva genuinamente mentre guardava per la centesima volta Mary Poppins in TV. Sin da bambina aveva desiderato che una tata magica capitasse in casa sua e che aiutasse la sua famiglia a ricucire i rapporti, ma per anni si era illusa invano. Theo non riusciva a staccare gli occhi da lei, così emozionata e afflitta da quel film, rannicchiata contro il cuscino e con una infantile ingenuità nello sguardo. Durante la cena avevano parlato di tutto, della scuola, del lavoro, delle vacanze, ma mai dei sentimenti che si erano reciprocamente confessati. Lo rendeva nervoso il fatto che non avessero accennato all’accaduto perché lui aveva bisogno di sapere.
“Va tutto bene?” Aranel gli sfiorò la guancia con le dita, preoccupata che qualcosa stesse andando male.
“Sì, va tutto bene. Stavo solo pensando.”
“Erano pensieri belli?”
“Stavo pensando a te, quindi direi proprio che erano pensieri belli.”
Aranel sorrise abbassando gli occhi, non era abituata a certe cose, anzi l’imbarazzo la faceva da padrone.
“Io ci credo davvero in quello che ti ho detto prima, Theo. Mi piacerebbe avere la possibilità di stare con te ma è necessario andarci piano.”
Theo si sedette sul bordo del letto e si passò le mani tra i capelli, non era bravo ad esternare le sue emozioni e rischiava di combinare un guaio.
“Il mese prossimo tornerai a New York e sarà tutto finito. Come possiamo darci una possibilità? Al massimo, possiamo goderci altri trenta giorni di sesso, ma nulla di più.”
Aranel spense la televisione, fece il giro del letto e prese posto sulle gambe del ragazzo.
“Allora vieni a New York con me.”
“Che hai detto?”
“Ti ho detto di venire con me. A Beacon Hills non c’è nulla per te, ma a New York potresti ricominciare da capo, una nuova vita, un nuovo Theo, e noi potremmo stare insieme.”
“Perché dovremmo stare insieme? Ho fatto delle cose orribili, ho tentato di uccidere i tuoi amici e ho sempre fatto il doppiogioco. Sono un mostro, Aranel. Tu sei troppo pura per uno come me.”
“Dovremmo stare insieme perché tu hai bisogno di me per redimerti e io ho bisogno di te per accendere la parte più oscura di me stessa. La luce non può stare senza il buio e viceversa. Non promettiamoci un grande amore per il momento, promettiamoci una grande avventura, impariamo a conoscerci, diamoci tempo per scovare tutte le sfaccettature. Dimmi che lo vuoi anche tu.” Gli sussurrò Aranel sfiorandogli le labbra, e quello era un invito che lui non poteva rifiutare. Dopo anni di solitudine e dolore, quella ragazza lo stava riportando alla vita.
“Lo voglio anche io.”
Aranel lo spinse dolcemente sul letto, si sistemò cavalcioni e gli tolse la maglia. Si baciarono con impeto, un gioco di bocche vogliose, e in quella notte esistevano solo loro. Theo introdusse le mani sotto la gonna, le accarezzò le ginocchia, poi salì sempre di più lungo l’interno delle cosce e così la ragazza sospirò più forte. I loro gesti erano governati dalla bramosia di stringersi, toccarsi, di amarsi. Aranel si sfilò la canotta mettendo in mostra il reggiseno bianco di pizzo alla cui vista Theo sorrise di più. Le mani del ragazzo scivolarono dalle sue esili spalle all’orlo della gonna in movimenti lenti, calcolati, che la fecero tremare, e infine l’indumento ricadde sul pavimento. Aranel lo costrinse a stendersi, gli baciò il collo, il petto, l’addome, giungendo a sbottonargli i jeans. Theo non aveva più alcun controllo sulla situazione e, anche se di solito era lui quello dominante a letto, adesso lasciava che fosse lei a condurre il gioco; nessuna donna lo aveva mai ridotto così famelico e così inerme. Quel lato sensuale era qualcosa che Aranel non aveva mai saputo di possedere ma che stava imponendosi grazie a lui.
“Non provocarmi così tanto, stellina.” Mormorò Theo baciandole il collo.
“Qualcosa mi dice che non riuscirai a resistere a lungo.” La malizia mescolata a divertimento che colorava la voce di Aranel aumentò l’eccitazione del ragazzo, che non reagiva come un comune umano, bensì come un animale. Theo si lasciò sfuggire un gemito quando lei premette i fianchi contro di lui.
“Hai intenzione di darmi quello che voglio oppure vuoi ridere di me?”
“E cos’è che vuoi, Raeken?”
Theo era al limite della sopportazione. Gestire le pulsioni non era facile, soprattutto in situazioni di sovreccitamento, e in quel frangente non era capace di ragionare con lucidità. Erano solo ai preliminari e lui già toccava il margine del piacere. Aranel si sentiva potente, sapeva di star portando il ragazzo allo stremo, ed erano tutte sensazioni nuove che la stupivano.
“Voglio te, Aranel. Adesso.”


