Destinazione Verona;

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Amaya;

La sveglia segnava le cinque del mattino, non ero riuscita nemmeno a dormire per qualche minuto quella notte.
Mi giro di nuovo nel letto, cambiando posizione, osservai il soffitto per sospirare rumorosamente ormai era chiaro: non avrei dormito, non con il fatto che tra poche ore mi aspettava un volo per l'Italia. So benissimo che è il mio dovere andare a Verona per presentare il mio libro e per non far brutte figure, sapevo già che prima o poi dovevo fare il mio dovere come ogni scrittore.
In realtà era solo l'Italia che rifiutavo di andare, inventando delle scusi banali che forse ora non ci credeva più nessuno, anche se questo poteva essere un comportamento infantile, ne ero consapevole. Ma il solo pensiero di incontrare le mie vecchie conoscenze, che mi avrebbero riempito di domande sul perché ero andata via, mi faceva passare la voglia di ritornare nella mia Verona. Dopo tutti questi anni non avevo affatto voglia di rievocare brutti ricordi, andare via da Verona mi aveva fatto bene; sono diventata una persona matura, so affrontare cose che all'epoca mi sarei subito arresa.
L'America, il mio lavoro, mi ha cambiato in meglio sono diventata una donna forte.
Sapevo che le mie vecchie compagne di classe non si bevevano quella storia di un viaggio di studi all'estero, il quale mi ero inventata, perché dopo tutti questi anni non sono più ritornata anche se quella città mi mancava sempre di più giorno dopo giorno.
A Verona mi sono sempre sentita a casa ogni volta che andavo a trovare mio zio, nei pochi e rari weekend o quei mesi di estate che non volevo che finivano mai. Era strano che mi sentivo a casa in un posto che non era la mia città natale, qui a San Diego era lo stesso sebbene amo questa città: non era come quando vivevo a Verona.
Mia madre era di Verona anche se per lavoro si era trasferita in Francia incontrando poi mio padre, dopo la loro morte ci eravamo trasferiti definitivamente a Verona, mio zio era l'unico parente che aveva accettato senza pensarci di prendersi cura di noi. Non ci aveva mai lasciato soli, come perfino i miei nonni paterni avevano fatti, anche se ormai avevo solo un vago ricordo di loro.
Ma non mi era mai importato, ne in questi anni li avevo mai cercato la mia unica famiglia che avevo era mio zio e i miei fratelli. Non avevamo bisogno di nessun'altro.
Distolgo lo sguardo dal soffitto facendo una smorfia osservando nuovamente la sveglia, appoggiata sul comodino color grigio perla come il resto dei mobili della mia camera da letto, a breve sarebbe stata l'alba eppure sembrava che mi ero appena sdraiata nel letto. Avevo mille cose da fare prima di partire, sarei dovuta andare di corsa nel mio studio per un importante riunione e poi dovevo informare il mio socio che alcuni nostri piani erano cambiati e che se ne doveva occupare lui. Specialmente dell'evento di Los Angeles.
Era una di quelle occasioni che capitano solo una volta nella vita, quelle occasioni che ti danno una marcia in più in ogni progetto. E noi c'è l'avevamo fatta, vincere quel concorso era stato difficile eppure l'evento era nostro a livello di fotografie e di locandine, ci aveva dato tutta la sua fiducia e noi non potevamo tradirla. Bastava solo un piccolo sbaglio per perdere quello che avevamo costruito, c'erano persone di un certo livello sociale e anche personaggi famosi di cui sarebbe stato trasmesso in streaming.
Tutti eravamo emozionati per questo evento, ma sapevo dal primo libro che avevo pubblicato che da quel giorno avrei avuto altri impegni oltre lo studio, sapevo che non avrei potuto dire per sempre di no.
Lo avevo usato come scusa, non era la prima volta che non andavo a questi tipo di eventi importanti per passare un pomeriggio con i miei lettori in qualche libreria in giro per l'America, ma prima che Karen se ne andava dopo la nostra piccola discussione lo aveva specificato. Non mi era mai importato di partecipare a questi eventi, ogni giorno a Los Angeles c'era uno nuovo e anche se ne perdevi uno alla fine potevi sempre recuperare.
Alla fine però, ho dovuto accettare senza trovare un'altra scusa sensata.
Mi mordo il labbro inferiore chiudendo gli occhi per qualche secondo, sentendo quella famigliare sensazione farsi largo dentro di me partendo dal mio cuore, al sol pensiero che forse lo avrei incontrato di nuovo e che avrebbe voluto delle spiegazioni mi saliva il panico. No, non ero più innamorata di lui, era passato cosi tanto tempo e in questi anni avevo avuto altre relazioni era stato sepolto in un angolo del mio cuore e non potevo dire che non era stato una parte fondamentale della mia vita perché sarebbe stata una bugia al quale non potevo mentire nemmeno a me stessa.
Scuoto la testa eliminando quel breve momento che lo avevo pensato, dovevo rimanere concentrata c'erano troppe cose da fare e poco tempo. Quell'evento che dovevo partecipare era troppo importante da poter rifiutare visto che stavo entrando ufficialmente nel settore editoriale italiano. I miei libri li avevo pubblicati in Italia da quasi due anni e con mia sorpresa avevano avuto successo, alcune storie che in America hanno ricevuto poca notorietà in Italia era stato l'effetto contrario.
Non dovevo farmi distrarre da nulla.
Mi alzo di scatto dal letto spostando la trapunta leggera di lato, anche se era ottobre inoltrato in California sembrava ancora estate uno di quei motivi per cui amo questo stato, nulla in confronto con il freddo autunnale di Verona. Ma caldo o meno, di notte ho sempre il vizio di coprirmi con un semplice lenzuolo sennò non riuscivo mai a prendere sonno, non era servito a molto però indosso le ciabatte accendendo la lampada.
Dopo aver dato un breve sguardo alla mia stanza mi avvio silenziosamente verso il bagno, attenta a non svegliare Karen che era rientrata in casa da qualche ora, accendo la luce chiudendo la porta alle mie spalle togliendomi il pigiama mettendolo nella cesta dei panni sporchi. Mi avvicino alla doccia aprendo il getto dell'acqua calda entrando dentro, mi rilassai chiudendo gli occhi.
Io e Karen ci siamo conosciute quando ero approdata in America ad un corso che avevo frequentato, piccola e ingenua in una città straniera. Inutile dire che lei mi aveva aiutato sempre e mi aveva insegnato moltissime cose, infatti fin dal primo giorno eravamo diventate amiche lei era da parte di padre italiana. Ci siamo sempre aiutate a vicenda, fino a quando abbiamo deciso di condividere lo stesso appartamento per dividere le spese.
Non c'era un giorno in cui non discutevamo per cose inutili, ma alla fine dopo nemmeno cinque minuti facevamo pace e tutto tornava come prima, come se non era esistita nessuna discussione. Anche se il più delle volte era colpa mia, sono troppo testarda e anche orgogliosa come quella di ieri sera prima che usciva per andare a una cena di lavoro.
Quando entrambe abbiamo trovato qualcosa di stabile a San Diego, dopo un minuscolo appartamento al centro della città, ci eravamo messe alla ricerca di un appartamento più grande e comodo e alla fine avevamo trovato questa casa sulla spiaggia. Come piaceva a noi, o meglio di più a me, era un quartiere tranquillo senza la confusione e il rumore della città o dei locali notturni sulla spiaggia, il luogo perfetto dove riposarsi dopo una giornata di lavoro.
Le case a San Diego, specialmente quelle sulla spiaggia, costavano tantissimo e anche se eravamo in due non potevamo nemmeno permetterci un appartamento in quella zona, ma la vecchia proprietaria ci aveva fatto una bella offerta. Dopo la morte del marito non riusciva più a viverci, senza contare il fatto che c'erano un bel po' di lavori da fare e grazie al nostro lavoro avevamo messo qualche soldo da parte, il giusto per poter comprare questa piccola casa che era perfetta per noi.
C'è un balcone immenso dove si poteva godere la vista sul mare e dei tramonti meravigliosi, due camere da letto grandi e perfino due bagni, con un salotto e una cucina confortevole e con qualche lavoretto era diventata perfetta. C'era ancora molto lavoro da fare ma per il momento andava più che bene.
Esco dalla doccia ricordandomi di dover ancora preparare la valigia, mi avvolgo nell'accappatoio passando l'asciugamano tra i capelli lunghi castani ritornando verso la mia stanza dirigendomi verso la cabina armadio prendendo un paio di pantaloni neri comodi e una maglia grigia semplice con qualche ricamo in pizzo. Mi vesto velocemente afferrando un paio di stivaletti neri, anche se avevo una riunione quella mattina non avrei indossato i tacchi, non avevo tempo per cambiarmi di nuovo. Avevo circa due ore prima di andare a lavoro per la riunione, per avvisare il mio socio e dare alcune dritte a due dipendenti che lavorano per me. Non contando il fatto che dovevo fare la valigia.
Reprimo la voglia di andare a fare una passeggiata al mare, prendendo la valigia nell'armadio mettendola sul letto aprendola, cominciando a mettere quello che mi sarebbe servito a Verona di certo avrei comprato li qualche vestito e un paio di scarpe per gli eventi che Karen aveva organizzato per quel viaggio.
Non appena finisco la valigia la chiudo soddisfatta sorridendo facendo un passo indietro, portai una mano tra i capelli mossi, almeno qualcosa della lista l'avevo completata il resto non sarebbe stata una passeggiata ma c'è l'avrei fatta. Il biglietto ci aveva già pensato Karen il giorno prima, lo aveva annunciato prima di andare via in modo che non potevo cambiare idea, in effetti dovevo ammettere che quella sua nuova tattica aveva funzionato.
Mi avvio verso lo specchio osservandomi per qualche secondo, sistemandomi semplicemente i capelli senza usare la piastra come facevo ogni mattina, lasciandoli liberi e mossi. Optai per un trucco leggero in modo da nascondere le occhiaie di una notte passata in bianco.
Oltre a pensare il fatto che sarei ritornata a Verona, avevo passato l'intera notte a progettare tutto per il mio imminente viaggio e di come lasciare lo studio, dando ad ognuno dei miei dipendenti un po' di lavoro e appuntamenti che avevo preso da settimane in modo da non spostare nulla. Lo avevo sempre fatto. Anche quando ero arrivata per la prima volta a Los Angeles mi ero messa subito in cerca di un lavoro per non pesare troppo sulle spalle di mio zio e su l'eredità che i miei genitori mi avevano lasciato.
Ho iniziato a creare il mio sogno fino a farlo diventare realtà, ci ero riuscita, nel mondo dove ormai ci facevo parte dovevo essere forte ogni volta nascondendo le mie debolezze e quando cadevo mi alzavo subito come se niente fosse.
I miei momenti chiusi nella mia stanza a mangiare gelato e schifezze varie, momenti passati a piangere tutta la notte per poi crollare per la stanchezza erano ormai un capitolo chiuso della mia vecchia vita.
Afferro la mia borsa mettendo il mio cellulare e poi prendo la giacca sistemata sulla poltrona insieme alla valigetta del mio portatile, mi avvio portando con me anche la valigia in salotto appoggiando tutto vicino al divano. La mia macchina fotografica era già messa dentro, quella mattina non mi serviva, lo avrei fatto anche con il portatile prima di partire in modo che non perdevo tempo durante il controllo all'aeroporto.
Non appena entro in cucina mi blocco trovando già Karen sveglia intensa a versare il caffè nella propria tazza, quando si accorse di me mi guardò sorpresa senza dirmi nulla accennando semplicemente un sorriso. Avevo cercato di non far nessun tipo di rumore mentre preparavo il tutto ma non l'avevo sentita quando si era alzata, forse, i miei pensieri erano più forti di ogni rumore che mi circondava.
