Chapter 3 - Rifocillamento

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Carl tornò cinque minuti dopo, portando con sè un piatto di fagioli e un bicchiere d'acqua, facendomi scattare seduta all'istante.
"Ho trovato degli avanzi dalla cena della sera prima, spero vadano bene." Si sedette di fronte a me, passandomi il piatto.
Divorai il tutto in pochi attimi, sentendo il mio stomaco ringraziare per la prelibatezza appena ingerita; non mi erano mai piaciuti molto i fagioli, ma in quel momento mi sembravano la cosa più buona al mondo. Mi passò subito dopo il bicchiere d'acqua, che io mandai giù in un sol colpo.
"Da quanto era che non magiavi?" Chiese ridendo Carl, prendendo il piatto ed il bicchiere vuoto.
"In modo così sostanzioso? Non saprei, forse da un anno o di più." Risposi, ridendo anch'io.
"Ora vieni con me, ti porto in bagno, così puoi farti anche una doccia." Ci alzammo entrambi dal letto, uscendo poi dalla stanza; il bagno era la porta vicino alle scale, di un bianco sporco.
"Qui ci sono un paio di asciugamani." Indicò sopra ad un mobile. "Per fortuna, quando accade la fine del mondo, la gente non pensa a prendere gli asciugamani. Invece quelli sopra sono dei miei vestiti, mio padre mi ha impedito di prendere quelli di Michonne." Scosse la testa sconsolato, sussurrando qualcosa che non riuscii a capire. "Ti staranno un po' grandi, ma dovrebbero andare, almeno fin quando non convincerò mio padre a darmi vestiti più della tua taglia." Mi spinse dentro la stanza, per poi fare un passo indietro e dirmi, prima di chiudere la porta: "L'acqua non è caldissima, ma non usarne troppa. Quando avrai finito potrai tornare in camera a riposarti se vuoi, per qualsiasi cosa, chiamami pure." Non ebbi neanche il tempo di dire grazie che lui era già uscito.
Mi spogliai e sciolsi la coda, per poi andare sotto il soffione della doccia, accendendola; l'acqua tiepida scivolò lungo il mio corpo, facendomi provare una sensazione di sollievo unica ed irripetibile. L'ultima vera e propria doccia l'avevo fatta quando tutto doveva ancora cominciare, ormai non sapevo neanche più come fosse la sensazione. In quel momento, la mia mente non potè fare a meno di rivivere tutti i pensieri e le domande che mi ero posta: sarei rimasta? Probabilmente era quello il gruppo che stavo cercando, il laghetto in cui lavarmi per provare un po' di sollievo dallo sporco e dal sudore, sperando che prima o poi Rick mi avrebbe accettata. Tenevo gli occhi chiusi, quindi se pensavo ad una persona automaticamente mi compariva la sua immagine; vidi Rick mentre mi puntava la pistola e mi minacciava di non avanzare, o mi avrebbe sparato. L'immagine passò a Carl, collegandolo perché Rick era suo padre. Era stato l'unico a presentarsi gentile e disponibile, non mi aveva puntato una pistola, nè mi aveva minacciato; si era rivelato dolce nei momenti opportuni, serio nei casi giusti e pronto alla risata quando ce n'era stato bisogno. Sentii un comune dolore al fianco, ma non ci diedi molto peso, del resto mi ero abituata a sentirlo.
Mi insaponai capelli e corpo per due volte, cercando di lavare via tutto: sudore, sporco, polvere, corteccia, ricordi e dolore. Per gli ultimi due purtroppo non potevo fare molto. Chiusi l'acqua ed uscii dalla doccia, asciugandomi in modo grossolano i capelli ed il corpo, per poi sentire la stoffa degli abiti puliti sfregarsi contro la mia pelle leggermente umida. I vestiti di Carl mi stavano decisamente grandi: la maglia mi arrivava fino a metà coscia e la lunghezza delle maniche era poco dopo la punta del mio dito medio, quello più lungo; l'orlo dei pantaloni dovetti farlo su un paio di volte, per evitare che mi finisse sotto i piedi e lo calpestassi, dovetti anche stringere molto la cintura che avevo con me, per fare in modo che non mi cadessero. Misi le mie vecchie scarpe, uscii dal bagno ed incrociai le braccia al petto, tenendo i capelli bagnati dietro le spalle.
"Carl?" Chiamai, indirizzando il suono verso il piano inferiore, dato che mi sembrava di sentire la sua voce provenire da là.
"Arrivo!" Mi rispose lui, salendo infatti le scale, per poi fermarsi di fronte a me; aveva cambiato la camicia, adesso era a quadri azzurra, verde e bianca.
"Allora, va meglio?" Mi chiese, cercando il mio sguardo e sorridendo.
"Sì, è stato come liberatorio." Gli risposi, sorridendogli di rimando.
"Bene. Adesso, come ti ho detto prima, puoi dormire e riposarti." Mi ricordò, voltandosi per tornare al piano di sotto, ma io lo bloccai per un braccio: "Aspetta!" Gli dissi, facendolo fermare e voltare verso di me; solo quando indirizzò il suo sguardo sul punto in cui io lo tenevo saldamente, ritrassi la mano, come scottata. "Non è che c'è un'infermeria, qui?" Chiesi ansiosa.
"Certo, perché?" Domandò in risposta, sembrando leggermente preoccupato.
"Te lo spiego appena ci arriviamo." Tentai di evadere, stringendo il bordo della maglia.
"Vieni." Mi fece segno di seguirlo, ed io lo feci.
Uscimmo di casa, dirigendoci in fondo alla strada, mentre lui mi dava qualche informazione: in fondo ad una via c'era l'armeria, mentre in quella opposta il magazzino, pieno delle loro provviste. Entrammo nel piccolo edificio, sentendo un vago odore di disinfettante innondarmi le radici.
"Allora, perché ti serviva l'infermeria?" Mi chiese Carl, mentre io mi guardavo intorno.
"Mi servirebbe del disinfettante e delle bende con garze, per favore." Domandai gentilmente, avvicinandomi ad un lettino.
Si destreggiò tra i vari scaffali pieni di medicinali con nomi incomprensibili, per poi giungermi con il necessario ed inviarmi uno sguardo interrogativo. Alzai la maglia sbuffando, rivelando un taglio che andava dalla prima-seconda costola all'anca.
"Cavoli, è un brutto taglio." Commentò, avvicinandosi alla ferita.
"Hey, che fai?" Gli domandai spaventata, indietreggiando di un passo.
"Pulisco e bendo la ferita." Rispose con nonchalance.
"Posso fare da sola." Allungai una mano per prendere il cotone con sopra il disinfettante, ma lui allontanò la mano.
"Lasciati aiutare, non ti farò del male." Anche se controvoglia, lo lasciai avvicinare e medicarmi la ferita, tenendo su la maglia e trattenendo smorfie di dolore.
"Come te lo sei fatta?" Domandò, quando ebbe preso la garza.
"Cadendo da un albero." Risposi, notando che gli era scappata una piccola risata a quelle parole.
"E che ci facevi su un albero?" Domandò ancora, sorridendo divertito.
"In qualche modo mi dovevo arrangiare per dormire da sola." Mi difesi, mentre entrambi scoppiavamo a ridere insieme.

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