Chapter 42 - Trappola

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Corsi verso la porta per provare ad aprirla, ma per quanto io provassi a sforzarla, rimaneva immobile di fronte a me, completamente chiusa. Dei rantoli familiari cominciarono a levarsi dal fondo del camper, aumentando la paura che stava crescendo dentro di me.
"Enid! Aprimi, ti prego!" La supplicai battendo sulla porta, sentendola ridere dall'altra parte.
"Divertiti con il tuo nuovo amichetto, io torno da Carl." Replicò allontanandosi; seppi che se ne stava andando perché percepii le sue risate allontanarsi sempre di più, fino a scomparire tra il lieve rumore del fruscio delle foglie.
Provai un'ultima volta ad aprire la porta, ma tutto fu inutile; la maniglia mi rimase in mano, facendo solo aumentare la rabbia dentro di me. I rantoli aumentarono, costringendomi a voltare lo sguardo: dal fondo del camper stava avanzando un Vagante maschio, i capelli lunghi e unti come fili di lana gli ricadevano pesantemente sul viso, mentre i segni di morsi e il buco sull'addome -da cui uscivano intestini e stomaco- mi facevano presumere la causa della sua morte. Aveva subito una fine orribile: era stato mangiato quando era ancora vivo. Mandai giù il conato di vomito che mi stava risalendo la gola; nonostante fossi abituata a vedere cose del genere, non era mai facile. Indietreggiai, sbattendo la schiena contro il muro dietro di me. Valutai le opzioni: la porta non si poteva aprire, ma c'erano delle finestre; l'unico problema era che erano chiuse con delle assi di legno, e con l'abitacolo così piccolo mi avrebbe presa prima ancora di essere riuscita a staccarne solo una. Dovevo ucciderlo in qualche modo, oppure lui avrebbe ucciso me. Individuai qualcosa luccicare sul bancone da cucina; e se fosse stata un'arma? O qualcosa di simile?
Appena il Vagante di scaraventò su di me, anche se con fatica, riuscii a scansarlo, raggiungendo di corsa il mobile; sopra vi era un coltello arrugginito dal tempo e dall'umidità, ma per il mio scopo era perfetto. Grazie alla loro scarsa intelligenza, riuscii a raggiungerlo in tempo e ad accoltellarlo, dato che era rimasto ancora girato di spalle dopo che l'avevo schivato, disorientato dal mio gesto. Dato che uno dei due problemi era risolto, ora dovevo fare lo stesso con l'altro: dovevo uscire da lì, in qualche modo. La mia attenzione andò di nuovo alla finestra sbarrata; con il coltello sarei riuscita a fare da leva per togliere le assi, così poi avrei potuto aprirla, se non romperla nel caso peggiore. Salii sopra al piccolo tavolino, mi inginocchiai e cominciai ad usare l'utensile come un piede di porco, utilizzando tutta la forza che avevo; la polvere si era incollata al mio corpo a causa del sudore, mentre l'umidità non era di certo d'aiuto. Quando finalmente riuscii ad eliminare l'ostacolo delle assi, provai ad aprire la finestra, ma a causa dell'ossidazione era come se il gancio si fosse fuso insieme al resto della finestra.
"Cazzo." Imprecai, passandomi una mano tra i capelli.
Non mi restava che la seconda opzione: romperla. Mi levai la maglia per poterla così usare come protezione dal vetro, l'avvolsi intorno alla mano e cominciai a colpire la finestra. Ci vollero sei colpi prima di riuscire ad abbatterla, levando poi dai bordi gli altri pezzi di vetro. Per fortuna era abbastanza grande da poterci passare, quindi uscii con facilità da quell'apertura, atterrando sul terreno. Il sole stava ancora battendo, quindi non era passato troppo tempo; la polvere sulla finestra mi aveva impedito di vedere qualcosa fuori. Mi rimisi la maglia, esaminandomi la mano: c'erano un paio di tagli e botte sulla nocca, ma sarebbe passato tutto quasi subito con un po' di pomata e tempo. Mi incamminai velocemente verso la piccola cittadina, con addosso la rabbia e la voglia di farlgliela pagare cara. Entrai ad Hilltop marciando, fino a quando non raggiunsi Enid: si trovava con Carl e Maggie di fronte alla casa; riuscivo a leggere anche da quella distanza gli sguardi distrutti sui loro visi, di sicuro a causa della falsa notizia che lei li aveva detto.
"Credevi fosse così facile uccidermi?" Le chiesi tra i denti mentre mi stavo avvicinando.
Si voltò verso di me, un'espressione incredula le dipingeva il volto, oltre alla paura che io raccontassi cosa effettivamente fosse successo.
"Gwen! Che bello! Ma allora sei vi..." Avanzò verso di me per abbracciarmi, mandando avanti lo spettacolino che aveva già programmato; portai un braccio in avanti, facendole segno di rimanere ferma e lontana da me.
"Cos'è successo?" Mi domandò Maggie, mettendosi tra me e Enid, la quale mi stava supplicando di non dire niente.
In quel momento avrei dovuto decidere se mentire, proteggendo una persona che aveva cercato di uccidermi, senza la sicurezza che non avrebbe in futuro ripetuto il gesto; oppure dire tutta la verità, sperando che gli altri mi credessero davvero.
"Enid mi ha chiuso in un vecchio camper, dicendo che Carl era lì e che mi stava aspettando." Sentii Enid rilasciare il fiato bruscamente, cogliendo l'attimo in cui aveva elaborato che stavo dicendo la verità. "In realtà c'era un Vagante lì dentro, che mi ha quasi ucciso; per fortuna ho trovato un coltello sul banco da cucina, che mi ha permesso di ucciderlo. Successivamente sono scappata rompendo il vetro di una finestra." Spiegai, passando il mio sguardo da Carl a Maggie e viceversa.
Lei sembrava impassibile, come se non stesse provando niente, o più semplicemente la lotta si stava svolgendo dentro di lei, portando silenzio al di fuori; lui invece continuava a tamburellare con le dita sulle gambe, dando l'impressione di volersi muovere.
"È vero quello che ha detto, Enid?" Domandò ad un certo punto Carl a fior di labbra.
"Io... Io l'ho fatto per noi, non puoi capire." Gli mormorò lei in risposta; provò ad avvicinarsi, allungando un braccio per toccarlo, ma lui si scostò indietreggiando, quasi disgustato.
"Andiamo Enid, ci penso io a te adesso." Le disse Maggie, prendendole un braccio e cominciando a trascinarsela dietro, verso lo scantinato dove c'erano le celle.
"No Maggie, no, ti prego." Provò a ribellarsi all'inizio, anche se non con molto successo, scoppiando di colpo a piangere. "È tutta colpa tua! Tua! Mi hai portato via tutto, non mi è rimasto più niente!" Mi sputò le parole contro con una tale veemenza che mi colpirono il cuore come una pugnalata, ferendolo nonostante sapessi che se lo meritava.
Le urla l'accompagnarono fino a quando Maggie non fu raggiunta e aiutata da alcuni uomini, che aprirono le porte e trascinarono la ragazza disperata nella piccola, fredda e buia cella. Alzai lo sguardo lucido per incontrare quello di Carl, che avanzò e mi chiuse stretta in un abbraccio, accarezzandomi la schiena e i capelli; mi sfogai sulla sua spalla, pensando a tutto ciò di cui volevo liberarmi almeno per un attimo.
"Shh, non piangere, ci sono io qui ora." Tentò di consolarmi, stringendomi ancora più forte.
Il problema era che le lacrime mi stavano bagnando il viso non per ciò che mi era appena successo, ma per il destino a cui avevo appena condannato Enid.

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