Di solito, quella che si alzava tardi ero io. Ogni volta Karen mi svegliava sapendo le mie riunioni importanti o i viaggi che facevano insieme per i miei libri, ma forse era stato il pensiero di tornare a Verona e con tutti gli impegni che ho a non farmi chiudere occhio per tutta la notte.
« Buongiorno. » dissi mentre prendevo dal mobile della cucina la mia tazza versando il caffè con del latte, bevendone subito un sorso mettendomi seduta sullo sgabello della penisola. Guardandola mentre scriveva qualcosa velocemente sul suo telefono, e allo stesso tempo, beveva il proprio caffè spesso mi chiedevo come faceva appena mattina a fare tutto.
« Buongiorno, già vestita e tutto? » chiese inclinando leggermente la testa osservandomi appoggiando il telefono sul bancone. « Per svegliarti presto la mattina.. Devo per caso dirti che andiamo a Verona? » sul suo volto apparve un sorriso divertito, mentre si affrettava subito a bere il suo caffè.
La guardo socchiudendo leggermente gli occhi con una smorfia sul volto, scuotendo piano la testa, bevendo e controllando le varie mail di alcune proposte lavorative di eventi importanti. « Non ho chiuso occhio. E poi no, non c'è ne bisogno speravo che potevamo evitare tutto ciò. » mormorai con una leggera smorfia sul volto, non avevo nemmeno avvisato i miei fratelli che sarei arrivata, dopo che avrò sistemato alcune cose a lavoro avviso con un messaggio Alec sperando che non dica nulla ne a mio zio e a Joel. Una cosa impossibile, ma valeva la pena tentare questa sorpresa.
Ero di nuovo immersa nei pensieri che non mi ero accorta che Karen mi osservava, appoggio la tazza semivuota sul tavolo. Non c'era bisogno che mi diceva qualcosa, lei insieme a Luna la mia migliore amica che era tornata da qualche mese in Italia, erano uguali. Bastava un semplice sguardo e capivo subito senza che aprivano bocca. « Non è affatto perché a Verona c'è D... » mi mordo il labbro inferiore sospirando, giocando con una ciocca di capelli ribelle. « Non è per lui. Ci tenevo a partecipare di persona a questo evento, abbiamo fatto tanto con il concorso e tutto, non è stato facile e mi fa rabbia che non posso esserci. Tutto qui. » aggiungo velocemente prima che Karen mi interrompe, bevo l'ultimo sorso di caffè latte alzandomi velocemente avviandomi verso il lavandino sciacquando la mia tazza.
« Lo so. E mi dispiace che l'evento a Verona coincide con quello di Los Angeles. » mormora venendo al mio fianco, portando le braccia conserte sotto al seno, mi giro anche io osservandola in silenzio. « Ho fatto di tutto per rimandare di qualche settimana, ma questo evento è importante per la tua carriera da scrittrice. ».
Annuisco lentamente alle sue parole, non ne sapevo molto di quell'evento ma ero più che sicura che se Karen aveva insistito cosi tanto, prendendo perfino i biglietti per Verona, era davvero importante e lo faceva per me. Di questo, non avevo dubbi. « Lo so, ora vado in studio devo avvisare Aaron e gli altri. Mi vieni a prendere tu? » domandai mentre indosso velocemente la giacca prendendo la borsa, sistemandomi i capelli.
« Si e non preoccuparti della valigia, torno a casa prima e carichiamo tutto ci aiuta Scott. » disse e la ringraziai avvicinandomi verso di lei abbracciandola, quando mi separo dall'abbraccio notai subito il suo sorriso. Quel tipo di sorriso che usava quando aveva in mente di fare qualcosa. « E chissà se a Verona non trovo anche io l'amore. » aggiunse seria, alzai gli occhi al cielo scoppiando subito dopo a ridere uscendo di casa.

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