Prologo
Harry non aveva mai mostrato interesse verso gli altri. Lui si divertiva e basta, perché sapeva che prima o poi sarebbe morto. Forse nel bel mezzo di una lezione a scuola o forse in un letto di ospedale. ma la sua morte sarebbe stata improvvisa. Solo per quella stupida malattia che gli stava strappando la vita a morsi. Giorno per giorno, silenziosa. Ma di questa malattia sapevano solo lui e i suoi parenti. Non voleva che i suoi amici lo sapessero, aveva paura che lo mettessero da parte. Non poteva fare niente. Solo ridere. Non poteva ubriacarsi, fumare, non poteva fare sport. E lo sport era la sua fottuta vita. Lo era fino a quando a 10 anni gli diagnosticarono quella malattia. La mattina si alzava, e pensava solo a quel giorno. Il suo motto era una frase della canzone "Imagine" di Johnn Lennon. Diceva "Imagine all the peopleLiving for today..." . E forse per lui valeva. Così andava avanti. Louis, invece, era un ragazzo che aveva dedicato la sua vita alla musica. Forse era quello che gli rimaneva della sua vita, visto che era cieco. Suonava il pianoforte. Era cieco sin dalla nascita. Ricordava bene il giorno in cui aveva scoperto l'esistenza di quello strumento. Era a casa di suo zio. L'aveva fatto sedere su uno sgabello e gli aveva posato la mano sui tasti. A Louis venne d'istinto fare pressione. Uscì un suono che a lui piaceva. Si era sentito libero, come tutti gli altri bambini. Andava tutti i giorni da suo zio, fino a quando per i suoi 15 anni gli regalarono lo strumento. Non sapeva che colore fossero tasti, ne che forma e aspetto avesse il pianoforte in se. Ma alla fine gli andava bene così. Se suonava si sentiva libero. Ed era questo che gli interessava. Certo, qualche amico non gli sarebbe dispiaciuto. Ogni tanto invidiava Harry Styles, il ragazzo più popolare della scuola, perchè aveva un milione di amici. Ma, alla fine, era meglio essere nella sua situazione. Si ricordava che un giorno gli avevano nascosto il bastone ed aveva cercato di trovarlo, ma non ci era riuscito. Così,camminò per la scuola da solo. Ma, arrivato ad un certo punto, sentì la voce di un ragazzo che piangeva. Diceva cose confuse. Ma era sicuro di aver sentito "Ma Sandy! Lo sport è la mia vita! Questa fottuta malattia! E' silenziosa sai? Potrei morire qui, davanti ai tuoi occhi!". Sandy era la psicologa della scuola. E quel ragazzo, la voce di quel ragazzo la conosceva bene, anche se soffocata dalle lacrime. Era la voce che lo prendeva in giro tutti i giorni, ogni ora e ogni minuto. La stessa voce che amava e odiava allo stesso tempo. La voce calda, rassicurante ma beffarda di Harry. Louis non sapeva che colore fossero i suoi occhi o i suoi capelli. Ma, da quello che sua madre gli aveva sempre detto, aveva gli occhi color del mare, del cielo estivo. I capelli lisci come la seta e un sorriso sbarazzino. Faceva male non poter vedere nulla, ne ciò che indossava ne ciò toccava. Odiava il fatto di non poter reagire agli scherzi. Molte volte si era ritrovato con la faccia per terra. Ma la cosa che di più odiava era non poter vedere il viso delle sue sorelle e di sua madre. Le amava più della musica stessa. Ma in un modo o nell'altro riusciva a dimenticare tutto grazie alla musica. Premere quei tasti, sentire quelle note che cambiavano col suo umore. E forse questa era la cosa più strana, perchè lui non leggeva quelle note. Non poteva. Non sapeva cosa stesse toccando. Ma premere quei tasti, lisci e freddi, separati da una fessura, lo faceva sentire bene. Nessuno però sapeva il perchè. O meglio, nessuno lo poteva capire tranne Louis stesso. E forse era questa la cosa che li accomunava. La loro diversità. Una evidente, ma l'altra no.
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Us || Larry Stylinson
FanfictionE forse era questo che li accomunava. La loro diversitá. Una evidente, ma l'altra no. Copyright 2014, tutti i diritti riservati.