Nella tana del lupo.

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NELLA TANA DEL LUPO.

“Siamo così intrappolati che qualsiasi via d’uscita è solo un’altra parte della trappola.”
(Chuck Palahniuk)


Aranel era esausta. Restare chiusa in sala interrogatori per due ore le aveva causato un terribile mal di testa e aveva peggiorato il suo già delicato umore. Le fu sequestrata la borsa, l’orologio, gli anelli e gli orecchini, e l’avevano anche perquisita quando l’avevano portata in centrale. Non capiva cosa collegasse lei alla scomparsa di Richard. Era stata proprio lei a dirgli di tornare a casa prima che il maltempo imperversasse, e si chiese se avessero fatto le ricerche giuste. Nessuno sapeva che lei e Richard avevano scoperto dei documenti falsi e del prestito, eccetto tutte le altre persone coinvolte quali Henry, Aaron, Hannah e Greg. Che uno di loro avesse denunciato Aranel? A quel punto poteva essere così, tutti erano invischiati in quella faccenda e tutti avevano qualcosa da perdere se fosse venuta alla luce la verità. Un’altra cosa non era chiara: il sostituto sceriffo Chad sembrava essersi accanito contro di lei come se fosse già sicuro della sua colpevolezza. Ciò fece temere ad Aranel che qualcuno la stesse incastrando. La porta si spalancò con un colpo secco e Chad entrò accompagnato da un omuncolo basso e magro. I due uomini si sedettero di fronte a lei e si lanciarono un’occhiata prima di cominciare. Fu l’omuncolo, agente Parker, a porle le prime domande.
“Iniziamo dalle basi. Ci dica lei chi è, quanti anni ha, quando e dove è nata, quale impiego svolge e dove abita.”
Aranel, gambe accavallate e braccia incrociate, sfoderò uno sguardo altero e si fece coraggio.
“Mi chiamo Aranel Marie Jones, ho ventisei anni, sono nata a Beacon Hills il ventotto maggio, lavoro come giornalista e abito a New York.”
“Perché ha lasciato Beacon Hills?”
“Ho lasciato Beacon Hills all’età di sedici anni insieme a mia madre dopo il divorzio dei miei.”
“Perché è tornata?”
“Sono tornata per vendere la casa dei miei genitori e per rivedere i miei amici.”
Chad la studiò attentamente, stava cercando un modo per far crepare quella maschera di indifferenza che la ragazza ostentata senza tentennamenti.
“Ci dica in quali rapporti era con Richard Bettencourt.”
“Ho incontrato il signor Bettencourt per la prima volta due giorni fa. Mi sono recata a casa di mio padre perché avevo bisogno di parlargli ma lui non c’era, così ho chiesto a Richard, che si trovava in casa dopo avervi trascorso la notte, di riferire ad Aaron che ero passata. L’ho rivisto la sera stessa al ballo di inizio estate, mi ha invitata a ballare, poi sono andata via.”
Aranel non disse nulla riguardo alla visita che aveva ricevuto quella mattina per capire fino a che punto avessero portato le indagini. Chad annuì battendo l’indice sul tavolo, poi tornò a guardare Aranel con severità.
“Bettencourt l’ha invitata a ballare perché tra di voi c’è qualche tipo di relazione?”
“Mi ha invitata a ballare perché sono la sorellastra del suo migliore amico. Al ballo ero accompagnata da amici.”
“Chi sono questi amici?”
“Scott McCall e Malia Hale. Troverete i loro nomi sulla lista.”
“E il suo nome è sulla lista?”
“No.”
“E’ quello del suo accompagnatore?”
“Neanche.”
“Allora perché era al ballo senza essere stata invitata? Stava pedinando il signor Bettencourt?”
Aranel si mise più comoda sulla sedia perché era sicura che le cose sarebbero andate per le lunghe. Stavano facendo pressione su dettagli che al fine delle indagini non erano necessari.
“Ero al ballo solo perché avevo voglia di indossare un bel vestito e godermi una serata tranquilla con i miei amici. Sono la figlia del sindaco, non ho avuto problemi con l’invito. Non ero lì per pedinare Bettencourt, le ho già detto che lo conoscevo da poche ore.”
“Chi era il suo accompagnatore?”
“Un amico.”
“Ci dica il suo nome e faremo dei controlli.”
La situazione stava precipitando, la stavano mettendo con le spalle al muro per farla confessare, ma Aranel non aveva nulla da dire. Si limitò a mantenere un’espressione glaciale, la schiena dritta, le labbra serrate.
“Il mio accompagnatore è irrilevante. Non conosce Bettencourt.”
Insistere a chiamare Richard per cognome era una strategia per mettere se stessa e lui su piani diversi, come fossero conoscenti e non avessero nulla da spartire. Un’agente bussò e fu Chad ad aprire, ritirò una cartellina color caffè e tornò al suo posto. Sbirciò una serie di foto e di fogli che lo fecero sorridere, stesso effetto fecero sortire su Parker. Chad allungò le foto sul tavolo e ne indicò un paio: la prima ritraeva Aranel e Theo mentre entravano nella sala dove si teneva il ballo, la seconda li ritraeva mentre si baciavano in giardino.
“Theodor Raeken era il suo accompagnatore. Sa, signorina Jones, girano diverse voci su voi due.”
“Come le ha avute? Dovrei sporgere denuncia contro chi ha fatto queste foto perché ha invaso la mia privacy! La mia vita privata non è capo d’accusa, pertanto non le devo spiegazioni.”
Aranel aveva tentato di escludere Theo da quella storia ma ogni tentativo era fallito, adesso le ipotesi che lo sceriffo poteva formulare rischiavano di farli risultare colpevoli.
“Molte persone vi hanno visto in atteggiamenti particolarmente intimi al bar, in atelier, per strada, e ieri sera siete andati via insieme.” Fece Parker, gli occhiali tondi che gli scivolavano sul naso, le dita magre a giocare con la fede. Aranel provò pietà per la donna che aveva deciso di sposare quell’idiota.
“Non vedo come possano esservi d’aiuto i miei legami con il signor Raeken. E’ vero che ci frequentiamo, però la legge non lo considera un reato. Fate le domande giuste.”
“Lei mi sta dicendo la verità? Io sospetto che lei e Richard avete una tresca e che magari Raeken non l’abbia presa bene.”
Quelle insinuazioni avevano una logica contorta, avrebbero spiegato l’accaduto e avrebbero chiuso in fretta il caso, però ad essere puniti sarebbero stati due innocenti.
“Io e il signor Raeken non stiamo insieme e lui non ha ragione di essere geloso. Le ripeto che tra me e Bettencourt non c’erano legami se non un giro di ballo.”
Chad ripose le foto, fece un cenno al collega e insieme uscirono in corridoio.
“Chiami il suo avvocato, signorina. Ne avrà bisogno.”
Un altro agente la scortò al piano terra per fare la chiamata che veniva concessa a tutti, e lei chiamò il vecchio avvocato di famiglia.
“Qui è l’avvocato Michael Ross.”
“Signor Ross, sono Aranel Jones. Ho bisogno del suo aiuto.”
“Aranel! Cosa sta succedendo? Sei tornata in città? Dimmi dove ti trovi.”
“Mi stanno trattenendo alla centrale di polizia per la scomparsa di Richard Bettencourt, credono che io sia coinvolta. Io non la sto chiamando per aiutare me, la chiamo perché voglio che lei difenda Theodor Raeken. Sono certa che a breve lo porteranno qui come informato sui fatti.”



“Allora, cominciamo dall’inizio. Ci dica lei chi è, quanti anni ha, quando e dove è nato, quale impiego svolge e dove abita.”
“Mi chiamo Theodor Karl Raeken, ho ventisei anni, sono nato a Beacon Hills il quindici aprile, sono l’assistente del meccanico Bob e abito a Beacon Hills.”
Theo era stato prelevato dall’officina dallo sceriffo Chad perché Richard era disperso. Alla centrale aveva annusato l’odore di Aranel e sapeva che lei doveva trovarsi nella sala interrogatori accanto a quella in cui era lui.
“Conosce Richard Bettencourt?”
“Soltanto di nome, non ho mai parlato con lui.”
“Sappiamo che ieri sera ha accompagnato Aranel Jones al ballo di inizio estate presso la villa di Alexandra Bettencourt. Come si è svolta la serata?”
Chad era troppo sospettoso, voleva trovare in poche mosse il colpevole e farsi bello agli occhi della famiglia più ricca della città. Theo, però, era più furbo e giocò al meglio le sue carte.
“Aranel mi ha chiesto di accompagnarla e ho accettato, non avevo l’invito ma ero sicuro che nessuno avrebbe cacciato la figlia del sindaco. Abbiamo sorseggiato champagne, abbiamo ballato e siamo andati via verso mezzanotte.”
“Non sa per quale motivo la signorina volesse prendere parte al ballo? In fondo, non era stata neanche invitata e questo significa che forse era poco gradita la sua presenza. Chissà, forse aveva tentato di avvicinarsi alla vittima in modo insistente.”
“Aranel ha conosciuto Richard l’altro ieri per la prima volta, neanche aveva idea che fosse il migliore amico del suo fratellastro. Non aveva l’invito perché ha lasciato la città anni fa. Non è una stalker!”
Chad si rilassò sulla sedia, la faccia scura, gli occhi verdi adombrati. Quell’interrogatorio era un vicolo cieco.
“La signorina Jones ha avuto contatti con Bettencourt?”
“Sì, lui l’ha invitata a ballare dicendole che era un peccato che Aaron non li avesse presentati per bene. I loro contatti si sono limitati ad un valzer.”
Theo aveva studiato a tavolino quell’interrogatorio grazie a Michael Ross, l’avvocato a cui Aranel aveva chiesto di difenderlo in caso di accuse, e imprecò mentalmente sapendola da sola e senza nessuna copertura. Chad gli mostrò delle foto che catturavano lui e Aranel al bar, fuori dall’atelier, in officina, e infine al ballo.
“Lei e la Jones state insieme?”
“Ci stiamo frequentando, ma nulla di serio. Non dovrebbe preoccuparsi del fatto che qualcuno in città passi il tempo a fotografarci? E ha pensato che questo qualcuno stia cercando di far ricadere ingiustamente la colpa su di noi?”
Era ormai palese che qualcuno li avesse seguiti per poterli incastrare, forse era stato proprio il neo-mannaro ad architettare quella trappola per toglierseli dai piedi.
“Senta, Raeken, lei è un tipo geloso?”
Ecco, era giunto il momento di sguainare tutte le armi a disposizione. Theo sorrise scuotendo la testa.
“Lei crede che si tratti di un delitto passionale, vero? Crede che io abbia ucciso Richard perché faceva la corte ad Aranel. Oh, come si sbaglia! Richard non ci ha mai provato con lei e, anche se lo avesse fatto, io non ne sarei stato geloso perché io e Aranel non siamo innamorati.”
Una smorfia di sorpresa infranse la facciata sicura di Chad, il suo cuore aumentò i battiti e alcune gocce di sudore gli impregnavano la fronte.
“Allora mi corregga lei. La signorina Jones non collabora molto.”
“Io non so dove sia Richard e non sono responsabile della sua scomparsa. Io e Aranel abbiamo trascorso la nottata insieme e ci siamo salutati stamattina alle otto e mezza. Richard era ancora vivo quando abbiamo lasciato la festa.”
“Cosa le fa credere che sia morto e non solo scomparso?”
Theo si chinò sul tavolo e si avvicinò quanto più poté a Chad, doveva dimostrargli di non avere paura di lui.
“E’ lei che me lo fa credere, sceriffo. La sua fretta nel voler cercare un colpevole mi fa credere che Richard sia già morto. Avere contro la famiglia Bettencourt non è un bene per nessuno.”
“Sa una cosa, Raeken? Io l’ho vista la signorina Jones, è bella, ha personalità, e immagino che a lei una sola scopata non sia bastata. Dico bene?”
Theo dovette reprimere la furia della chimera che si dibatteva in lui e fu costretto a ridere per mascherare la rabbia.
“Non so per quale motivo stiate accusando me e Aranel, ma il problema è che state perdendo tempo mentre il vero colpevole è già lontano. Senta, Richard è ricco e questo fa di lui un bersaglio che chiunque può prendere di mira. Noi non abbiamo nessun motivo per fargli del male.”


“Sappiamo che Bettencourt stamani è venuto a casa sua per una questione urgente, perciò le conviene spiegarmi il motivo altrimenti la sbatto in cella!” urlò Chad contro Aranel, che sussultò per lo spavento.
“Okay, glielo dico. Mio padre e il mio ex fidanzato hanno falsificato la mia firma per ipotecare la casa di mia proprietà per richiedere un prestito. Richard è venuto a casa mia per raccontarmi che aveva scoperto l’inganno e che aveva intenzione di essere il mio legale al processo. Che motivo avevo di fargli del male?”
Aranel sorvolò sul fatto che anche Richard fosse parte di quella truffa, sebbene ne fosse inconsapevole, per evitare che Chad pensasse che lei lo avesse ucciso per vendicarsi del torto. Dire che lui era il suo avvocato le sembrava l’unico modo per aiutare Theo a uscirne indenne. Chad era sbigottito, le sue ipotesi erano appena state smontate.
“Cambia tutto ora. Chi altri era immischiato nella truffa? E come lo ha scoperto Bettencourt?”
“Ha origliato una conversazione tra mio padre e il mio fratellastro, poi alla festa mi ha detto che sarebbe venuto da me per una questione della massima urgenza. Sono coinvolti Henry Jones, Cindy Green, Aaron e Hannah White, e Gregory Mitchell. Avrei sporto denuncia stamattina insieme a Richard.”
“A che ora ha lasciato la sua abitazione?”
“E’ andato via intorno alle sette e venti. Raeken glielo può confermare. Non siamo stati noi, sceriffo. Non c’è movente da parte mia.”
“Uno di quelli che hanno organizzato la truffa potrebbe essere il nostro uomo.”



Erano le otto di sera quando ad Aranel e a Theo furono restituiti gli effetti personali e i documenti. Chad e Parker si erano scusati con loro e avevano promesso che quell’incidente non sarebbe stato neanche segnato a verbale. Restava il fatto che l’intera città era alla ricerca di Richard, persino Scott e il branco si erano messi sulle sue tracce.
“Come stai?” le chiese Theo mentre si allontanavano dalla centrale.
“Sopravvivrò. Sono davvero preoccupata per Richard. Dobbiamo ritenere che il mannaro lo abbia preso perché ha scoperto la sua identità.”
“A quest’ora sarà già morto se tu hai ragione. E’ più vicino di quanto pensassimo, può essere Aaron o tuo padre dato che sono loro ad avere più contatto con Richard.”
La stessa Mercedes dai vetri oscurati che la mattina si era diretta in centrale accostò e dalla portiera uscì Alexandra Bettencourt, i capelli grigi raccolti in una crocchia, l’impermeabile nero a coprirle le spalle, il bastone nero lucido che batteva sul marciapiede mentre camminava. Aranel istintivamente si strinse al braccio di Theo.
“Ragazzi, buonasera. Non temete, non sono qui con cattive intenzione.”
“Madama Bettencourt, ha bisogno di qualcosa?” le chiese Theo con una certa riverenza. La luce dei lampioni rendeva la donna più vecchia di quanto non fosse.
“Io ho detto allo sceriffo di Chad di interrogarvi. Ho ricevuto una chiamata anonima alle prime luci e mi è stato riferito che voi due eravate coinvolti in un brutto affare con Richard, inoltre nella cassetta della posta sono state imbucate le foto che ho consegnato alla polizia. Mi è stato detto che il movente era l’ipoteca sulla casa della signorina Jones e che il suo amante avrebbe fatto di tutto per aiutarla a vendicarsi.”
“Senta, signora, può sembrare ridicolo che il nostro alibi  sia lo stesso perché siamo stati insieme tutta la notte e buona parte di stamattina, ma le posso giurare che non abbiamo fatto del male a suo nipote. La storia sull’ipoteca è vera, Richard è venuto da me per dirmi tutto e si è proposto come mio legale in caso avessi voluto denunciare la truffa, quindi non avevamo motivo di rapirlo.” La voce di Aranel si era incrinata, era stanca, affamata, e tutte quelle accuse ingiuste pesavano come macigni.
“Lo so che non siete stati voi, ragazzi. Ho trovato il taccuino di Richard con alcuni appunti e ho avvisato Chad. Sono qui per porgere le mie scuse. Siete stati trattati in modo ingiusto e mi pento di esserne l’artefice.”
“La ringraziamo, Madama Bettencourt. E ci auguriamo che ritrovi suo nipote illeso.” La gentilezza di Theo era inusuale, però capiva che era meglio fingere cordialità che mostrarsi ostile. Alexandra accarezzò le mani unite dei ragazzi e sorrise mestamente, le rughe del viso le gravavano anche sul cuore in quella notte di panico.
“Qualcuno ha cercato di far ricadere la colpa su voi due, perciò state attenti. Buona fortuna.”
Così dicendo la signora Bettencourt rientrò in auto e si allontanò velocemente. Quell’avvertimento era serio, qualcuno si stava muovendo per coprire i propri misfatti e incolpare Aranel e Theo. La domanda era una: chi?
“Non sarei mai dovuta tornare.” Mormorò Aranel, lo sguardo afflitto e un senso di vuoto allo stomaco.
“Non lo dire neanche per scherzo! E’ stata una fortuna che tu sia tornata. Io sono stato fortunato.”
Theo le baciò a stampo le labbra e l’abbracciò. Aranel si sentì stranamente al sicuro, come se nulla potesse scalfirla, come se fosse invincibile tra quelle braccia.



