Carl mi portò all'interno del grande edificio dove stavamo alloggiando, non mollandomi la mano con cui mi stava tirando; nessuno aveva posto delle domande riguardo al fatto che eravamo rimasti fuori dalle porte ulteriormente, si erano limitati tutti a guardarci e a sussurrare mezze frasi nell'aria.
"Dov'è la tua stanza?" Mi chiese lui, fermandosi di fronte alla sua.
"È davanti alla tua;" gli risposi, facendo segno con la mano libera dietro di me. "sarei venuta da te se solo non fosse arrivato il gruppo da Oceanside." Ammisi, riabassando il braccio.
"Entriamo nella tua stanza, sarà più sicuro parlare." Disse avvicinandosi alla porta della mia camera per aprirla, trascinandomi poi con sè dentro, dove finalmente mi lasciò andare la mano.
"Per quale strano motivo la mia stanza sarebbe più sicura per parlare? Che cos'hai in mente Carl? Cominci a spaventarmi." Gli domandai, notando che stava cercando il mio zaino, trovandolo sotto al letto e cominciando a riempirlo con qualche vestito.
"Che mi dici di un patto? Un compromesso che gioverà ad entrambi." Mi rispose, prendendo una maglia a maniche corte bianca ed un paio di jeans chiari, passandomeli successivamente. "Tieni, ora non dovrai più indossare i miei vestiti, decisamente troppo grandi." Aggiunse dopo, rivolgendomi un sorriso.
"Di che patto si tratta?" Gli domandai, accettando i vestiti e stringendoli al petto come un tesoro innestimabile
"Entrambi vogliamo andare in due posti diversi, luoghi in cui non dovremmo neanche avvicinarci da soli;" fece un respiro profondo, ancorando il suo sguardo deciso al mio titubante e curioso allo stesso tempo. "entrambi sappiamo anche che ci andremo, nonostante tutto. Perché non ci aiutiamo a vicenda? Tu mi darai una mano a liberare Enid ed Aaron," distolse lo sguardo per un secondo mentre pronunciava il primo nome. "ed io invece ti aiuterò ad andare a trovare tuo padre."
"Carl, non è forse troppo pericoloso?" Ribattei, scuotendo appena la testa. "Sei appena scampato alla morte per puro miracolo; vuoi davvero riandarle incontro a braccia aperte?" Non ero sicura del suo piano, o più precisamente, avevo paura che gli accadesse qualcosa, di perderlo dopo essermici affezionata.
Deglutii a fatica, sentendomi egoista e allo stesso tempo preoccupata.
"Tu vuoi andare a trovare tuo padre, vero?" Si limitò a chiedermi lui, mentre io annuivo, rispondendo: "Certo che lo voglio, più di ogni altra cosa al mondo."
"La stessa cosa vale per me per quanto riguarda liberare Aaron ed Enid; perché non essere in due invece che da soli?" Mi spiegò lui, facendomi capire quanto fosse importante per lui quelle persone; percepii un retrogusto amarognolo quando mandai giù la saliva.
"E va bene, accetto." Cedetti alla fine.
Carl mi abbracciò di slancio, lasciandomi un bacio sulla guancia ed uscendo dalla stanza, dicendomi che potevo pure cambiarmi e che saremmo partiti quella notte stessa per Oceanside, mentre tutti dormivano; non ebbi neanche il tempo di controbarre che era già uscito dalla stanza. Osservai i vestiti che mi aveva dato, appoggiandoli sul letto per potermi cambiare; mi chiedevo ancora come avesse fatto a convincermi ad accettare: sapeva dove colpirmi, il punto più debole che in quel momento era più in mostra che mai. Una volta fatto il cambio di vestiti, raccolsi i capelli che mi finivano sul viso in una piccola coda, lasciando quelli da dietro le orecchie ricadere sulla schiena, mentre qualche ciocca mi andava lo stesso in avanti sulla faccia. Mi guardai allo specchio, sfiorando con le dita il posto dove Carl mi aveva baciata; era stato un contatto breve e brusco, ma avevo provato una strana scarica elettrica attraversarmi la schiena. Scossi la testa, decidendo di uscire e tentare di schiarirmi le idee; avrei successivamente cercato delle provviste e tutto il necessario per il viaggio. Uscii fuori dall'edificio, guardandomi intorno per osservare un po' la situazione; stavo guardando dal lato opposto, quando una voce maschile e gracchiante mi urlò: "Hey, ragazzina! Vieni qui un secondo."
