His name is Jimmy.

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La porta di legno di casa Thompson si chiude e, per Sam, il mondo sembra trasformarsi.
Il cappotto sull'appendiabiti, lo zaino per terra e Sam si diresse in cucina.
Appena entrò, sua madre sembrava dormire tranquillamente sul bancone della cucina.
Tre, quattro, forse cinque bottiglie di birra tutte finite, senza nemmeno un goccio del liquido giallastro. Per non parlare delle cicche di sigaretta ovunque. Dio, avevano inventato i portacenere apposta.
Sam si abbassò per prendere alcune bottiglie di vetro per terra e notò alcune scarpe.
Scarpe a lei sconosciute.
Sbuffò e alzò gli occhi al cielo pensando fossero del fratello e quindi continuò a cercare di ripulire un po' quel porcile.

Intanto, sua madre continuava a dormire come se niente fosse.
Ad un tratto sentì qualcuno scendere le scale.
"Sam, sei tornata! Com'è andata?" era suo fratello Connor.
"Si uhm, abbastanza bene. A te?"
"Normale. C'è Karen di sopra se vuoi andare a salutarla." Disse aprendo il frigo prendendo chissà cosa.
"Si, ci andrò sicuramente dopo che avrò capito di chi sono queste scarpe. Non è che sono tue?" chiese indicandole.
"No, non le ho mai viste prima d'ora in realtà." Rispose.
E fu un attimo.
Si guardarono e andarono al piano di sopra cercando di fare il meno rumore possibile.
Chiusero la porta della stanza di Connor dove in quel momento si trovava Karen che smanettava sul cellulare. Non si fece troppe domande.
Arrivati davanti alla porta della stanza di Sheila, si fermarono.
"Non succederà niente, okay?" sussurrò Connor per tranquillizzare la sorella. Ma più che la sorella, sembrava volesse tranquillizzare se stesso.
Aprì la porta.
La scena che si trovarono davanti non era delle migliori. Per niente.
Un uomo nudo dormiva beatamente sul letto di Sheila. Ma non era solo.
Con lui c'erano altre due donne, entrambe bionde anche se palesemente tinte. Dormivano anche loro.
Inutile dire che caos c'era per terra: birre, liquidi di dubbia provenienza, sigarette.. insomma, di tutto e di più.
Sam rimase inorridita dalla scena.
Connor sospirò e si massaggiò gli occhi prima di iniziare ad urlare a quei tre sconosciuti di andarsene e, magari, di rivestirsi.
Mentre le due donne iniziarono a sgomberare la stanza, il tipo non ne voleva sapere né di vestirsi, né tantomeno di andarsene.
Si avvicinò a Sam e lei lo guardò con sguardo di ghiaccio, cercando di resistere alla tentazione di sputargli in un occhio.

"Ehi, tu. Quanti anni hai?" le sussurrò, dopo aver ruttato. Eccome se faceva schifo.
Connor lo tirò per quei pochi capelli che aveva in testa e, a denti stretti, si avvicinò al suo orecchio e gli sussurrò: "Indossa queste stracazzo di mutande e vattene da casa mia o giuro che chiamo la polizia." E gli lanciò le mutande.
L'uomo sembrò afferrare il concetto e, assieme alle altre due, uscirono velocemente dalla casa.
In tutto ciò, ovviamente, Sheila dormiva.
"Okay, okay. È tutto okay." Sussurrò Connor per poi sospirare e passarsi una mano per la faccia come per calmarsi.
Scesero entrambi al piano di sotto con un solo obiettivo: Sheila.
Sam le tolse la bottiglia di birra dalla mano.
"Okay, Sheila. Non possiamo continuare così." Prese parola Sam.
"Su, su, ridatemi la bottiglia ragazzi. Prometto di essere una madre migliore, dai." Mugolò aprendo gli occhi, finalmente.
"Oh mio dio." Sbuffò Connor e la trasportò sulle spalle come se fosse un sacco di patate fino alla porta di ingresso. Sam aprì la porta e Connor cacciò letteralmente fuori di casa sua madre.
Rientrarono, chiudendo la porta a chiave.
"Credo di aver finito. Torno da Karen." Sbuffò Connor salendo le scale.

-

Iniziò a piovere.