Stravaccarsi sul divano di casa fu una gioia immensa. Theo aveva cercato in tutti i modi di restare da lei, ma Aranel lo aveva cacciato dopo un bacio in veranda. Aveva bisogno di stare da sola e riprendere fiato. Il suo cellulare registrava venti chiamate perse di Greg, sette di suo padre e due messaggi in segreteria di Stiles. Per evitare una ramanzina da parte di Stiles, Aranel preferì chiamare Scott.
“Aranel! Ti hanno lasciata andare?”
“Non avevano prove contro me e Theo, quindi siamo tornati a casa. Voi avete trovato qualcosa?”
“Abbiamo perlustrato il bosco e abbiamo trovato l’orologio di Richard. Il lupo ha imparato ha nascondere il proprio odore ma non quello del sangue altrui, adesso stiamo seguendo l’odore di Richard e penso che siamo vicini. Tu chiuditi in casa e resta al sicuro, ci aggiorniamo domani.”
“Mandatemi un messaggio quando e se lo trovate. Buona caccia!”
Aranel si era convinta che il lupo fosse uno dei suoi familiari, o era suo padre o era Aaron. La scomparsa di Richard stava agitando le acque e uno dei due avrebbe sicuramente commesso un errore permettendo a Scott e al branco di beccarlo. Quando il campanello suono ripetute volte, Aranel fu invasa dal terrore. Era impossibile che fossero i suoi amici o Theo, perciò poteva trattarsi di qualcuno intenzionato a farle del male. Sbirciò dalla finestra e si rilassò riconoscendo la figura slanciata di Aaron. Andò di corsa ad aprire la porta e lo invitò ad entrare.
“Aaron, va tutto bene? Perché non sei con gli altri a cercare Richard?”
Aaron se ne stava in silenzio, gli occhi puntati a terra, i capelli ricci gli ricadevano sul viso, le mani erano sporche di terra e sangue.
“I-Io non l’ho ucciso. Non sono stato. Io non volevo!” gridò il ragazzo tra i singhiozzi.
“Va tutto bene adesso, stai tranquillo. Spiegami che cosa sta succedo. Richard sta bene?”
Senza replicare, Aaron le artigliò il polso, premette con forza e glielo spezzò. Aranel lanciò un urlo di dolore terrificante. Cadde in ginocchio sul pavimento, il polso floscio come un fiore secco, e l’ombra di Aaron su di lei.
“Lui non doveva raccontare quelle cose! Doveva stare zitto!”
Aranel a fatica si alzò e tentò la fuga, però Aaron la strattonò contro la parete causandole di sicuro una commozione celebrale. Il dolore le annebbiava la vista, il sangue in bocca le provocava la nausea e cominciava a temere che sarebbe morta.
“Ti prego, basta. Aaron!”
Le suppliche non servivano, Aaron sembrava una bestia, gli occhi iniettati di sangue, le labbra contorte in una smorfia crudele e le dita sudice che la trascinavano verso il soggiorno. Ricordò di uno spray alle erbe che Kabir, fidanzato di sua madre e erborista di professione, le aveva consigliato di spruzzare negli occhi di un eventuale malintenzionato; funzionava come lo spray al peperoncino, però era più letale. Si divincolò dalla presa ferrea di Aaron pestandogli un piede col tacco dei sandali, poi gli tirò una gomitata in faccia e zoppicò verso l’appendiabiti all’ingresso. Frugò nella borsa e trovò il flaconcino, ispezionò il salotto ma del ragazzo non v’era traccia. Non si udiva alcun rumore, la lampada sullo scrittoio era esplosa in una miriade di schegge e l’intera casa versava nel buio. Aranel si accasciò in un angolo e iniziò a respirare per riprendere lucidità, per il momento il polso non le faceva male e non si era resa conto del taglio al ginocchio che sanguinava. Puntava solo ad uscirne viva. La suoneria del suo cellulare spezzò il silenzio e lei pensò di poter arrivare in cucina per rispondere. Si sollevò con cautela, tastando la parete per sorreggersi, mentre si guardava attorno quanto più poté in quella oscurità che appestava l’abitazione. Varcata la soglia della cucina, due mani possenti la risucchiarono sbattendola contro il tavolo.
“Aaron, smettila! Così mi ucciderai!”
Gli occhi di Aaron, rabbiosi e felini, scrutarono un viso tondo, macchiato di trucco e di sangue, ma non lo riconobbero. Non sapeva chi fosse quella ragazza ma sapeva che doveva attaccarla perché così gli era stato ordinato. Si chinò sul corpo tremante della sua vittima, le afferrò i capelli per la coda di cavallo e l’avvicinò al proprio viso. Aranel colse l’occasione per spruzzargli l’estratto di ortica dritto in faccia, al che Aaron ricadde a terra intontito. Lei si alzò, lo colpì con una padella e lo tramortì per qualche istante. Raccolse il cellulare dal pavimento e si gettò in strada. Barcollò fino alla casa più vicina, quella dei Prince, e bussò e suonò il campanello con quel briciolo di forza che le restava. Quando nessuno le aprì, fu costretta a rimettersi in cammino per sfuggire ad Aaron. Compose il numero della centrale e ricevette risposta entro pochi secondi.
“Ufficio del sostituto sceriffo Chad.”
“S-so-no Ara-anel, mi a-aiut-ti.”
“Signorina Jones, stia calma e cerchi di dirmi dove si trova.”
Aranel sbatté le palpebre più volte, la vista era ancora sfocata, la testa le girava, però riuscì ad intravedere l’insegna di una libreria.
“Ehm… mi t-trovo nei pressi del-la libr-reria King.”
“Tenga duro, Aranel. Sto arrivando.”