Mi girai verso la voce, notando che proveniva dal gruppo di Salvatori prigionieri; era un uomo alto e magro, i capelli biondi e lunghi sembravano spaghetti da quanto erano unti. Mi avvicinai incrociando le braccia al petto, curiosa di che cosa volesse dirmi quell'uomo.
"So che anche tu sei nuova qui;" cominciò, aggiungendo subito dopo, vedendo il mio sguardo confuso: "ho sentito un sacco di persone chiedere chi tu fossi, però non hanno ricevuto risposta." Aveva uno sguardo da pazzo, gli occhi chiari che quasi uscivano dalle orbite. "Inoltre, ho sentito Maggie parlare del fatto che sei la figlia di Gavin; è vero?"
"Perché dovrebbe interessarti?" Ribattei, rispondendo in quel modo in maniera implicita alla sua domanda.
"Mi chiamo Jared, facevo parte del gruppo di Gavin -tuo padre-, prendevamo le provviste al Regno;" si sporse ulteriormente, mentre notavo con la coda dell'occhio un altro dei prigionieri farsi avanti. "posso aiutarti ad andare a trovare tuo padre, ad intrufolarti nel covo dei Salvatori." Mi offrì, un sorriso inquietante stampato sul viso.
"Non ascoltarlo." Mi disse l'uomo che si era avvicinato.
Sembrava abbastanza giovane, tra i venticinque e i trent'anni, con i vestiti logori ed i capelli scompigliati; sembrava una persona apparentemente tranquilla e serena, non qualcuno capace di uccidere a sangue freddo lì su due piedi. In poche parole sembrava tutto il contrario di un Salvatore, ecco.
"Stanne fuori tu." Lo minacciò a denti stretti Jared, prima di girarsi ed allontanarsi, unendosi alle chiacchere di un piccolo gruppo riunitosi in fondo.
"Non dargli corda, non ti aiuterebbe mai; le sue intenzioni sono solo quelle di scappare da qui e tornare da Negan a leccargli di nuovo il culo, dicendogli che non l'ha mai tradito, che gli è stato sempre fedele e cazzate varie." Mi rivolse un sorriso gentile e allora stesso tempo divertito, porgendomi una mano che infilò tra i buchi della rete. "Non mi sono ancora presentato: io mi chiamo Alden, e tu sei...?"
Non ero sicura di potermi fidare di lui, eppure non mi ispirava nessuna emozione negativa, c'era un qualcosa che mi diceva di non dubitare di lui, ma dargli una possibilità.
"Mi chiamo Gwen, piacere." Risposi alla fine, stringendogli la mano. "Come mai sei così gentile?" Gli domandai subito dopo, accorgendomi che mi faceva uno strano effetto tutta quella gentilezza.
"Volevo solo metterti in guarda dalla gente come lui; io non sono mai stato un vero e proprio Salvatore, però ho dovuto fingere per sopravvivere, ho conosciuto quelli come lui." Mi spiegò, diventando cupo; ma quell'espressione durò solo il tempo di pronunciare la frase, perché subito dopo tornò il sorriso con cui si era presentato. "Ci vediamo Gwen, e fai attenzione." Mi salutò, per poi allontanarsi anche lui.ANGOLO AUTRICE
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In The Underworld - The Walking Dead ||IN REVISIONE||
FanfictionOrmai non sento più niente, nessuna emozione mi sfiora più. Nè la gioia. Nè l'amore. Nè la paura. Sono abituata a scappare, uccidere, cacciare e cercarmi il cibo da sola, sono stata costretta dalle circostanze. Ho perso la mia famiglia all'età di qu...