Karen e Connor vedevano tranquillamente un film in soggiorno assieme a Sam.
In realtà Sam stava pensando a tutt'altro.
Ad un tratto si alzò e andò nella sua stanza, sedendosi sul letto.
Prese dal cassetto del comodino una foto.
Era una foto ormai vecchia, di più di dieci anni fa.
Rappresentava una famiglia felice, di cinque componenti.
Due bambini sui tre anni, un maschietto e una femminuccia, vestiti uguali. Solo le tinte dei loro vestiti li distinguevano: una salopette grigia ad entrambi, con una maglietta rosa alla femminuccia ed una azzurra al maschietto. Entrambi avevano i capelli neri e gli occhi di un azzurro scintillante. In mezzo a loro c'era un altro bambino di circa cinque anni che li abbracciava. Aveva una bella finestrella al posto dei dentini davanti. I suoi capelli erano sul biondo, ma gli occhi erano come quelli dei gemelli. A lato destro c'era una donna con i capelli biondi e gli occhi castani che sorrideva. Al lato sinistro c'era invece un uomo con i capelli castani e gli occhi color ghiaccio. Dava l'impressione di un padre severo e rigido ma, sotto sotto, era un vero romanticone che amava la sua famiglia.

Due di questi componenti non facevano più parte di quella famiglia felice.
Non per colpa loro, ovviamente.
Quella famiglia si può dire che non è più felice come allora da ormai quattro anni.
Di quella famiglia, solamente due elementi erano rimasti ancora uniti: il bambino con la finestrella davanti e la bimba col ciucciotto rosa.

A distrarre Sam dai suoi pensieri fu Connor che bussò alla porta e, non sentendo risposta, entrò.
"Ehi Sam. È successo qualcosa?" chiese col tono di voce abbassato, sedendosi accanto alla sua sorellina sul letto.
"Guarda." Sussurrò Sam con la voce spezzata mentre gli mostrava la foto.
Connor la prese e un sorriso con forse un pizzico di malinconia gli si formò sul viso.
"Dove l'hai trovata?" mormorò.
"L'ho trovata quando stavo preparando gli scatoloni del trasloco per Sheila. Bella vero? Non.. non l'avevo mai vista." Tirò su col naso.
"Sì, è davvero bella." Sussurrò Connor, abbracciando sua sorella. "Sam, non devi piangere, ne abbiamo già parlato. Mancano anche a me e, per quanto possa sembrarti incredibile, anche a Sheila." Sussurrò con voce rassicurante mentre accarezzava i capelli corvini della ragazza.

"Si, lo so." Mormorò tirando su col naso.
Rimasero abbracciati così per qualche minuto, poi Sam si staccò leggermente. "Oggi a scuola ho conosciuto un ragazzo. Si chiama Jimmy ed è molto simpatico." Disse asciugandosi alcune lacrime che le erano scese.
Connor sorrise. "Ah si?" Sam annuì.
"Sì ed abita di fronte a noi, mi ha anche accompagnata a casa prima. Però è abbastanza silenzioso, mi sono dovuta sedere al suo posto per sapere come si chiamava." Disse.
Connor li aveva già visti prima ma, ovviamente, non le aveva detto niente. Però era felice che Sam si fosse aperta, ancora una volta, con lui. C'è davvero una forte fiducia fra di loro.
"Beh, magari qualche volta puoi farlo venire qui, che ne dici?"
"Oh, certo. Se accetterà." Sorrise Sam. "Ti voglio bene ConCon!" urlò ridendo e buttandosi al suo collo. Sapeva che Connor odiava essere chiamato in questo modo ma, in realtà, Connor amava quando la sua sorellina lo chiamava così.

-

Connor e Karen se n'erano andati in stanza a dormire mentre Sam era sdraiata sotto le coperte con un grande dilemma davanti a sé: scrivergli o non scrivergli?
Sam sbuffò e posò il cellulare sul comodino, arrotolandosi nelle coperte.
Passarono dieci minuti buoni ma niente, non riusciva a dormire.

"Fanculo." Sussurrò e gli scrisse.

"Ehi, comunque volevo solo dirti grazie per oggi, per avermi accompagnata a quella riunione e per avermi fatto conoscere Tom. Spero che tu mi reputi tua amica, da adesso in poi. Anche se non parli molto non preoccuparti, io riesco a capirti ugualmente. Detto questo, buonanotte."

La risposta arrivò quasi subito.

"Ehi Sam, sono io che devo ringraziare te per avere così tanta pazienza. Grazie mille e buonanotte anche a te.. xo."

Sam sorrise ancora una volta per quella giornata.
Posò il cellulare sul comodino e, finalmente, si addormentò.

"Another day of rain has come and gone."

Jimmy loves you.Where stories live. Discover now