Theo non era mai stato così in ansia per qualcuno, ma l’agitazione lo stava sbranando da quando Liam lo aveva chiamato dicendogli che Aranel era stata aggredita. Arrivò in ospedale nel giro di sette minuti tra limiti di velocità non rispettati e semafori rossi ignorati. Melissa gli andò in contro con un mezzo sorriso.
“La trovi nella stanza 102.” Gli disse brevemente, dal momento che il ragazzo era bianco di paura.
“Aranel!”
La ragazza scoppiò in lacrime nel vederlo lì, avvolta da una coperta e con diversi cerotti sul viso. Una fasciatura le era stata applicata al polso. La strinse in un abbraccio con l’intenzione di consolarla, lasciando che si sfogasse contro il suo petto mentre le lacrime e il mascara gli imbrattavano la maglietta.
“Ssh, stellina. Va tutto bene. Adesso ci sono io con te.”
Una ventina di minuti dopo si precipitarono tutti in ospedale, Scott e Malia, Stiles e Lydia, Liam e Mason, e infine anche lo sceriffo Chad e l’agente Parker andarono a farle visite. Soltanto dopo numerosi accertamenti e suppliche, ad Aranel fu concesso di tornare a casa. Per quella notte fu ospitata da Theo.


Salve a tutti! :)
Povera Aranel, anche la sua famiglia le volta le spalle. Meno male che i suoi amici restano al suo fianco.
Chissà cosa é successo a Richard.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.
Un bacio.

Ps.  perdonate eventuali errori di battitura.

A touch of light || Theo Raeken Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora