Ci sedemmo sul sedile, c'eravamo tuo ed io, i nostri respiri affannati, che riuscivano a portare dentro il tempo che c'era fuori.
Mi emozionai, appena mi stringesti la mano, ed io, che da tanto non ricevevo da molto un contatto simile, mi ero innamorato perdutamente anche del tuo tocco.
Ma cosa posso dire oltre al fatto che mi fai impazzire?
Appoggiai la mia testa sulla tua spalla, aspirando l'odore dell'inverno che portavi dietro.
Sentivo la neve, i campi bianchi, i pini profumati.
Le giornate di pioggia.
Quelle giornate dove il cielo è grigio e ti sembra far a gara con lui su chi si sentà più triste, su a chi manchi di più la persona amata.
Alcune volte, si ritrovava innanzi alla finestra del condominio dove abitava, e si ritrovava a chiedere al cielo che ormai già piangeva: "Per chi piangi oggi?"
Sembrava addirittura che le nuvole si arrabbiassero con lui, diventando nere come la pece, facendo tremare il cielo e lanciando fulmini sulla terra che per loro era tanto lontana.
Ma in fondo, il cielo non è quello che ci separa ora?