Aranel non amava particolarmente restare a letto senza fare nulla se non per dormire, però quella mattina fu contenta di starsene a fissare fuori dalla finestra con la testa sulla spalla di Theo. Avevano da poco finito di fare l’amore e una tranquilla atmosfera avvolgeva la stanza.
“Molto probabilmente mio padre non si sposerà e io ho comprato quel vestito rosso senza motivo.” Esordì dal nulla con estrema naturalezza.
“Potrai sempre indossarlo per lasciare che io te lo tolga.”
Entrambi scoppiarono a ridere e il timido sole che li osservava dal cielo sembrò illuminarsi assieme a loro. Theo faceva ancora fatica a regolare i battiti del cuore e il respiro, anche perché era la prima volta che perdeva il controllo in una tale situazione. Si era impegnato per evitare di mostrarsi violento e Aranel era stata davvero abile nel farlo calmare nonostante tutto.
“Come stai?” gli domandò lei teneramente baciandogli il petto.
“Sono ancora in fermento, stellina. E’ la prima volta che mi capita e non so come comportarmi.”
“Mi stai dicendo che io sono la causa del tuo sovreccitamento?”
“Esatto. E’ normale in noi esseri sovrannaturali, però succede raramente poiché è difficile che qualcosa ci ecciti in pochi minuti.”
Aranel arrossì per la spontaneità con cui Theo affrontava l’argomento, però era anche preoccupata che lui fosse ancora agitato.
“C’è qualcosa che posso fare per aiutarti? Ti potrei preparare una camomilla!”
“E’ bastata qualche carezza per mandarmi in tilt, come può una camomilla essere d’aiuto?”
“Cosa vuoi che ne sappia io, Raeken? Sono nuova nel club del sovrannaturale!” l’occhiataccia di Aranel fece ridere Theo, quei battibecchi erano forse la parte migliore del loro rapporto.
“Ora che ci penso, un modo ci sarebbe.”
“Dimmi.”
“Dammi mille baci.”
Aranel sorrise per il riferimento al carme di Catullo, poi lo baciò con intensità senza preoccuparsi troppo. Lo fece stendere su di sé mentre gli stringeva le ginocchia attorno ai fianchi.
“Che ne dici se ti do mille baci mentre facciamo la doccia?”
“Sei una tentatrice nata, stellina!”
Una manciata di minuti dopo si stavano baciando sotto il getto freddo dell’acqua, tra risatine e mani che vagavano dappertutto. Quella fu la doccia più lunga, circa un’ora, che entrambi avessero mai sperimentato e, quando si furono vestiti, decisero di fare colazione perché stavano morendo di fame.
“Ho un’idea! Potremmo fare un giro in barca, ti va?”
Theo, anziché rispondere, fu catturato da un intenso tanfo di sangue che proveniva da qualche metro di distanza. Diventava sempre più penetrante, come se la fonte dell’odore si stesse avvicinando.
“Percepisco l’odore del sangue.”
“Non sono io!” Disse Aranel.
“Speravo fossi in tu! Credo che presto avremo compagnia.”
Dei chiassosi colpi alla porta seguirono al presagio di Theo. Aranel trasalì, la stessa paura che aveva provato per colpa di Aaron si stava ripresentando e la stava soffocando. Theo le fece segno di stare zitta e di allontanarsi da porta e finestre, poi si diresse verso l’ingresso sfoderando gli artigli. Quando aprì, il corpo stremato di Richard piombò sul pavimento con un tonfo sordo.
“Ma che diamine!”
Aranel si precipitò verso il ragazzo e inorridì nel costatare che il viso e il petto erano coperti da profondi graffi sanguinanti e probabilmente infetti. Theo l’aiutò a sistemarlo sul divano ed entrambi indietreggiarono.
“Ah, questa non ci voleva.” Mormorò Theo tastando una ferita sul fianco di Richard che spurgava sangue.
“Si sta dissanguando e l’ambulanza non arriverà mai in tempo. Che facciamo? Non possiamo lasciarlo morire!”
“Come te la cavi con ago e filo?”
La calma di Theo innervosì Aranel, che tratteneva le lacrime, e andò nel panico. Era una giornalista e non un medico, non era capace!
“In che senso? Dovrei richiudere la ferita con ago e filo?!”
“Aranel, calmati. Mantieni il sangue freddo! Dobbiamo ricucirgli il fianco altrimenti muore entro venti minuti. Io gli tengo i lembi di pelle e tu li unisci col filo. Puoi farcela!”
Una prepotente sensazione di nausea le attanagliò lo stomaco, sentiva le mani tremolanti e quella puzza di sangue le stava facendo venire un gran mal di testa, però doveva essere coraggiosa e agire per salvarlo.
“D’accordo!”
Recuperò dalla sua borsa un astuccio contenente un piccolo grumo di filo nero e un ago, un’abitudine che sua nonna e sua madre le avevano inculcato malgrado non le servisse a nulla, e tornò da Theo. Si inginocchiarono accanto a Richard e gli tolsero la camicia. Theo afferrò i lembi del fianco e li accostò.
“Immagina che si tratti di cucire un comune pezzo di stoffa.”Aranel prese un respiro, infilò l’ago nella pelle di Richard e procedette a unire le due parti del fianco. Dalle sue mani colava sangue, poteva sentire gli strati della pelle fondersi e il cattivo odore peggiorava soltanto. Quando ebbe finito, si allontanò di scatto.
“Che schifo…”
Theo non perdette altro tempo: accese una candela, trovata la sera precedente in un cassetto, lasciò gocciolare la cera sulla ferita e con la fiamma saturò la pelle.
“Frequentare i Dread Doctors ha i suoi effetti positivi.” Commentò con un sorriso sedendosi a terra.
“Devo vomitare!”
Aranel corse in bagnò e rigettò cena e colazione, e sperò di poter rigettare anche la paura e l’immagine di quel corpo sanguinante.


Salve a tutti! :)
Il cerchio si sta man mano chiudendo. Chi credete sia il lupo?
Fatemi sapere cosa ne pensate.
All prossima.
Un bacio.

Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.

A touch of light || Theo Raeken Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora